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Allonsanfàn
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Hollywood stories. Quando il codice Hayes censurò Tarzan, i gangster e Betty Boop

Cosa hanno in comune Betty Boop e il dottor Jekyll, la signorina Jane Parker e Scarface? Apparentemente nulla, eppure sono alcuni degli eroi – e delle eroine – di una delle stagioni più incredibili della storia del cinema americano: il breve, ma intenso periodo che va dal 1929, l’anno in cui crolla Wall Street e si afferma in maniera definitiva il sonoro, al 1° luglio 1934, il giorno in cui entra in funzione la Production Code Administration. Si tratta dell’organismo voluto dai produttori di Hollywood e dai distributori per controllare l’effettiva e vincolante applicazione del Motion Picture Production Code – conosciuto anche come Codice Hays, dal nome del suo più importante estensore – ossia l’insieme delle regole che i produttori si sono autoimposti per controllare che i film siano “moralmente accettabili” e quindi non soggetti alla censura e alle critiche e ai boicottaggi della parte più conservatrice e bigotta – formata naturalmente da maschi bianchi – dell’opinione pubblica, guidata da pastori protestanti, sacerdoti cattolici e rabbini, per una volta concordi nel combattere la nuova Babilonia californiana. Il Codice è formalmente in vigore dal 1930, ma viene ignorato di fatto dai registi e dagli sceneggiatori che in quei cinque anni si scatenano, creando delle figure che sono ancora oggi nell’immaginario di tutti, non solo di noi che amiamo quel cinema in bianco e nero.

Il 16 aprile 1934 esce nei cinema americani Tarzan and his mate, il secondo film dedicato all’eroe creato da Edgar Rice Borroughs, che in Italia arriverà quasi subito con il titolo Tarzan e la sua compagna. Borroughs e la Metro vogliono capitalizzare il successo del primo film, che ha incassato più di due milioni e mezzo di dollari, merito anche del fisico muscoloso – e assai poco vestito – di Johnny Weissmuller, il campione olimpico di Parigi e di Amsterdam, il primo uomo a scendere sotto il minuto nei 100 metri stile libero. Ma per il secondo film serve qualcosa di più e gli autori decidono che stavolta Jane sarà l’altra protagonista del film, perché l’attrice di origini irlandesi Maureen O’Hara è molto bella e dannatamente sensuale quando indossa soltanto il top e un succinto perizoma che lascia vedere gambe e fianchi. E questa volta, a differenza che nell’altro, può farlo per tutto il film. Jane dorme nuda con Tarzan e non sono sposati: nei titoli di coda è ben chiaro che lei è ancora Jane Parker, la signorina Jane Parker. E nuota nuda con Tarzan. È la scena più famosa del film. In quello stesso anno anche la bellissima Dolores Del Rio danza nuda nell’acqua: in Bird of Paradise, un altro film del 1932, in cui si racconta la storia di una principessa polinesiana – interpretata da un’attrice messicana, ma la coerenza geografica è l’ultimo problema degli autori – che fa innamorare un giovane marinaio americano.

Tarzan con Maureen (O’Sullivan, però)

Nel film dedicato al re delle scimmie chi balla nuda nell’acqua è in effetti Josephine McKim, anche lei campionessa olimpica di nuoto, ma è Maureen O’Hara che esce a seno nudo dall’acqua. Nel 1932 solo in pochissimi cinema hanno visto per un attimo quel seno, per lo più i distributori hanno preferito proiettare una versione in cui manca quel fotogramma. Ma anche senza quella rapida e conturbante visione, Maureen farà sognare tutti i giovani Tarzan d’America. Per l’ultima volta, perché nei film successivi della serie – girati ormai quando ormai la licenziosa Pre-Code Hollywood è solo un ricordo – Jane, sempre interpretata dall’attrice irlandese, sarà più “decente”, con un vestito che copre i fianchi, nasconde l’ombelico e arriva quasi alle ginocchia, decisamente più scomodo quando si deve usare una liana, ma il massimo consentito dal Codice Hays, che non permette in nessun caso la nudità, neppure in silhouette. Un’utile precisazione, visto che la scena più sexy di Tarzan e la sua compagna è quella in cui l’ombra di Jane, completamente nuda, si vede attraverso una tenda ben illuminata. Fortunatamente Jane Parker e John Clayton II, visconte di Greystoke, sono entrambi bianchi e quindi è possibile rappresentare la loro unione, ovviamente sancita da un vincolo matrimoniale, celebrato non si sa bene da chi, perché una delle cose che il Codice vieta espressamente è mostrare coppie “miste”.

