Mi disse qualche anno fa Jovanotti: “Murolo, ascolto molto Roberto Murolo, se lo senti bene, ti accorgi che rappa”.
Seguì lampo negli occhi e sorriso di Jovanotti, quello di assoluta empatia col mondo circostante, da rendere anch’esso, il mondo, empatico verso di lui per via di feedback naturale.
E così oggi nell’allunaggio improvviso, nel disco imprevisto, l’intellettuale di Il grande Boh! (Feltrinelli), il cantautore impegnato sulla linea di Che Guevara/Madre Teresa, l’estroverso mattatore dei nostri Beach Parties esegue Luna Rossa, insegue un aplomb muroliano, strascicando un po’ le parole, e la impacchetta con altre otto canzoni, anzi classici, anzi hit, più due pezzi scritti da lui, tutti dedicati alla faccia di Selene.
Produce Rick Rubin dalla lunga barba e questo conferisce a tutto l’impianto il sound moderno e spoglio, piuttosto acustico e scheletrico, a raggi X, che è il marchio di un musicista capace di shakerare con piglio sapienziale, da guru della console, l’indie rock e l’hip hop.
In Lorenzo sulla Luna, per esempio, c’è una Notte di luna calante di Domenico Modugno alonata da una sorta di glassa sonora o una Guarda che luna (da Buscaglione) più usata che vintage, proprio rubiniana, biascicata e sussurrata in solitudine, stile natura morta con chitarra. La stessa ruvida maniera anima Accendi una luna in un raffronto ardito e impossibile con la coppia Vinicius/Vanoni.
Ed è proprio la ricetta dell’americano che letteralmente fa cantare pure i moribondi (cfr. Johnny Cash) a evitare il precipizio del pathos, per limiti vocali, in Una notte in Italia o ne L’ultima luna di Lucio Dalla, divertente o irritante nei vocalizzi finali, fate vobis. Ci si trova forse più a proprio agio con il meno sofisticato karaoke di Luna di Gianni Togni o con la concreta Luna piena di Samuel dei Subsonica.