Ma perché mai Nolan ci teneva così tanto a proiezionare in sala quando questo suo film parrebbe perfetto, nelle molteplici imperfezioni, per essere se non goduto – perché cosa mai vuoi godere se per fare cassetta coi teenager autocensuri tutto ciò che potrebbe regalare una soddisfazione audiovisiva ai maggiori di 13 anni (ma siamo sicuri che nel Deep web non siano più scaltri loro a cercare eastern eggs di nonno Johnny Depp o che le galanterie erotiche di nonno Connery siano più traumatiche di certe minacce laringofaringee di sir Branagh?) – almeno sopportato in streaming nelle due ore e passa in cui transita, con ambizioni crepuscolari, da un action movie a uno sci-fi, da una spy story a un war movie con in mezzo al thriller pillole di fisica da Bignamino recitate sul gobbo attrezzato da Carlo Rovelli alla bisogna?
“Ci sono più cose in cielo e in terra…” si capisce vorrebbe sbottare scespiriano Kenneth aka Sator che sarebbe per reminiscenza un russo assai cattivo (ma forse è solo il tumore al pancreas che gli svolta il carattere nel mentre passa dal cercare plutonio nelle discariche a trucidare gli spasimanti della moglie che non ha voglia di farsi cinghiare per eccitarlo con volgarissimi escamotage più che da ricco miliardario annoiato da mafiosetto della Trasnitria in contatto con gli Elohim da un futuro anteriore) e in fondo gli scoccia solo di crepare mentre i ragazzotti se la ballano nelle discoteche (che c’è del metodo pure nelle pandemie e non è che gli anziani si tappavano in casa quando a crepare di polio non toccava a loro, risponderebbero questi se fossero non andati a scuola dove s’impara spesso zero ma avessero ascoltato gli stessi nonni che alla loro età ascoltavano i Pink Floyd e non gli assessori alla salute). Invece al climax della sopportazione perché quella slunga della moglie non gliela dà più e invece si farebbe anche il Bond tappo di colore (sognando d’essere Blacked come sui siti porno) ma per i limiti di cui sopra la Debicki si limita a un bacetto sulla guanciotta che Biancaneve era di manica più larga con i nani (ed erano almeno in sette), quando non è inginocchiata per stare tutta intera nel display a fare la mamma col pargolo ignaro del pericolo mondiale o a pulire dalla crema abbronzante l’impiantito del mega yacht, gli scappa uno sputo sonoro come un Puah dei fumetti e un’imprecazione non proprio da bardo seicentesco, tipo “Puttana maledetta” (ma non abbiamo in sala l’orologino figo con le lancette blu e rosse come le pillole di Matrix per tornare indietro a verificare).
Tra manovre a tenaglia (vai avanti tu che io vado alla rovescia, meglio sarebbe mettersi a ridere), entropia, palindromi, frecce temporali inverse, pallottole che non scoppiano, tangenziali imboccate contromano, gente che risfodera il riocontra, la melassa sapienziale è servita ma nella rumba diegetica se capita di incontrare se stessi non c’è non dico il tempo di fare i conti col proprio io ma nemmeno di dirsi ciao. Peccato in sala non si possa smanettare come il Blasco sul divano con il rewind, che vorrebbe voglia tra un capottamento e un’esplosione di sapere in quale universo parallelo siamo finiti, se siamo in sala cioè ai tempi del Covid o se siamo tornati all’era precedente e solo la mascherina, per inversione, va avanti e indietro nel tempo. Par di capire purtroppo che di mezzo ci sia il paradosso del Nonno, che cioè ammazzare il cattivone salverebbe sì il pianeta con gran gioia dei viaggi ecologici oltreoceanici di Greta in catamarano col principe di Monaco ma che al contempo, morto il nonno, la stessa Thunberg non sarebbe mai nata. Non è che a Nolan interessi a questo punto farci un’ulteriore dimostrazione, che la campanella alfine è suonata, i critici si assembrano all’uscita, e come dice chi viaggia in riserva col pieno di buonsenso, elogiando persino l’ignoranza, “è andata come è andata”.
- Per altri (s)visti di Gabriele Nava, qui.