Ero a Los Angeles per la prima volta, alla fine degli anni Novanta, e volai a San Francisco incollato a un paperback preso a caso in aeroporto, Trunk Music di Michael Connelly. Musica dura, in traduzione, ma pure musica per bagagliai, in pratica il posto dove si piazzano i cadaveri.
Lo divorai, seguendo le orme del burbero poliziotto della LAPD Hieronymus Harry Bosch, e mi approvvigionai subito di altri libri della sua saga, The Concrete Blonde e, fresco di stampa, Angels Flight. Ne erano già usciti cinque o sei.
Avrete presente quei best seller Usa in economica che, a un paio di mesi dall’uscita hard cover, infestano stazioni e aeroporti. Sono piccoli volumi un po’ tozzi, di circa 450 pagine, con la ventina finale contenente il primo capitolo del nuovo romanzo della serie. Sulla copertina hanno scritte lodi un po’ stereotipate (cruel but funny! e a real page turner!) e il claim di uno scrittore di successo, tipo Stephen King o Dan Brown. Volumetti che hanno contribuito a creare il canone del genere thriller e durano perfetti lo spazio di un volo intercontinentale.
A fine anni Novanta, Michael Connelly (Philadelphia, 1956) aveva ancora la barba nera – e Bosch i baffoni scuri – e veniva identificato, per la sua concretezza e per il realismo frutto di un’accurata documentazione, come l’ex giornalista di nera del Los Angeles Time divenuto crime writer.
Esperto di poliziotti corrotti e del male che innerva una formicolante e immorale Babilonia, al contrario di James Ellroy Connelly non è stato mai tentato dallo scrivere vertiginosi poemi sul nostro cuore nero. L’ex giornalista ha sempre volato basso raccogliendo la svelta lectio di Raymond Chandler e della vecchia e solida Scuola dei Duri, divenuta con il tempo il college del thriller da alta classifica dei libri.
Arrivata in Italia nel 2001 per Piemme, la serie che segue l’invecchiamento del personaggio, vede oggi Bosch al 22esimo capitolo in The Night Fire (La fiamma nel buio), affiancato per la seconda volta dall’ultimo nato tra i personaggi di Connelly, la poliziotta Renée Ballard, esordiente in una catena di romanzi a parte (The Late Show, 2018). Un bell’incontro in casa Connelly era già avvenuto con un altro personaggio del crime writer, Mickey Haller (famoso anche al cinema per The Lincoln Lawyer, 2005), con cui Harry Bosch aveva scoperto un’incredibile parentela: ebbene anche lui, il fratellastro avvocato – che per i poliziotti gioca contro di loro e quindi a favore della Forza oscura – fa un buon featuring nella nuova avventura.
E tra parentesi: dopo 10 anni, a maggio è annunciata in Usa un’altra puntata delle storie di Jack McEvoy, Fair Warning, famoso per The Poet (1996), il miglior romanzo di serial killer di Connelly.
Il connubio Bosch-Ballard può essere non episodico e diventare strutturale perché Harry è ormai vecchio e la ragazza dell’Ultimo spettacolo – The Late Show, così è detto il turno di notte dei poliziotti della Omicidi a Hollywood – ha lo stesso fuoco, la stessa rabbia necessaria per risolvere i casi dell’uomo che è diventato suo mentore. Per inciso: ha pure lei tutte le caratteristiche dell’outsider, visto che ha avi polinesiani e che di giorno vive in tenda sulla spiaggia, insieme al cane Lola (Haller invece, come è noto, lavora in auto).
La fiamma nel buio comincia con un funerale, e sulla nota, di cui dicevamo, dell’eredità: nel caso specifico, l’oggetto è un cold case, un omicidio rimasto senza colpevole, che passa a Harry Bosch dall’uomo che gli insegnò a esser un buon investigatore, il defunto detective John Jack Thompson. Subito Bosch, che oggi è pensionato, zoppicante per un’operazione al ginocchio, forse e persino molto malato, ne divide la responsabilità con la figlia per mestiere, Renée Ballard, se non per sangue (quella, come sappiamo, è Maddie).
Da qui parte la potente e paziente opera di Connelly, paziente perché ragionevole, basata sui tempi di un’inchiesta non ufficiale che moltiplica gli interrogativi – perché diavolo Thompson si è tenuto tra le mani e per vent’anni il fascicolo relativo all’esecuzione di un tossico? – mentre gli impegni della routine portano ai protagonisti altre incombenze, e altri casi, affrontati nel giro dei brevi capitoli, ma che rimangono lì, nell’aria tesa, pronti a legarsi al corpo principale della sinfonia. Compresa una virtuosistica digressione processuale, tecnica e arguta, che unisce il malumore ormai costante di Bosch con la vitale spregiudicatezza di un Haller a un tempo puro e cialtrone.
Ho parlato di sinfonia, ma è un‘imprecisione, Michael Connelly non ha la varietà di un simile componimento. Possiede invece la capacità di sviluppare ed eviscerare un tema, mostrando una sempre maggiore conoscenza delle procedure investigative e legali – al proposito potrebbe scrivere trattati e forse lo sta già facendo – sicché forse è più appropriato parlare di un lungo e solitario tempo di sinfonia.
Un andante ostinato più o meno maestoso con motore Diesel e un uso oggi abbastanza parco di incendiari violini: mancano rispetto al passato remoto dello scrittore le accelerazioni e i ralenti, i singulti e le esplosioni, le raffiche di finali e sotto finali e contro finali squadernati per mostrare al mondo la propria nevrotica bravura. Anzi.
Ma è un vero danno al piacere del lettore? Piacere che invece è costante, spesso inversamente proporzionale al tasso di romanzesco del libro, e non contempla, al termine, il sospiro di sollievo. Giusto: come in Ellroy ma senza la sua pazza e jazzata poesia, Connelly ne La fiamma nel buio ha dato una nuova e magistrale lezione di come si sta a Babilonia.
Restiamo invece conquistati con riserva (non ci siamo ancora affezionati) da Ballard, coraggiosa e pure appartenente a una corrente pragmatica – che paga di persona – del MeToo, anche se abbiamo nostalgia di un Harry Bosch più giovane, esplosivo mentre ora è sempre più imploso. Ma il vecchio Hyeronimus dall’antico ed evocativo nome può ribattere che neanche noi siamo più i lettori avidi e appassionati di quel viaggio a Los Angeles di vent’anni fa.
IL LIBRO Michael Connelly, La fiamma nel buio, Piemme
Titus Welliver il Bosch della serie tv Amazon. A breve, la sesta stagione in Usa. Da noi su Premium Crime. Ballard non si è ancora vista
La musica di La fiamma nel buio
Harry Bosch ascolta a casa C Jam Blues di Charly Mingus Live At Carnegie Hall 1974 con John Handy al sax tenore. Poi cerca tra i suoi dischi il prediletto di Ron Carter, contrabbassista davisiano.
Renée Ballard ascolta in auricolare per distrarsi prima di un’azione Dig Down dei Muse (we have entered the fray), Black Pumas e Death Cab For Cutie, più Dark Side di Bishop Briggs.
Credit per la foto di M. Connelly Larry D. Moore