La cosa che preoccupa gli estensori del Codice almeno quanto il sesso è che la simpatia del pubblico non dovrà mai essere indirizzata verso il crimine, la disonestà, il male o il peccato. E infatti nei cinque anni della Pre-Code Hollywood escono moltissimi film in cui i protagonisti sono gangster, alcuni vere pietre miliari del genere, da Little Caesar con Edward G. Robinson a The Pubblic Enemy con James Cagney, fino a Scarface. Ma non ci sono solo questi capolavori: nel 1931 escono ventisei film con protagonisti gangster, ventotto nel ’32 e quindici nel ’33, a cui occorre aggiungere i film dedicati alle carceri e ai loro “ospiti”. Scarface in particolare è un grande successo perché racconta la storia di un gangster, Tony Camonte, interpretato da Paul Muni, che ha molti tratti in comune con Al Capone, il re di Chicago, l’uomo che nel 1930 è andato sulla copertina di Time, a cui almeno due studios hanno offerto una somma a sette cifre per farlo apparire in un loro film. Ma Capone, per quanto lusingato, ha sempre rifiutato.

James Cagney, il gangster

I “bravi” cittadini soffrono quando nei cinema i giovani, ma non solo loro, applaudono Scarface che compie delitti e rapine, quando sfugge alle retate della polizia o agli attacchi delle bande nemiche, ma nell’America della Grande depressione molti pensano che ormai l’unico modo per sopravvivere sia quello di darsi alla malavita. E poi non sono stati quei “bravi” cittadini, i signori di Wall Street e di Washington, a gettare nel lastrico un intero paese, non sono loro i responsabili se in America i più poveri muoiono letteralmente di fame? Chi sono allora i veri gangster?

Questi “bravi” cittadini non sono forse come il gentile dottor Jekyll, che di notte diventa il terribile signor Hyde? Dr. Jekyll and Mr. Hyde esce nel 1931 ed è uno dei più grandi successi della Pre-Code Hollywood. Il film è naturalmente basato sul romanzo di Robert Louis Stevenson, come molti altri negli anni del muto – è un tema che ha sempre affascinato Hollywood – ed è diretto da Rouben Mamoulian e magistralmente interpretato da Fredric March, che grazie a questo film otterrà il suo primo Oscar e il premio al Festival del Cinema di Venezia. È proprio la proiezione di questo film sulla terrazza dell’Excelsior Palace Hotel che il 6 agosto 1932 apre la prima edizione del festival voluto dal regime. Il “gentile pubblico” di quella serata di gala sfarzosa probabilmente non ha colto la carica eversiva del film, che mette sul banco dell’accusa proprio l’ipocrisia dei tanti dottor Jekyll che pensano che sia colpa di Hyde, che usano Hyde come un comodo alibi. No, gli dice quella storia, siete voi, proprio voi, che non riuscite a dominare i vostri peggiori istinti, siete voi, proprio voi, che desiderate Ivy, che la volete possedere e alla fine la uccidete, i mostri siete voi, non date la colpa al povero Hyde. E proprio per questo siete peggiori di Scarface e di tutti gli altri che pure vi affrettate a condannare.

E siete voi che avete paura delle donne. Betty Boop è uno dei simboli di questi anni. E da voi deve fuggire, dal pericolo che voi “bravi” cittadini rappresentate per una ragazza che non ha paura di mostrare tutta la propria prorompente femminilità. In Minnie the Moucher la vediamo affrontare i pericoli della notte, gli scheletri e i demoni che raccontano un mondo di maschi che la teme e la desidera, che la condanna e la vuole possedere. Betty sarà duramente colpita dal Codice: la gonna dovrà essere molto più lunga, le spalle coperte, le forme meno pronunciate e morbide, dovrà scomparire la giarrettiera, simbolo di perdizione. E Betty morirà, non riuscirà a sopravvivere al Codice, perché non ne può accettare l’ipocrita violenza.

  • Luca Billi è noto sul web anche con il nome di Protagoras Abderites. Trovate un intero vocabolario delle sue storie, qui. Ha appena pubblicato il romanzo Una mucca alla finestra (Villaggio Maori Edizioni)

 

 

Credit: “Betty Boop pasted paper [Lyon, France]” by biphop is licensed under CC BY-NC-SA 2.0

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