80 anni il 25 marzo. E quasi 42 dal ritiro dalle scene, che data al 23 agosto del 1978, il famoso concerto a Bussoladomani. Grandi cifre. Molte domande.
Chissà chi è davvero Mina Mazzini, chissà in quale degli infiniti travestimenti – barbuta o “paperina”, vampira o grassa alla Botero, pelata o stile Pierrot – si è piaciuta di più. O si è piaciuta almeno un po’. E ancora. Chissà poi se esiste in Italia un cantante o un cantautore, un tenore o un rapper, con cui Mina non ha fatto o non farà un featuring, come si dice oggi. Sapendo che tanto era inarrivabile il duetto con l’altro grande scomparso dalla scena, Lucio Battisti, chi altri? Ma tant’è.
Prima di chiudersi a chiave in studio con Ivano Fossati – la più recente impresa, il disco a due nomi, datato settembre 2019 -, la Tigre di Lugano, ops, di Cremona, ha duettato pure con… Pesco un suo disco a caso, esce Facile, uno scarabocchio in copertina, anno 2009. Mi annoto, mentre riascolto l’inconfondibile voice, che dentro c’è una canzone quasi indie intonata con un lugubre Manuel Agnelli e una sontuosa pacchianata firmata da Malgioglio senescente, Questa vita loca, gonfia di luoghi comuni e di conclamata disperazione. Be’, ci credete?, ma è un album bellissimo (grande Mina!), sono giorni che non lo tolgo dallo stereo.
L’inquieta ed enigmatica Tigre, alla prova di Google, non ha praticamente sul nostro suolo detrattori (all’estero invece la conoscono poco, e si sa perché) e tra l’altro gode del culto sincero di tutti i gay d’Italia – in pratica, è la Barbra Streisand tricolore – trasmettendo forse un’idea platonica di femminilità sempre un po’ kitsch sempre un po’ camp.
Forse però, c’è un uno spiffero nella fortezza, nel buen retiro svizzero, lo spiraglio che consente di sapere chi è davvero la più grande cantante italiana vivente: dovete averne seguito l’intermittente attività giornalistica. La Mina desaparecida dai mille volti, dalle diecimila collaborazioni, dai centomila misteri, ha scritto per anni poste del cuore e poste normali, ha firmato articoli ed elzeviri per la carta stampata. Qui ha dato un’immagine unitaria di sé. Quella di una signora intelligente e pratica, arguta e sensibile, senza tanti grilli da star per la testa, pronta a difendere ogni conquista civile come ad accarezzare un gattino randagio. I colleghi di Vanity Fair ne conoscono la precisione quando redigeva la sua rubrica (oggi purtroppo chiusa). Viene quasi da chiedersi: che Mina – artista imprendibile – abbia fatto tutto questo casino per nascondere la sua essenziale normalità?
A margine Se non conoscete la cantante bianca più grande del mondo (Louis Armstrong dixit), potete dare un occhio a Mina per neofiti – La vita, la voce, l’arte di una fuoriclasse dell’esperto Aldo Dalla Vecchia.
Nella foto, Mina accompagnata dall’orchestra di Pino Presti nell’ultima apparizione pubblica alla Bussoladomani nel 1978 (credit: HempKarin).