Fra il 2014 e il 2019 20 mila migranti sono morti nel Mediterraneo. Nei primi sette mesi di quest’anno, sulla rotta che dalla Libia porta in Italia, ne sono annegati 300 mentre 7mila sono stati riportati in Libia dalla Guardia costiera di quel Paese per essere rinchiusi nei campi di prigionia. Mai, nella storia, si sono contate così tante vittime nella rotta migratoria tra Africa ed Europa. Per salvare quelle vite un gruppo di professionisti e amici milanesi ha costituito la onlus ResQ-People Saving People. L’obiettivo: mettere in mare entro il 2021 una nave di circa 40 metri.
«Sarà forse per i miei studi classici, ma è indubbio che proteggere chi è perseguitato e accogliere lo straniero faccia parte della cultura in cui sono cresciuta, leggendo i testi omerici e le tragedie greche. L’ospite, lo straniero è sacro come sacra l’ospitalità: prima ancora di conoscere le ragioni del suo viaggio, Ulisse viene sempre e comunque accolto, rifocillato, ristorato, ascoltato, anche e soprattutto quando ha le sembianze di un naufrago.
Oggi spesso non è così: “l’altro è l’inferno”, come scriveva Sartre, e senza appello è classificato come nemico; l’altro che, nella sua disperazione, metterebbe in pericolo noi, la nostra vita, i nostri valori. Non lo credo affatto.
Il diverso ha ricchezze che io non ho e viceversa: mio figlio, arrivato con l’adozione, poteva essere un ragazzino in fuga dal Pakistan o dalla Repubblica democratica del Congo. E’ invece arrivato da una megalopoli della Cina, dove l’individuo conta pochissimo e in molti casi non è nemmeno un numero né un nome all’anagrafe. La sua alterità ha cambiato e sta cambiando (in meglio) la nostra vita e, speriamo, quella di chi lo conosce e lo conoscerà. Dire di no ai tanti “altri” significa volere un mondo a compartimenti stagni.
Non vorrei farne una questione puramente intellettuale. Per me, per gli amici di ResQ, per molta società civile non è così. Sacra è l’accoglienza perché sacra è la vita. Prima ancora del credo religioso, del nostro sentire profondo o delle nostre idee, trovo giusto salvare la vita a persone che cercano salvezza in Europa, in nome di quei diritti e valori su cui, peraltro, si è costituita.
Associarmi a ResQ è stato quindi naturale, come quando sono diventata socia di Amnesty International o di Medici senza Frontiere. Rispettare e garantire i diritti di tutte le persone è la base di una società aperta, in cui la convivenza è possibile. La scelta si basa su principi che condivido ma anche su necessità concrete cui ResQ vuole dare risposta.
Certo siamo consapevoli che i contesti nazionale e internazionale non siano favorevoli a queste iniziative umanitarie ma non cambia la sostanza del progetto che si allinea su esperienze analoghe come Mediterranea, Sea Watch o Open Arms che tra l’altro ci stanno fornendo consigli e aiuti per gli aspetti operativi.
La sfida, l’obiettivo non sono semplici ma sta a noi renderli possibili».
- Francesca Mineo (nella foto in apertura, a sinistra), giornalista, si occupa di progetti di comunicazione e raccolta fondi per enti del terzo settore. Insieme ad Andrea Nicastro, è autrice del testo teatrale Gli Altri. Storia di burqa, amore e rabbia nel secolo del Jihad. E’ autrice di Una famiglia che nasce (San Paolo) e di I 189 giorni di Laura. Da Milano al Kosovo, una storia esemplare di volontariato internazionale (Ancora).
Una nave di circa 40 metri, con due gommoni, un equipaggio di dieci persone e nove tra medici, infermieri, soccorritori, mediatori, giornalisti e fotografi. Per riuscire a metterla in mare ResQ ha bisogno di più di 2 milioni di euro. Sarà il crowdfunding a coprire i costi: occorrono circa 700 mila euro per l’acquisto della nave e per l’equipaggiamento per le attività di soccorso in mare, 800 mila per l’equipaggio, 700 mila per carburanti e farmaci. «Crediamo che ci sia bisogno di 10, 100 navi in più a presidiare quel tratto di mare dove troppo spesso gli SoS cadono nel vuoto» ha detto il presidente Luciano Scalettari nella conferenza stampa di presentazione. ResQ è già in contatto con Mediterranea, Sea Watch, Sea Eye, Open Arms per fare rete «e anche per imparare. La nostra presenza in mare non vuole essere un gesto politico, ma un gesto umanitario e simbolico. Ben sapendo che rischiamo di pagare di persona, penalmente e civilmente, le conseguenze». «Quando si è ventilata l’ipotesi di mettere in mare una nave per salvare le persone che affogano mi sono chiesto: se stessi annegando vorrei che qualcuno venisse a salvarmi? Ho risposto sì, sia alla domanda sia alla nave» ha aggiunto Gherardo Colombo, ex PM di Mani Pulite, presidente onorario di ResQ. «Oltretutto ce lo chiede la nostra Costituzione, che bandisce ogni discriminazione e tutela la salute di tutti». A oggi i soci sono 130 (alcuni sono ritratti nella foto in alto). L’obiettivo è che diventino 1.000 prima della fine dell’estate (m.t.)
- Sui salvataggi in mare leggi anche l’intervista ad Alessandra Sciurba, presidente di Mediterranea.