Nella foto che chiude il libro Monica Pais è ritratta bambina abbracciata a un gattino.
È l’immagine della donna che sarà: la veterinaria impegnata a salvare i “rottami”, gli animali di nessuno.
E, insieme, è un segno forte di una storia che, come racconta ne La casa del cedro da poco uscito per Longanesi, ha segnato la sua esistenza.
«L’odore del latte acido e il pianto dei gattini che, bambina, non sono riuscita a salvare nei giorni in cui mia sorella moriva mi sono rimasti in testa. Da lì ho deciso che non avrei lasciato morire più alcun animale. Fosse un gattino o un cane come quello che, finito nel fuoco di un incendio per salvare le pecore, a causa delle zampe bruciate viene abbattuto. Studiare da veterinario per occuparmi degli ultimi, quelli privi di speranza, sarebbe stata la battaglia della mia vita».
La casa del cedro è un libro dove si ritrovano le storie di animali che le centinaia di migliaia di follower di Monica Pais tanto amano. La “dottoressa Monica”, il suo lavoro nella clinica veterinaria Duemari di Oristano, il suo impegno per la onlus Effetto Palla intitolata alla pitbull diventata quasi più famosa della stessa Pais, sono davvero un fenomeno social.
Ma La casa del cedro è anche molto altro.
È il racconto di tre anni di vita di una ragazzina che viene mandata a passare le estati dalle zie materne, in un’azienda agricola di Orosei, perché i genitori devono occuparsi di Isa, la sorella malata.
È una storia di molto amore e insieme di grande solitudine, di gioia e paura, di allegria e smarrimento. Ed è la storia di un ritorno a quella casa dove, dopo la morte della sorella, Monica non era più andata.
«È un libro che mi ha dato la possibilità di raccontare cosa mi ha portato a essere quello che sono. Una specie di viaggio dove i ricordi mi prendono per mano, in un racconto che si dipana come un sogno vero. Scrivere questa storia, la mia storia, mi ha permesso di riconciliarmi con una parte di me che avevo cercato di dimenticare. Sono fatta così: tendo a escludere le cose che mi feriscono e riparto da zero. Ma quelle cose ti segnano comunque. E da loro impari molto».
C’è un salto di scrittura ne La casa del cedro. Diversa e più forte rispetto ai due libri precedenti Animali come noi e Storia del cane che non voleva più amare.
Monica Pais racconta sì di topi e galline, gattini e cani, cavalli e asini, pipistrelli e uccellini, ma racconta soprattutto se stessa.
«Ero una bambina iperattiva, curiosissima, un po’ rompiscatole e con una vis polemica da adulta. Innamorata di tutti gli animali. Così come lo sono oggi. Io amo gli animali, e questo amore mi rende ricca. Ognuno ha quello che riesce a vedere. Puoi avere tutto ma se non lo vedi sei poverissimo.
Non è un senso di possesso, non lo è mai stato. Quando raccoglievo i rondinini caduti dal nido non li tenevo con me, li restituivo a mamma rondine perché imparassero a volare. E quando li vedevo tornare alla loro vita sentivo di aver fatto la cosa giusta. Così mi accade oggi: ultimamente ho “ospitato” nella mia casa un maialino e quando è diventato un maiale l’ho lasciato ai fattori (vegetariani aggiunge ridendo, ndr).
Ora mi sto occupando di tre pipistrellini. Sono piccolissimi sai?». E sorride con lo sguardo della bambina abbracciata al gattino. Che nella casa del cedro ha trovato la sua strada.
- La foto in apertura è di Gabriele Calvisi