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Msf a Gaza con un ospedale da campo: serve il cessate il fuoco

Questo di cui parlerò qui non è un libro né un film di guerra. È una storia vera – sì, di guerra – difficilissima da raccontare. Perché difficilissimi sono questi tempi in cui rivendicare il diritto alla pace ti mette (non sempre ma spesso) sotto accusa. C’è una cosa che deve essere chiara: dire no a bombardamenti su abitazioni, ospedali, scuole, condannare lo sterminio di bambini, opporsi alla violenza della guerra, non significa “dare contro” qualcuno, o tifare per Hamas o per Putin, o provare sentimenti antisemiti (ma quando mai?). È guardare (con orrore, sgomento, anche paura) a ciò che sta accadendo. A Gaza, in Ucraina e nelle decine di conflitti in tante parti del mondo di cui nessuno ne parla.

Questo di cui vi parlerò qui non è un libro né un film di guerra. È l’intervento di Medici Senza Frontiere a Gaza. Con le testimonianze di chi ha deciso di aiutare chi sta cercando di sopravvivere in quell’inferno.

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«Qualche giorno fa, a 200 metri dall’ospedale, c’è stato un bombardamento pesante. L’area qui attorno ha ricevuto l’ordine di evacuazione emesso dalle forze israeliane. Sentiamo il rumore delle esplosioni. Ma continuiamo a curare chi ci chiede aiuto». Federica Iezzi è una chirurga pediatrica italiana in forza a Medici senza Frontiere a Gaza. Parla dall’ospedale di Al Aqsa da cui sono fuggiti tutti quelli che potevano farlo: pazienti – quasi 650 – e personale. «È rimasto chi non può muoversi» dice Iezzi. «Due le sale operatorie ancora funzionanti, una per le emergenze. Noi riceviamo soprattutto vittime di bombardamenti che necessitano di cure chirurgiche».

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Federica Iezzi, Msf

Medici senza Frontiere invoca la tregua: «Senza un cessate il fuoco, una vera risposta umanitaria resta un’illusione». Ma non si ferma. In coordinamento con il ministero della sanità, ha allestito un ospedale da campo a Deir Al Balah, a ovest di Al Aqsa, e ha iniziato a ricevere i primi pazienti, in una situazione di grave carenza di forniture mediche.

L’ospedale ha per ora 70 letti per adulti e bambini, ma ne potrà ospitare fino a 110. Con 5 posti in terapia intensiva, 2 sale operatorie e un pronto soccorso. Il responsabile medico è un italiano, Enrico Vallaperta.

«La situazione sanitaria nella Striscia di Gaza è disastrosa» dice. «I bisogni sono infiniti. Questo ospedale da campo è stato progettato per fornire cure alla popolazione di Gaza e supporto ad altri ospedali più grandi. A causa delle grandissime difficoltà a reperire materiali sanitari, avevamo rinviato l’apertura. Ma quando, la settimana scorsa, la linea del fronte si è rapidamente avvicinata all’ospedale di Al Aqsa, molti pazienti sono fuggiti temendo per la propria vita. Così abbiamo aperto qui».

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L’ospedale da campo aperto da Msf a Deir Al Balah.

A Gaza ci sono solo due grandi ospedali funzionanti per due milioni e mezzo di persone. «Senza strutture ospedaliere come quelle di Al Aqsa e Nasser a Khan Younis (più a sud), gli ospedali da campo faranno fatica a far fronte all’urgenza e alla necessità di bisogni medici». Aggiunge Vallaperta: «Lo smantellamento del sistema sanitario di Gaza da parte delle forze israeliane ha un impatto cumulativo. Ogni struttura sanitaria smantellata aumenta la pressione su quelle rimaste, diminuendo l’accesso della popolazione all’assistenza sanitaria. Senza un cessate il fuoco immediato e duraturo, l’idea di una vera risposta medico-umanitaria è un’illusione»

Oggi l’ospedale Al Aqsa è quasi irriconoscibile. «Sono rimasti più o meno 70 pazienti, quelli che proprio non potevano essere trasportati. Sembra davvero vuoto. Prima dell’ordine di evacuazione e delle esplosioni, era così affollato che a volte le persone dovevano essere curate sul pavimento».

Enrico Vallaperta Gaza Msf
Enrico Vallaperta, Msf

Msf ha aperto a Deir Al Balah ma è rimasto anche a Al Aqsa. «Siamo ancora lì certo, ma con interventi ridotti. L’ospedale non è stato toccato ma l’area è assolutamente insicura» spiega Vallaperta. «Arrivano pazienti con ustioni, ferite complesse e persone che necessitano di amputazioni. Casi che sono probabilmente la punta dell’iceberg: sappiamo che ci sono molte altre persone che hanno bisogno di cure urgenti e che non possono raggiungere l’ospedale». Aggiunge il medico: «L’ospedale da campo si trova vicino al mare, in una zona non ancora raggiunta dai combattimenti che sono a un chilometri di distanza. Questo oggi, ma non sappiamo domani. Resta che è una goccia nell’oceano: all’apparenza la possibilità di un cessate il fuoco si presenta più e più volte, ma, nel frattempo, diminuisce la capacità di sostenere la vita umana a Gaza».

medici senza frontiere gaza

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), 20 dei 36 ospedali di Gaza non sono più funzionanti e le strutture temporanee come gli ospedali da campo non hanno la capacità di fornire cure chirurgiche avanzate e servizi essenziali per il trattamento di pazienti in condizioni critiche. Negli ultimi 11 mesi i team di Msf sono stati costretti a evacuare 14 strutture mediche nella Striscia.

«Senza un cessate il fuoco, una vera risposta umanitaria resta un’illusione» ribadisce Enrico Vallaperta. Sperando nella pace, Medici Senza Frontiere va avanti: sta allestendo un secondo ospedale da campo nella stessa area.

Foto in apertura: “Scenes from Gaza After Israeli Air Strikes” by United Nations Photo is licensed under CC BY-NC-ND 2.0.

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