«Cari ragazzi, tocca a voi. Prendete per mano i vostri genitori, i vostri professori. In questo momento d’incertezza prendete per mano l’Italia».
E’ l’appello che Liliana Segre, rivolge – in un’intervista al Corriere della Sera – alle nuove generazioni. Lei, sopravvissuta ad Auschwitz, testimone di quel tragico passo di storia, oggi – 10 settembre 2020 – compie 90 anni. E lo fa guardando ai giovani.
La donna che dal 1990 ricorda e racconta gli orrori dell’Olocausto («sono rimasta in silenzio per 45 anni, poi sono diventata nonna e ho sentito che ero in grado di diventare una testimone, per parlare ai ragazzi, a tutti i ragazzi e le ragazze») festeggia un compleanno importante. E a lei stanno arrivando auguri da ogni parte d’Italia.
Era una bambina ebrea Liliana Segre quando, nel 1938, le leggi razziali stravolsero la sua esistenza.
«Liliana Segre sta per compiere otto anni quando il suo destino cambia per sempre. E’ una delle migliaia di bambini che non rientreranno a scuola, che non rivedranno la loro maestra e i loro compagni, e questo sarà solo il primo anello della catena persecutoria» (Enrico Mentana in La memoria rende liberi, la vita interrotta di una bambina nella Shoah, Rizzoli).
Orfana di mamma, nel 1943, a 13 anni, da Milano tentò la fuga in Svizzera con il padre Alberto. Ma al confine i gendarmi svizzeri li respinsero. Arrestati e incarcerati, nel gennaio 1944 furono deportati ad Auschwitz.
Il padre morì il 27 aprile 1944. Liliana sopravvisse alla fame e agli orrori del campo e anche alla “marcia della morte”, quando le SS in fuga davanti all’avanzata sovietica sgombrarono Auschwitz spingendo verso il nord della Germania, a piedi, 56 mila internati. Venne liberata il 1° maggio 1945 a Malchow: aveva 14 anni.
«L’incontro con i miei zii e con i miei nonni fu tremendo: mentre mi abbracciavano – prima lo zio e la zia, poi i nonni materni che ci raggiunsero dopo – io ero impietrita. Perché volevo loro bene, ero contenta di vederli, ma i miei, i miei santi martiri, non erano tornati» (da La memoria rende liberi, la vita interrotta di una bambina nella Shoah, Rizzoli).
Nominata senatrice a vita il 19 gennaio 2018 dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella (con lei nella foto in alto), Liliana Segre lo scorso anno aveva trascorso il compleanno in aula, per votare la fiducia al governo Conte 2. «Occorre ripristinare un terreno di valori condiviso nella difesa costante della democrazia e dei principi di solidarietà nati dalla Costituzione e dalla Resistenza» aveva detto in quell’occasione.
Io ero tra i 350 giornalisti andati ad ascoltarla lunedì 28 ottobre 2019 all’università Iulm di Milano.
Liliana Segre aveva parlato chiaro: «Le leggi razziste che hanno espulso dalla vita civile tutti gli ebrei sono state applicate nell’indifferenza generale. L’indifferenza è la matrice della violenza e dell’odio, di quella del passato e di quella di oggi. Si può scegliere da che parte stare ogni giorno, ogni minuto della propria vita».
Due giorni dopo quell’incontro il Senato aveva approvato l’istituzione di una commissione straordinaria per il contrasto ai fenomeni dell’intolleranza, del razzismo, dell’antisemitismo e dell’istigazione all’odio e alla violenza. Una commissione fortemente voluta da Liliana Segre. Il Covid ha frenato i lavori «ma io ci credo moltissimo» dice la senatrice a vita. «Mi farò aiutare da persone che hanno meno anni e più energia, ma sono pronta a guidare la commissione e spero che si ricominci presto».
Sotto scorta dal novembre 2019 a causa delle minacce degli haters in Rete, oggi Liliana Segre ribadisce che «antisemitismo e razzismo ci sono da sempre. Semplicemente in alcuni momenti è più facile che riemergano. Certo, se torna la paura dell’altro, demonizzato come untore nella sana Europa, e ci si abitua a pensare che ci sono uomini forti a cui affidarsi, allora molto tranquilli non possiamo stare. Ci sono state città che hanno fatto barricate per poche decine di disgraziati arrivati dal mare».
A Pesaro, città di origine dei nonni materni dove Liliana Segre trascorre le sue estati, per i 90 anni le dedicheranno un murales realizzato dallo street artist David Diavù Vecchiato. «Un murales simbolo per la Memoria, contro l’intolleranza e l’odio» dice il sindaco della città Matteo Ricci. «Un omaggio a una delle più grandi donne italiane dell’ultimo secolo».
«Continuerò, finché avrò forza, a raccontare ai giovani l’orrore della Shoah, la follia del razzismo, la barbarie della discriminazione e della predicazione dell’odio. L’ho sempre fatto, non dimenticando e non perdonando, ma senza odio e spirito di vendetta. Sono una donna di pace e una donna libera, e la prima libertà è quella dall’odio» (da Il mare nero dell’indifferenza, People edizioni, di Liliana Segre con Giuseppe Civati).
credit foto in apertura: Presidenza della Repubblica