È un mercoledì il 31 marzo 1943. È una sera piuttosto fredda, di inizio primavera a New York. Al St. James Theater debutta Oklahoma! Il St. James, con i suoi millesettecento posti a sedere, è uno dei teatri più grandi della città. Il progetto è degli architetti Warren e Wetmore – quelli che hanno disegnato anche la Grand Central Station – per il produttore Abraham L. Erlanger, che lo ha fatto costruire al 246 West della 44esima Strada – dove prima c’era il ristorante Sardi’s – e lo ha aperto nel 1927. Il St. James è un pezzo della storia di New York e infatti Woody Allen ne mostra l’immagine nel montaggio di apertura di Manhattan, la sua celebre lettera d’amore per la città. Il St. James è anche il teatro dove Alejandro González Iñárritu ha girato Birdman. Comunque nel 1943 il teatro è nel circuito dei fratelli Shubert e non c’è un posto migliore a Broadway per far debuttare un nuovo musical.
Mentre si alza il sipario Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II sono preoccupati. Il giro in provincia delle settimane precedenti è andato abbastanza bene, al pubblico Away We Go! è piaciuto. Ma New Haven non è Broadway. Per il debutto hanno cambiato il titolo e hanno anche aggiunto una canzone per il finale, intitolata, come il musical, Oklahoma!, un brano che avrà una storia curiosa. Richard e Oscar pensano che forse ha ragione il produttore Mike Todd, che, dopo una di quelle recite in Connecticut, ha sentenziato “no legs, no jokes, no chance”. Todd è uno che se ne intende, in quello stesso anno la sua commedia The Naked Genius, scritta e interpretata dalla stella dello strip-tease Gipsy Rose Lee, sta avendo un grande successo. Curiosamente Todd sarà famoso soprattutto per essere il terzo dei sette mariti di Elizabeth Taylor, l’unico da cui Liz non abbia divorziato: è morto un anno dopo le nozze.
Facciamo un passo indietro. Il 26 gennaio 1931 debutta al Guild Theater di New York il dramma Green Grow the Lilacs della poetessa e drammaturga Lynn Riggs. Lynn è nata nel 1899 in una fattoria vicino alla cittadina di Claremore, in quello che allora era il Territorio dell’Oklahoma, una sorta di colonia occidentale degli Stati Uniti, al confine del Territorio Indiano, ossia la terra dove il governo federale ha deportato nei decenni precedenti le tribù indigene di tutto il continente, in particolare quelle che a Washington chiamano le Cinque tribù civilizzate. Però queste tribù nella Guerra di Secessione hanno parteggiano per i Confederati: gli indiani sanno che i bianchi sono razzisti, a nord come a sud, ma almeno questi ultimi non li costringeranno ad abolire la schiavitù. Il fatto di essersi schierati dalla “parte sbagliata” è un ottimo pretesto per il governo per lanciare la corsa alla terra dell’Oklahoma, la terra degli uomini rossi, nella lingua degli Choctaw. In pochissimo tempo centomila persone arriveranno fin là per ottenere un agognato pezzo di terra, non curandosi se lo devono sottrarre a chi c’era prima.
Lynn ha per parte di madre un ottavo di sangue cherokee e quando nel 1928 si trova a Parigi, grazie a una borsa di studio Guggenheim, vuole scrivere una storia della sua infanzia, una storia ambientata a Claremore agli inizi del Novecento, prima che l’Oklahoma nel 1907 diventi il 46° stato dell’unione, ovviamente cancellando il Territorio indiano, che viene inglobato in esso. Per questa giovane poetessa americana omosessuale Parigi è un sogno, ma i soldi finiscono e deve tornare in America. Il regista Herbert Biberman crede in quel testo e riesce a metterlo in scena. Nel cast ci sono attori noti, e anche un giovane Lee Strasberg, nella parte del venditore ambulante siriano. È un fiasco: dopo sessantaquattro recite viene tolto dal cartellone.
