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Allonsanfàn
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Per immagini. Cosa vedi quando leggi: la risposta è nel libro magico di Peter Mendelsund

“C’è una storia che si chiama Lettura. La conosciamo tutti. È una storia di immagini e di immaginazione.” Peter Mendelsund, Cosa vediamo quando leggiamo

Non riesco a iniziare con una frase meno entusiasta di questa: ho sempre desiderato un libro così. E nel “così” c’è proprio tutto, dalla tematica affrontata, alla qualità della scrittura, dal formato, all’impaginazione, dalla scelta e dall’uso delle immagini, ai richiami al mondo della musica. Sì, perché Peter Mendelsundart director associato presso l’editore Alfred A. Knopf, art director di Pantheon Books, e autore di centinaia di copertine definite dal Wall Street Journal “le più iconiche e immediatamente riconoscibili nel mondo della narrativa contemporanea” – in Cosa vediamo quando leggiamo, uscito per la prima volta negli Stati Uniti nel 2014 e da poco in Italia per Corraini Edizioni, traccia un’accurata e appassionante fenomenologia della lettura, costruisce un percorso un po’ meditativo e un po’ avventuroso su come il nostro cervello si comporta davanti alla pagina.

“La storia della lettura è la storia di un ricordo. Quando leggiamo, siamo immersi e più siamo immersi meno siamo capaci di controllare attraverso le nostre facoltà analitiche l’esperienza nella quale siamo immersi.”

Sono numerose le domande che si pone (e ci pone) l’autore: che immagini nascono nella nostra mente quando leggiamo? Da dove vengono? Sono nitide o confuse? Parallelamente all’evoluzione di un personaggio di un romanzo anche il modo in cui lo si immagina cambia come diretta conseguenza del suo sviluppo interiore? E più si procede nel testo più queste domande e le loro risposte ne fanno sorgere altre: se un lettore può immaginare meglio o peggio di un altro lettore questo significa che una cultura può immaginare meglio o peggio di un’altra? I muscoli che usiamo per immaginare si stanno indebolendo, con il maturare della nostra cultura? Leggere un romanzo è un po’ come realizzare uno spettacolo privato?

Probabilmente è più quello che sentiamo quando leggiamo rispetto a ciò che vediamo e questo percorso attraverso Tempo, Nitidezza, Abilità, Performance, Significati, Sinestesia, Modelli (sono alcuni dei titoli dei capitoli lungo i quali si snoda il testo) riesce non solo a raccontarci ma anche a mostrarci quello che ci succede. Nel libro le immagini – che giocano un ruolo centrale e occupano buona parte delle oltre 400 pagine – aiutano a distendersi, ad avvicinare i concetti, ad interiorizzarli e a metterli alla prova. Il talento incontestabile di Peter Mendelsund che avevo già sperimentato guardando le sue stupende copertine – potete vederne alcune sul suo sito – è qui ribadito: è un autore capace di aggiungere alla suggestione l’eccitazione data dal ragionamento svelto, acuto, proposto con semplicità.

Anche il fatto che l’autore sia “un pianista classico in via di redenzione” trovo giochi un ruolo interessante nel suo approccio. Ad esempio quando, affrontando la questione dell’importanza del contesto paragona le parole a note musicali. I suoni, le relazione di tensione e distensione che esistono tra essi e che l’ascoltatore percepisce, la loro simultaneità in un accordo fanno sì che si crei un’emozione grazie alla successione o compresenza. Ho una formazione musicale e in effetti posso dire che quando leggo uno spartito l’occhio è sempre più avanti rispetto alla meccanica del gesto, l’orecchio ha bisogno di anticipare quello che le mani suoneranno. Fino ad ora però non avevo certezza che qualcosa di simile potesse avvenire anche con la lettura delle parole. “Perché le parole di un libro abbiano senso, mentre leggiamo dobbiamo fare delle previsioni, dobbiamo giocare d’anticipo.” E come lettrice penso che buona parte di questo anticipo contribuisca a rendere intrigante il rapporto con il testo.

Cosa vediamo quando leggiamo è certamente interessante per chi ama leggere (e anche per chi non ha questa passione) ma è un libro importante e utile anche per chi scrive, non solo per gli esempi pratici, per l’analisi di alcuni paragrafi, o incipit, o descrizioni di personaggi. È importante perché ribadisce e ricorda un ruolo fondamentale del lettore: “Siamo noi [lettori] che colmiamo le lacune. Le ombreggiamo. Le ignoriamo. Le rimuoviamo”. Fa tornare vivo e centrale il legame che si crea fra i due mondi, i due immaginari, quello di scrive e di chi legge, una vera e propria relazione nella quale il libro ha un ruolo “ponte”.  E a riprova di ciò l’autore mette in atto in questo stesso libro buona parte di quanto teorizza: racconta gli strumenti, svela tecniche e le applica, permette al lettore di sperimentarle immediatamente e invoglia lo scrittore a provarle sulla pagina.

L’ho dichiarato subito: ho sempre desiderato un libro così. Un libro che ricorda l’importanza dei libri, capaci di liberarci, di contenere segreti, di svelare le nostre inclinazioni, le nostre attitudini, capaci di evocare, richiamare, creare ricordi. Un volume che contiene pentagrammi, lettere, mappe, ideogrammi, arte, filosofia, psicologia, Italo Calvino, James Joyce, Virginia Woolf, Agatha Christie, Herman Melville, Oliver Sacks e altro ancora. Un libro che esplora  il mondo di chi scrive, di chi legge, di chi sfoglia. Un libro pensato con attenzione scientifica e scritto con l’occhio di un designer pluripremiato, le articolazioni di un pianista di formazione classica redento, e il cuore di un lettore appassionato.

IL LIBRO Peter Mendelsund, Cosa vediamo quando leggiamo (Corraini Editore)

 

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