Il titolo del nuovo romanzo della scrittrice messicana Guadalupe Nettel – già autrice de Il corpo in cui sono nata e Quando finisce l’inverno pubblicati da Einaudi e di Bestiario sentimentale e Petali e altri racconti scomodi da La nuova Frontiera – ha attirato la mia attenzione fin da quando, provvidenzialmente, mi è stato regalato, l’ho soppesato e ho subito ammirato la copertina scelta dagli editori de La Nuova Frontiera, che portano – con la traduzione sempre precisa di Federica Niola – queste intense 207 pagine ai lettori italiani.
All’inizio ho commesso il grave errore (da penna blu, insomma da lettrice dilettante) di pensare che per figlia unica s’intendesse solo una constatazione, che fosse un modo per definire la piccola protagonista del romanzo Inès come sola in un’unità di misura rapportata al numero, alla pluralità. Poi però ho capito che il senso stava nell’unicità, nell’essere irripetibile, come siamo tutti del resto.
Lo hanno capito anche le altre figure che ruotano attorno a questa vita tutta nuova, Alina la madre, e Laura, sua amica e sorella e voce narrante, che di figli proprio non ne vuole ma poi si ritrova in circostanze che la porteranno a prendersi cura di qualcuno… come Nicolás, un bambino di otto anni che vive con la mamma Doris nell’appartamento accanto al suo.
Madri e figli in un’altalena di giochi di ruolo che, grazie alla scrittura limpida della Nettel, vediamo da varie angolazioni e mettono al centro le complesse dinamiche della maternità, senza mai scadere nella banalità o nella commiserazione facile che ammicca alla sensibilità di chi legge tutt’altro.
Ci sentiamo come su una sedia scomoda e fatichiamo a trovare il verso giusto ma alla fine l’angolo in cui stiamo bene c’è, perché la scrittrice cala l’asso e con un tocco di classe si avvale anche di una suggestione che arriva del mondo animale: per buona parte del romanzo Laura osserverà una coppia di piccioni che nodifica nel sottotetto del suo balcone e si ritroverà nel nido un uovo che non gli appartiene, un fenomeno che in zoologia si chiama parassitismo di cova.
Com’è complesso il mondo delle relazioni che hanno come minimo comun denominatore il prendersi cura di qualcuno. Lo facciamo per istinto? Per affinità, per dovere? Ci deve essere un talento sentimentale alla base, una predisposizione? O è tutta questione di scelte? Che cosa significa insomma essere madre?
Queste sono alcune delle tante, tantissime domande impossibili da evitare durante la lettura dell’ultimo romanzo di Nettel, che sa camminare sul filo teso di un argomento così delicato e soprattutto contemporaneo.
Piccola avvertenza, per coloro che decideranno di intraprendere la lettura: il libro ha la capacità di sedimentare, e rimanere attaccato alla memoria del lettore, una caratteristica che appartiene ai bei romanzi.
IL LIBRO Guadalupe Nettel, La figlia unica (La Nuova Frontiera)
Nella foto di apertura, Guadalupe Nettel (credit: “File:Guadalupe Nettel 6.jpg” by Mely Avila is licensed under CC BY 4.0)