Nell’America della Grande Depressione quella storia d’amore e di morte ambientata nel lontano west non appassiona gli spettatori. Lynn andrà, come tutti quelli che vivono scrivendo, a Hollywood, ma quel suo vizio, tollerato negli uomini, purché lo tengano nascosto o siano molto famosi, non viene accettano in una donna e Lynn non farà fortuna, nonostante il suo talento. Dicono si sia innamorata, non ricambiata, della sua amica Bette Davis. Herbert Biberman è uno degli Hollywood Ten, i registi che, accusati di essere membri del Partito Comunista si rifiutano di essere interrogati dalla Commissione del Senato che investiga sulle infiltrazioni dei “rossi” nel mondo del cinema, e smetterà di lavorare. Nel 1951 Strasberg diventerà il direttore dell’Actors Studio, in una vecchia chiesa presbiteriana sulla 44esima, a qualche isolato dal St. James.
Theresa Helburn è una delle quattro fondatrici del Guild Theater, ha prodotto moltissimi spettacoli – predilige i testi di Eugene O’Neill – ha creato la coppia d’oro del teatro americano, Alfred Lunt e Lynn Fontanne, e continua a pensare che quella storia ambientata in Oklahoma possa funzionare: magari potrebbe diventare un musical. Nel 1942 Theresa propone il progetto a Richard Rodgers, che nel 1925, insieme a Lorenz Hart, ha avuto il primo successo proprio al Guild con la rivista The Garrick Gaieties, il cui primo numero è una presa in giro proprio del Guild, delle sue pretese di essere un teatro “serio” e impegnato. Per tutti gli anni Venti e Trenta Rodgers e Hart sono la ditta più prolifica e di successo di Broadway e di Hollywood: in poco più di vent’anni scrivono insieme – Rodgers la musica e Hart le parole – ventotto musical e più di cinquecento canzoni, tra cui Blue Moon, My Funny Valentine, Falling in Love with Love.
Richard chiede a Lorenz se vuole partecipare al progetto, pur sapendo di riceverne un rifiuto. Immagina che l’argomento non riuscirà a interessare l’amico, ma soprattutto sa che Lorenz sta vivendo uno dei momenti più cupi della propria vita. Non accetta la propria omosessualità, ha il terrore di doverlo confessare alla sua famiglia. In più ama da sempre Richard e non riesce neppure a dirgli di essere gay. L’unico suo rifugio è l’alcol. Gli piace Hollywood perché là ci sono le feste nelle ville di Porter e di Cukor, ma Richard è voluto tornare a New York e in quella città Lorenz soffre. Per intere settimane si rifugia in Messico senza dare notizie di sé. No, questa volta non scriverà le parole per le canzoni di Richard, gli consiglia di chiederlo a Oscar Hammerstein.
Nel ’43, dopo Oklahoma!, Rodgers mette in scena il revival di un loro spettacolo di successo del 1927, A Connecticut Yankee, da un romanzo di Mark Twain, e chiede a Lorenz di scrivere cinque nuove canzoni. Le sue condizioni di salute sono molto peggiorate, ma lavora, compone, tra le altre, la pungente To Keep My Love Alive, la storia di una donna che ha ucciso in modi originali tutti i suoi molti mariti, e l’autobiografica Can You Do a Friend a Favor? Cinque giorni dopo la prima dello spettacolo Hart muore.
Gli ultimi sei spettacoli di cui Oscar Hammerstein ha scritto libretti e testi delle canzoni non sono stati dei successi. Nel 1927 ha scritto con Jerome Kern Show Boat e nel ’42 ha vinto l’Oscar per la miglior canzone con Lady Be Good, ma tornare a Broadway sembra un azzardo. Però la storia di Green Grow the Lilacs gli piace molto. E i due si mettono, per la prima volta insieme, al lavoro.
