Montato come un film che va veloce, a volte con scene brevi e incisive come le tavole di una graphic novel, Il giorno mangia la notte (SEM), opera prima di Silvia Bottani, ambisce a raccontare la Milano dei giorni nostri, che fa da eco costante alle gesta di personaggi con i piedi negli anni 2020.
Né thriller, né noir, né titolo di genere, ma con identico tasso di coinvolgimento, il romanzo mettere a fuoco, attorno a un “delitto per caso”, una storia di odio e di amore, individuale e sociale. Per sfondo, i quartieri popolari e la metropoli multietnica di Giambellino e Corvetto, le grandi dimore borghesi e, appena più in là, il bosco di Rogoredo, dove bivacca il popolo dell’ero e dove i neo-fascisti vogliono compiere un’azione dimostrativa.
Al capitolo 19, l’incontro clou tra i due protagonisti che più diversi non potrebbero. In palestra, si affrontano sul tatami Naima, vent’anni, marocchina ovvero italiana di seconda generazione, e Stefano, il praticante avvocato che sul petto ha tatuato il simbolo lugubre della XMas. Scura lei di pelle, nero lui per ideologia.
Fanno a botte in modo marziale, e questo è il crocevia, l’amplesso simbolico, che poi si fa reale, attraverso cui passa, come in un cortocircuito, l’idea di un presente e di un futuro in precario equilibrio. Il nostro. Il romanzo si legge tutto d’un fiato.
IL LIBRO Silvia Bottani, Il giorno mangia la notte, SEM