Ricordi? di Valerio Mieli è una storia d’amore, raccontata tra presente-passato-futuro, non necessariamente in quest’ordine, dato che il tempo è legato alle stagioni del cuore. Ma chi non ha visto il film – oggi sulle piattaforme on line, anche se è consigliabile scovarlo nelle arene estive o (meglio) nell’intimità di un vero cinema – non immagini romanticherie e sdolcinatezze: qui si viaggia senza tregua sul filo di una lama, su una tensione tutta interiore, così come Mieli, romano, classe 1978, già ci aveva abituato in Dieci inverni, l’esordio del 2009, il quale, però, rispetto a Ricordi?, era ancorato a una narrazione più tradizionale.
Film d’amore, film di una coppia, sorpresa e sospesa alla nascita di un amore: Lei è Linda Caridi, candidata ai David di Donatello 2020 come miglior attrice protagonista, Lui il sempre più popolare Luca Marinelli.
È a Linda Caridi che ci è piaciuto girare qualche domanda per parlare di un film semplice e insieme complicato, limpido e oscuro. Trentenne, un diploma di teatro alla Grassi di Milano, conoscevamo Caridi per il film Antonia, dov’era la poetessa Antonia Pozzi, ed era quasi naturale iniziare parlando con lei di letteratura.
Ricordi? è un film quasi proustiano, svolto per intromissioni del cuore, con continue riemersioni del vissuto dei due protagonisti. Quale scena ti ha coinvolto di più? Anche, banalmente, la più difficile da girare…
Andare via di casa. Dire addio ai luoghi, alle cose, e insieme a loro a una parte di te. Quella lunga scena mi ha commossa soprattutto nel rivederla, con l’aggiunta degli effetti speciali della luce e delle immagini che si sovrappongono in trasparenza, materializzando corrispettivi di quello che avevo cercato di immaginare mentre giravamo.
Avete lavorato in ordine cronologico oppure c’è stato un grande montaggio posteriore? Eri conscia di come si sarebbe sviluppata la storia?
Purtroppo è un lusso quasi inarrivabile quello di poter girare seguendo pedissequamente la cronologia degli eventi e forse, in Ricordi?, dove il tempo è così frammentato con andate e ritorni negli stessi luoghi, sarebbe stato ancora più complicato. Ma abbiamo avuto un altro lusso, forse ancora più fruttuoso: quello di avere una settimana di prove, alcuni mesi prima delle riprese. In quella settimana Valerio ha guidato Luca e me nel mettere in fila gli eventi, già scomposti nella sceneggiatura; abbiamo creato un passato per i nostri personaggi, stratificando le loro memorie bambine sotto a quelle più adulte e piano piano costruito l’intimità fra noi tre. Abbiamo letto, provato e anche improvvisato, con la grande disponibilità di Valerio a riscrivere, modificare, togliere o aggiungere. A volte si sostituiva a uno di noi per provare lui stesso dei frammenti “da dentro”, per esplorare la sua stessa scrittura, mettendosi nei panni di Lui o di Lei.
Che cosa caratterizza un regista come Mieli rispetto agli altri con cui hai lavorato? Ti era piaciuto, per esempio, Dieci inverni?
Conoscevo Valerio da Dieci inverni, sì, che avevo amato. Valerio ha, di inconfondibile, una gioia candida, un entusiasmo bambino, puro e infrangibile come un diamante, verso il lavoro. Questo è contagioso. E il dono più grande che mi ha fatto è stata la fiducia, completa, che mi ha dato: avremmo trovato, lavorando insieme, anche quelle sfaccettature del personaggio, che io non avevo già in partenza. È la fiducia più grande e più bella che un regista possa accordare a un attore, oltre che al suo stesso lavoro.
Nel film si assiste a una crescita dei personaggi. L’amore li cambia e muta il loro rapporto con il passato e con il futuro: al tuo personaggio tocca di apprendere la nostalgia.
La nostalgia c’è in ogni essere umano, la memoria è forse il mezzo di trasporto per raggiungere i luoghi in cui lenirla, temporaneamente. Ma non credo che sia sano tentare di annullarla, è il segno di una traccia passata di bellezza. Il necessario contrappeso all’aver vissuto qualcosa con intensità.
Che cosa vuol dire poesia nel cinema per te? Si è parlato di un film poetico.
La poesia è per me la potenza dell’evocazione, del trovare il modo di parlare l’universale linguaggio dell’anima. Mettere in dialogo la sensorialità, l’emozione e la capacità delle nostre teste di evadere nel fantastico o nella contemplazione straordinaria delle cose ordinarie. Così mi insegnano le voci di Chandra Livia Candiani e Mariangela Gualtieri che negli ultimi anni mi fanno compagnia. In Ricordi?, penso che Valerio sia riuscito a estendere il suo sguardo poetico a quello della fotografia di Daria D’Antonio, del montaggio di Desideria Rayner, della scenografia di Mauro Vanzati e all’apporto di tutti i reparti. Ogni tratto, in un film, è il risultato di queste enormi cooperazioni.
Se devi scegliere un titolo italiano da vedere, tra quelli dell’ultimo anno, che cosa consiglieresti?
Allora, Favolacce l’ho già visto due volte. Rivedrei Tutto il mio folle amore, sono rimasta incantata dal lavoro – così poetico appunto – del giovanissimo Giulio Pranno.
Qual è l’attrice o l’attore da cui hai rubato di più?
Di John Cazale raccontano che il suo lavoro era tutto trasferito sugli altri compagni di scena. Quella è la mia grande aspirazione: imparare sì a centrare i personaggi in se stessi, ma poi dedicarmi interamente alla relazione, all’ascolto.
Ti diverti di più a recitare al cinema o a teatro?
Quando sono su un set, sento la mancanza dell’artigianalità del teatro, delle ore di prova, delle ripetizioni a caccia del tempo perfetto, della verità. E quando sono a teatro, mi manca la possibilità di esprimermi per dettagli, per quei segni minuscoli che solo la macchina da presa può cogliere. Un pensiero che fa cambiare gli occhi, un labbro che trema, un sopracciglio indeciso, un dito che fa attrito su un tessuto. Sono due realtà meravigliose. E io sono infinitamente grata di poter sperimentare e imparare da entrambe.
Ti sei annoiata molto durante il lockdown? Hai letto molto?
Il lockdown è stato intimamente un momento di dolore, di incertezza e al contempo di sentimento d’unione, planetaria. La cultura mi ha fatto tanta compagnia, sì. Libri, film, serie, musica. E la meditazione anche. Nel silenzio si impara a sentire le cose più flebili, i nodi sommersi e si fa cuore con se stessi. Che è l’unica via solida per fare, poi, cuore col mondo.
Dove ti vedremo la prossima volta? Avrai ancora addosso la meravigliosa innocenza di questo tuo personaggio?
Usciranno nei prossimi mesi due film ai quali ho preso parte con due piccoli ruoli. Supereroi di Paolo Genovese e Lacci di Daniele Luchetti. Non ho ancora visto i film montati e non saprei dire che cosa ne traspare… Mi direte voi.
Credit: i ritratti di Linda sono di Erica Fava