C’è un libro coraggioso che tratta un tema duro. Si intitola Quando il mio bambino si è ammalato (San Paolo) ed è uno strumento importante per quei genitori che si trovano a dover affrontare una delle prove più difficili: il cancro che colpisce un loro figlio.
Gli autori sono Carlo Alfredo Clerici e Francesca Nichelli.
Clerici è ricercatore presso il dipartimento di oncologia ed ematologia oncologica dell’Università di Milano ed è dirigente medico nella SSD Psicologia clinica della Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano.
Francesca Nichelli è referente del servizio psicologico della clinica pediatrica del San Gerardo di Monza e si occupa soprattutto di chi è ricoverato nel reparto di onco-ematologia pediatrica.
Insieme hanno scritto quella che vuole essere una guida pratica e, insieme, un manuale di viaggio nel percorso di cura.
«Quando nella vita irrompe una malattia grave, che riguarda un proprio figlio, una cosa è certa: nulla rimarrà come prima» spiegano.
«All’improvviso la percezione del tempo e le prospettive sulla vita cambiano drasticamente. Affrontare la malattia grave di un figlio costringe a compiere una sorta di viaggio che richiede risorse psicologiche, ancora più che materiali».
I tumori nei bambini da 0 a 14 anni sono circa l’1-2 per cento di tutte le neoplasie maligne che si manifestazione durante la vita di un uomo. Le possibilità di guarigione lasciano ampio spazio all’ottimismo.
«La cura di una grave malattia pediatrica assomiglia a un viaggio antico» dice Clerici «dove esiste un equipaggio capace e dove le incertezze e le insidie si affrontano grazie a un insieme di procedure codificate ma anche grazie a un insieme di abilità ed esperienze accumulate sul campo».
Capitani coraggiosi sono definiti i genitori che affrontano l’esperienza di un figlio malato. Che potrà reagire al suo male e alle cure in tanti modi diversi.
«Un giovane paziente» dice Francesca Nichelli «mi ha detto che ricevere la diagnosi di leucemia è stato come essere catapultato nudo nella giungla e da allora uso questa metafora per descrivere il senso di spaesamento che provano i bambini».
Partono anche da qui le tante spiegazioni e i tanti consigli rivolti ai genitori per aiutarli a capire e a gestire le reazioni del figlio malato, il suo dolore, i disturbi delle cure, le medicine e i capelli che cadono, la vita – e spesso anche la scuola – in ospedale.
E anche per ricordare loro l’importanza di dire verità. Sempre. «Perché la fiducia è un elemento indispensabile» dice Nichelli.
Parlare ai bambini della malattia non è facile, ma esistono strumenti che aiutano. Come per esempio il video disponibile su You Tube intitolato Paul and the dragon, adatto a raccontare la malattia a chi ha tra i 3 e i 7 anni.
In Quando il mio bambino si è ammalato i capitano coraggiosi troveranno consigli anche sul rapporto da tenere con gli altri figli, i fratelli e le sorelle del malato, su come far squadra se si è una coppia separata, su come affrontare le proprie paure e quelle dei piccoli.
Che non sempre coincidono con quelle dei genitori.
«A Valentina, una mia paziente di 6 anni, chiesero quale fosse la sua paura più grande» dice Nichelli. «Rispose le mummie. Perché sono quelle cose che non si capisce bene se sono vive o se sono morte. E’ come quando mamma e papà escono dalla stanza dove hanno parlato con i medici e non so se sono vivi o sono morti».
Il libro, che ha la postfazione di don Tullio Proserpio, cappellano ospedaliero dell’Istituto dei Tumori di Milano, è un incontro tra le esistenze dei medici e quelle di tanti bambini malati e delle loro famiglie.
Perché, come dicono Clerici e Nichelli, «curare comporta incrociare il proprio cammino con innumerevoli vite».