Solitamente Richard componeva la musica, poi la dava a Lorenz che scriveva le parole, e anche Kern di solito componeva prima che Oscar potesse scrivere. Questa volta sarà diverso. Oscar scriverà il libretto e i testi di tutte le canzoni e poi Richard creerà la sua musica. Entrambi gli autori sono convinti di questo nuovo metodo, perché vogliono che il loro spettacolo sia qualcosa di nuovo a Broadway.
I musical prima di Oklahoma! sono per lo più spettacoli musicali, riviste, collage di canzoni, Rodgers e Hammerstein – partendo da quello che Kern e lo stesso Hammerstein hanno fatto con Show Boat – vogliono scrivere uno spettacolo in cui le canzoni raccontino la storia. Il loro modello non è più la rivista, non è più Ziegfeld, ma è l’opera, è Puccini. E per lo stesso motivo non vogliono che gli interpreti siano attori che sanno cantare, ma cantanti che sappiano recitare. Questo rende più complicato completare il cast.
Helburn sperava di ingaggiare Shirley Temple per il ruolo di Laurey, la protagonista femminile, e Groucho Marx come Ali Hakim, il venditore ambulante di origini persiane. Ma Rodgers e Hammerstein, sostenuti dal regista Rouben Mamoulian, riescono a imporre la loro idea: i giovani e poco conosciuti Alfred Drake e Joan Roberts saranno Curly e Laurey, mentre Howard Da Silva e Betty Garde interpreteranno rispettivamente il cattivo Jud e la zia Eller.
Da Silva nel 1938 è stato il protagonista della leggendaria prima messa in scena di The Cradle Will Rock di Marc Blitzstein, quella in cui, dal momento che nessuno è disposto a finanziare quello spettacolo ritenuto sovversivo e comunista, Orson Welles e la compagnia occupano un teatro e lo rappresentano comunque, senza scene e costumi, con il solo Blitzstein che, al pianoforte, sostituisce l’intera orchestra. E Howard anche per questo sarà sempre considerato un tipo pericoloso, e naturalmente sarà inserito nella lista nera, un marchio che limiterà molto la sua carriera. Anche Betty Garde prima di Oklahoma! ha lavorato molto con Orson Welles, partecipando con lui a molti suoi programmi radiofonici.
Per Alfred Capurro, nato a New York da una famiglia originaria di Recco, questo è il primo ruolo importante. Sarà poi il protagonista di Kiss me, Kate, di Kismet e di altri grandi successi di Broadway. Nel 1947 quando Howard Da Silva è chiamato a dirigere una nuova edizione di The Cradle Will Rock, la prima ufficiale, vorrà Alfred come protagonista. Drake è anche un acclamato attore shakespeariano. Nella celebre edizione dell’Amleto del 1964, diretta da John Gielgud e con Richard Burton come protagonista, Alfred è il re Claudio. Merita fare un piccolo inciso su questo Amleto.
Burton e Peter O’Toole pensavano che avrebbero dovuto interpretare entrambi il principe di Danimarca, uno a Londra e uno a New York, uno con la regia di Laurence Olivier e uno con quella di Gielgud. Due lanci di moneta hanno decretato questi due spettacoli. Naturalmente l’Amleto di Burton ha avuto maggior successo, merito anche di Liz Taylor che assiste alla prove e di Cleopatra, che ha fatto dell’attore inglese un divo dei rotocalchi. Rouben Mamoulian avrebbe dovuto dirigere quel kolossal, ma è stato licenziato dopo le prime riprese. Se volete vedere il viso di Alfred Drake basta aspettare la prossima vigilia di Natale: è il presidente della Borsa di New York in Una poltrona per due.
