È il momento di portare in trionfo i fratelli Safdie, Josh e Benny, nati a metà degli anni Ottanta e sbarcati su Netflix con Uncut Jems – Diamanti Grezzi.
Gli Oscar li hanno snobbati, ma dieci anni di gestazione e stalli creativi, inframmezzati da altri film come Heaven Knows What e Good Time (con Robert Pattinson, Cannes 2017), hanno giovato al lavoro e confermato le quotazioni del duo nel ruolo di next big thing del cinema indie e mondiale.
Uncut Jems è un thriller – oppure semplicemente la storia adrenalinica e sul filo della lama – di un gioielliere ebreo (come papà Safdie) del Diamond District di Manhattan: braccato da molto poco accomodanti creditori e alleato spiritualmente con un opale nero di provenienza etiope e con un carismatico gigante del basket (Kevin Garnett dei Boston Celtics), l’uomo si gioca la vita, e di più, correndo dietro alla fortuna degli sfigati e a una scommessa da pazzi.
Appoggiati sulla fotografia del franco iraniano Darius Khondji (Fincher e Haneke tra i clienti, sua l’impronta sgranata sul 35 mm) e alleati al talento di un redivivo Adam Sandler – qui esagitato travet, più vicino ai tempi di Punch Drunk Love che a quelli in cui i Wikileaks del cinema ne parlavano come di un bidone – i Safdie infilano nel tritacarne di un ritmo forsennato milioni di parole e tutta la reverenza possibile per il cinema Usa dei lontani Settanta del secolo scorso, Altman, Pollack, Scorsese… Più un cast dove brillano sia rapper trendy che vecchi outsider come Eric Bogosian (ricordate Talk Radio, di Oliver Stone?).