Non conosco per carenze linguistiche il vero ritmo del rap di Don Winslow (New York, 1953): di certo non è anfetaminico e scheggiato come quello del collega Ellroy, un tempo tradotto da Carlo Oliva (chi se lo ricorda?), ma la Trunk Music – per citare pure il collega Connelly – dell’ex detective è di sicuro musica veloce, non solo cool jazz tipo West Coast, come da racconto numero quattro. Di certo è buona musica: non per niente, il virtuoso Winslow si permette persino di costruire paragrafi soltanto con elenchi di nomi, che siano di luoghi, per esempio quelli toccati dall’autostrada 101, oppure di jazzisti (pag. 283 – ottimo per una playlist di Spotify).
Che poi cinque racconti su sei di Broken (HarperCollins) – in accordo con lo stile di un crime writer creatore di macro geografie narrative come la trilogia del Cartello – sono romanzi brevi. Con dentro tutto quello che gli piace; tutto quello che, con modestia e orgoglio, sa di Winslow.
Omaggi ai maestri: Chandler (terzo collega) e Steve McQueen, tra i tanti. Personaggi feticcio che interpretano la parte del leone o appaiono da comparse: Boone Daniels, Neal Carey, Ben Chon e O. Temi ricorrenti, illustrati con perizia tecnica, dai meccanismi dello spaccio al funzionamento del sistema delle cauzioni in California, dalla qualità dei dischi in vinile alla mitologia degli eterni ragazzi del surf. Tic, tormentoni e tabù della squadra omicidi di San Diego o della Pattuglia dell’Alba…
“Il mondo fa tutti a pezzi e molti, anche se a pezzi, si rivelano forti”. La citazione di Ernest Hemingway, in esergo, apre le frasi brevi di Broken, il racconto del titolo, che sembra costruito sugli svelti appunti del taccuino di un detective. Scene di traffico di droga (e di tragedia greca) nella New Orleans post Katrina con un’esplosione di violenza nel finale che deve molto a Scarface di Brian De Palma – infatti citato. Restano sul terreno solo pezzi di uomini, uomini a pezzi e pure il boccheggiante pesce tropicale che nuotava nell’acquario dello spacciatore e costava una fortuna.
Le velocità – anche cinematografica – del primo racconto, è ribadita dal secondo, Rapina sulla 101, la strada della Costa Ovest, dedicato a McQueen e con un vento vintage che gira da solo le pagine, accompagnando la corsa di una Mustang Shelby GT500 coupé su un’autostrada della California.
Un super ladro solitario modello Hitchcock ha la disdetta di essere “attenzionato” dal detective Lou Lubesnik, possessore invece di una vetusta Honda Civic – Lou che ricomparirà a un tavolo da poker del quarto racconto per una di quelle discettazioni sofistiche su argomenti futili tipo l’etica nei fast food tanto care a Winslow.
La vicenda corre già benissimo, ma Winslow compie la civetteria di scioglierla in un punto narrativo dove confluiscono vecchi titoli cult per veri uomini (ossia per banditi) come Bullit e Getaway.
Per il terzo racconto, basti il claim di Stephen King (quarto collega di Winslow qui citato), secondo il quale Lo zoo di San Diego possiede l’incipit più bello di sempre: “Nessuno sa come ha fatto lo scimpanzé a prendere la pistola”. Aggiungo che pure qui c’è qualcuno che prende Tylenol (paracetamolo), come – mi sembra – in altri due testi di Broken: vezzo o sponsor?
Il quarto gioiello delle ricettazioni postmoderne e degli auto-furti di Don Winslow ha invece una musica più calma e uno studio più tradizionale dei caratteri, forse perché è “per Raymond Chandler”. Al centro c’è un fuggiasco, il surfista Terry Maddux – il nome vi ricorda qualcosa? – che ha appena pestato una donna chic e stronza ma tanto innamorata che abita a La Jolla – be’, questo posto si sa dov’è, almeno nell’immaginario.
Forse, ma solo per il finale, è un gradino sotto gli ultimi due racconti: una vacanza hawaiana – col botto – del trio di spacciatori di next generation che piacquero a Oliver Stone, Ben Chon e O (con un cameo di Bobby Z), e, finalmente, una short story di border USA/Mexico, cioè la specialità della casa.
Protagonista: Calvin Strickland, agente di frontiera che vede i migranti come un flusso indistinto, finché scorge una bambina in gabbia – sconvolgente immagine di un libro, come abbiamo accennato, molto visivo, oltre che musicale.
A leggere la scheda di Broken firmata HarperCollins, pari per uso di cliché alle più trite fascette da best seller – Sei storie crude e sconvolgenti, adrenaliniche ma al tempo stesso capaci di spezzare il cuore – si ha la giusta collocazione in biblioteca dei romanzi di Winslow: onestamente popolari e disinvoltamente ricchi di ben elaborati materiali, sono intrattenimento intelligente anche se non possiedono il carattere nevrotico ossessivo di un Ellroy o di un Tarantino. Okay, ma è davvero importante?
NOTA A MARGINE: DON PER IMMAGINI Sul passaggio di Winslow a HarperCollins e sulla gestione dei suoi romanzi per farne finalmente film o serial tv, qui.
Non so voi, ma io sto aspettando dal 2006 uno Scorsese-DeNiro basato su Frankie Machine, ovvio che anche Winslow fosse spazientito. La saga del Cartello (Art Keller) è invece passata dal progetto di un film, congelato per i costi, a una serie, quasi ai nastri di partenza.
Dice nell’articolo di Deadline Winslow: “Broken was inspired by Stephen King’s Different Seasons, a collection of four short novels, three of which became the films Shawshank Redemption, Stand by Me and Apt Pupil. Broken contains five novellas and a short story and we think four of the novellas and the short story have real potential for film and television adaptation”.
IL LIBRO Don Winslow, Broken (HarperCollins). Traduzione Alfredo Colitto e Giuseppe Costigliola
Credit: “Highway 101” by …-Wink-… e by Heike Huslage-Koch