Forse Todd ha ragione: quello spettacolo sarà un fiasco. Le ballerine ci sono: il primo atto si chiude con un balletto di quasi un quarto d’ora – il sogno di Laurey – coreografato da Agnes de Mille – suo zio è il famoso Cecil, quello dei Dieci comandamenti. Giudicata poco carina per fare l’attrice, Agnes ha cominciato a danzare, ma siccome i suoi genitori consideravano questa un’attività poco dignitosa, non ha potuto prendere lezioni regolari e ha imparato guardando i film girati da suo zio. Ed è diventata una delle più importanti coreografe di Broadway. E con Oklahoma! ha la possibilità di esprimere tutte le sue capacità, perché anche lei vuole che il balletto sia una parte integrante del racconto, non un intermezzo o un’occasione per mostrare le gambe delle ballerine. Che comunque in Oklahoma! non si vedono. Hammerstein ha aggiunto alla storia di Lynn Riggs una sottotrama comica, molto divertente, sulla storia d’amore tra Ado Annie e Will Parker, ma comunque in questo musical c’è un morto e la paura aleggia spesso nella trama: una novità che il pubblico certamente non apprezzerà.
Quella prima produzione chiude il 29 maggio 1948, dopo 2.212 repliche. Nel 1944 comincia, da New Haven, il primo tour nazionale, e il 30 aprile 1947 Oklahoma!, con Howard Keel – quello di Sette spose per sette fratelli – e Betty Jane Watson nei ruoli principali, debutta a Londra, al Drury Lane, e ci rimarrà per 1.543 repliche.
Si alza finalmente il sipario. In scena c’è zia Eller che con la zangola prepara il burro. Arriva Curley che canta
Oh, what a beautiful mornin’!
Oh, what a beautiful day!
I’ve got a beautiful feelin’
ev’rythin’s goin’ my way
E la musica di Rodgers travolge gli spettatori nel canto spensierato di questo giovane innamorato. Probabilmente nessuno di loro, svegliandosi in quella mattina di marzo, ha pensato: che bella giornata. C’è la guerra. Qualcuno della loro famiglia sta combattendo, in Europa o nel Pacifico. Tanti ragazzi sono già morti. Siamo all’inizio del 1943. A Stalingrado i russi hanno bloccato l’invasione tedesca e gli americani hanno inflitto una dura sconfitta ai giapponesi nella battaglia delle isole Midway, ma la guerra è ancora lunga e, al di là della propaganda, nessuno può pensare che finirà presto o può sapere chi vincerà. Nel marzo del 1943 i nazisti hanno occupato tutta l’Europa: resiste solo il Regno Unito.
Il 31 marzo del 1943, quando Curly arriva nella fattoria di zia Eller, Hitler può ancora vincere. Domani sarà un bel giorno? Bisogna crederci, anche se è sempre più difficile. Eppure per un momento, quando Curly canta, tutti ci credono, perché è impossibile non farsi prendere dalla sua gioia. Le donne e gli uomini che quella sera sono andati a vedere Oklahoma! hanno bisogno di speranza e quello spettacolo la offre. Perché alla fine il cattivo muore, perché Curly e Laurey si sposano, perché quella è una bellissima mattina. Certo non per gli indiani chiusi nelle riserve, né per i neri che in Oklahoma sono vittime dei continui attacchi del Ku Klux Klan, né per gli omosessuali che devono continuare a nascondersi.
Ricordate quella canzone, quella aggiunta poco prima del debutto? Nel 1953 è diventata l’inno ufficiale dello Stato, la prima volta che succede a una canzone di un musical. E quando un americano incontra uno che gli dice di essere dell’Oklahoma, in genere gli risponde con il primo verso di questa canzone. Vuole la leggenda che quando nel 1979 Giovanni Paolo II ha fatto il suo primo viaggio negli Stati Uniti, a un prete che si è presentato dicendogli di venire dall’Oklahoma, il papa abbia risposto
where the wind comes sweeping down the plains
- Dietro il nome di Πρωταγόρας si nasconde, anzi no, si illumina il talento di Luca Billi. Trovate un intero vocabolario delle sue storie, qui