La 22° edizione del Far East Film Festival – rassegna di cinema dell’estremo oriente di solito ospitata a Udine – è un’edizione diversa da quelle a cui siamo abituati com’è diverso il tempo che stiamo vivendo, e diverse le risposte che organizzazioni, fiere, eventi culturali stanno trovando per continuare a condividere arte ed energie.
Per creare un evento digitale capace di coinvolgere il pubblico, di minimizzare la frustrazione che può derivare dall’impossibilità di partecipare fisicamente a uno spettacolo e dall’assenza di quella dose di “imprevisto” dato dall’incontro con l’altro, non è sufficiente trasferire online quello che si è sempre fatto, e questo il FEFF lo ha compreso bene.
Infatti Sabrina Baracetti e Thomas Bertacche, responsabili del festival, hanno ripensato e rimodulato l’offerta, la struttura, le formule e le strategie editoriali dell’iniziativa mantenendo invariato l’obiettivo della rassegna: indagare un territorio, l’Asia, e presentare il meglio delle sue produzioni cinematografiche popolari.
Il programma, iniziato il 26, si concluderà il 4 luglio e avrà come base operativa MYmovies.it. Non si tratterà di una semplice library tematica ma di un palinsesto quotidiano di 46 film provenienti da 8 Paesi (Cina, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud, Giappone, Filippine, Indonesia e Malesia – le prime mondiali saranno 5, le prime internazionali 10, quelle europee 11 e le italiane 17), che si alterneranno ad altri contenuti come video-saluti degli attori e dei registi, talk di approfondimento con i grandi nomi del cinema asiatico ma anche a momenti social come MasterFEFF, appuntamento quotidiano con la cucina asiatica in diretta Instagram. La rete diventerà così non solo lo spazio di fruizione ma anche il punto d’incontro del popolo fareastiano chiamato anche a incoronare i vincitori degli Audience Awards. Particolare di non secondario interesse: con un “biglietto” da 9.90 euro ci si assicura la visione di tutto quello che proietta il FEFF.
A ognuno, dunque, il suo palinsesto, dopo la partenza con il blockbuster coreano (due volte coreano) d’apertura, Ashfall. Noi ci siamo rivolti con interesse alla selezione dei film giapponesi, a partire dal focus sul lavoro del regista indipendente Hirobumi Watanabe: quattro titoli capaci di raccontare la sua estetica in bianco e nero, il suo approccio punk e il suo umorismo.
Incuriosisce un musical in stile hollywoodiano, Dance with Me di Shinobu Yaguchi, e un coming of age ambientato a Tokyo, Colorless di Takashi Koyama. Assolutamente da non mancare Labyrinth Of The Cinema, il capolavoro terminale di Obayashi Nobuhiko, maestro d’avanguardia che crea un film sperimentale, mistico, su un tema frequentemente affrontato nel cinema giapponese del dopoguerra: il Giappone negli ultimi giorni del secondo conflitto mondiale. Il film, manipolando le coordinate dello spazio e del tempo, convoglia con forza un messaggio antibellico.
Di grande interesse è il documentario I-Documentary of the Journalist diretto da Mori Tatsuya nel quale il regista “insegue” la combattiva giornalista Mochizuki Isoko del quotidiano giapponese Tokyo Shimbun. L’opera, mostrando da vicino l’attività della giornalista, svela con lucidità ed efficacia una serie di criticità della politica giapponese contemporanea. Il documentario affronta temi di grande attualità: manipolazione dei media, libertà di espressione, libertà di parola, in un titolo che sarà tra i più controversi della selezione.
Nella foto di apertura: Labyrinth Of The Cinema di Obayashi Nobuhiko