Mettetevi comodi e preparate i popcorn: stasera doppio spettacolo.
Martedì 19 giugno 1973: i sessantatré posti della sala Upstairs del Royal Court Theatre di Sloane Square, a Chelsea, sono tutti occupati. Sulla scena i sedili di un vecchio cinema che sembra abbandonato. Un riflettore illumina una giovane usherette che percorre lentamente il corridoio della piccola sala con il suo vestito rosa, che non nasconde le belle gambe, e il vassoio dei dolciumi tenuto al collo da una fascia rossa. Però non cerca di venderci i suoi dolcetti alla fragola: vuole raccontarci, cantando, lo spettacolo a cui stiamo per assistere. E lo fa con una canzone bizzarra, quasi senza senso – una sorta di collage dadaista – citando film apparentemente a caso, solo per rispettare metrica e rime. Ma forse quei titoli non sono scelti in maniera così casuale. E per noi che amiamo i vecchi film in bianco e nero, il testo di quella canzone è davvero uno spasso.
Si comincia citando Michael Rennie, l’attore inglese, alto ed elegante, protagonista del film del 1951 The Day the Earth Stood Still – che in Italia conosciamo con il titolo Ultimatum alla Terra. Per gli appassionati di fantascienza è un classico del genere, così come la frase, nella lingua degli alieni, Klaatu, Barada, Nikto! che ferma il robot Gort nel momento in cui sta per distruggere la terra per vendicare la morte del suo compagno dalle sembianze umane.
Qualche anno prima nessuno aveva trovato le parole per fermare le bombe che avevano distrutto le città di Hiroshima e Nagasaki, nessuno, all’epoca in cui il film viene girato, sembra capace di trovare le parole per fermare una guerra che tutti sentono imminente. Non c’è salvezza in questo mondo, sembra il messaggio di quel film: bisogna sperare in un mondo diverso, bisogna sperare nell’arrivo degli alieni. Ma forse, come canta un poeta nato qualche anno dopo l’uscita di quel film, l’astronave è già passata e tu dormivi. Merita di essere ricordato il regista di quel film, Robert Wise, uno dei grandissimi artigiani di Hollywood, capace di fare film di qualsiasi genere, western, fantascientifici, bellici, anche se ha dato il meglio di sé nei film musicali e infatti ha ottenuto i suoi due Oscar per West Side Story e The Sound of Music.
Ma siamo appena all’inizio. Trixie ci annuncia un doppio spettacolo: un corto di Flash Gordon e L’uomo invisibile con Claude Rains. Sono tre le serie cinematografiche dedicate al personaggio creato da Alex Raymond: Flash Gordon del 1936, Flash Gordon’s Trip to Mars del ’38 e Flash Gordon Conquers the Universe del 1940. Ogni serie era divisa in quindici episodi.
Il cinema, prima del film in cartellone, proiettava ogni settimana un episodio, sperando quindi che gli spettatori tornassero anche quella successiva per vedere come andava a finire. Più o meno quello che “subiamo” noi adesso con le serie televisive: solo che l’obiettivo per farci “tornare” ogni sera sul nostro divano è quello di venderci un nuovo telefono, un nuovo shampoo, una nuova merendina, un nuovo “qualcosa”. Il Flash Gordon di quelle serie è Buster Crabbe, medaglia di bronzo nei 1500 metri di nuoto alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928 e medaglia d’oro nei 400 in quelle di Los Angeles quattro anni dopo; e poi una bella carriera nel cinema d’avventura. Francamente quei film sono più belli del colossal prodotto da Dino De Laurentiis nel 1980, che rischiamo di ricordare quasi soltanto per la conturbante bellezza di Ornella Muti che interpreta una poco vestita principessa Aura, senza comunque essere mai affascinante come la perfida Kala di Mariangela Melato.
The Invisible Man del 1933 segna il debutto cinematografico dell’attore inglese Claude Rains. Il suo viso non doveva apparire quasi mai durante il film – lo si vede solo alla fine, nelle ultime scene – e per questo quel ruolo è stato rifiutato da Boris Karloff. Però serviva una grande voce e il regista James Whale, che aveva già diretto Frankenstein due anni prima, ha capito subito che Rains sarebbe stato perfetto per quel ruolo, con quella sua voce così caratteristica. Ma non era sempre stato così: il giovane Claude, nonostante una grande passione per il teatro, ha difficoltà a parlare, oltre a un terribile accento cockney. Ma sir Herbert Beerbohm Tree, il fondatore della Royal Academy of Dramatic Art, è convinto che quel ragazzo possa diventare un grande attore. E così è stato e in seguito Rains è diventato docente in quella stessa scuola di recitazione, insieme ai suoi amici John Gielgud e Laurence Olivier. E noi abbiamo imparato a conoscere anche il viso di Claude Rains, che è stato uno dei grandi “cattivi” di Hollywood: il principe Giovanni in La leggenda di Robin Hood, il corrotto senatore Paine in Mr Smith va a Washington, il nazista Alexander Sebastian in Notorius; ma anche il grandissimo capitano Renault in Casablanca. E poi negli anni Sessanta, con la sua inconfondibile voce e l’innato aplomb inglese, è il professor Challenger in Mondo perduto e Mr Dryden in Lawrence d’Arabia.
Quanto cinema abbiamo già raccontato; e siamo solo al quarto verso della canzone. Poi arrivano Fay Wray e King Kong. Potete perfino non aver visto il film del 1933 prodotto dalla RKO e diretto da Merian C. Cooper and Ernest B. Schoedsack, potete perfino non conoscere esattamente la storia, ma tutti, proprio tutti, avete in testa l’immagine dell’enorme gigante che sulla cima dell’Empire State Building lotta contro quei biplani che volano come insetti intorno a lui.
Ma anche se quel mostro ci spaventa, tutte le volte che guardiamo quella scena speriamo che riesca a fuggire, che scenda sano e salvo da quel dannato grattacielo, perché ci fanno molta più paura gli uomini che lo vogliono uccidere. E quelli che da dietro le cineprese riprendono tutta la scena. Ma non abbiamo tempo di fermarci: it came from outer space. E qui Trixie ci porta due decenni avanti, nel 1953, quando esce il film che ha proprio questo titolo diretto da Jack Arnold, basato su un soggetto scritto da Ray Bradbury, che in Italia conosciamo come Destinazione… Terra! In questo film gli alieni non sono venuti per conquistare il nostro pianeta, ma sono naufragati qui perché la loro astronave è andata in avaria. Ma non sono come noi, non sono bianchi come noi, non sono cristiani come noi, non sono maschi come noi, e quindi dovranno sopportare tutti i nostri pregiudizi. Non sono i primi “diversi” che abbiamo fatto soffrire con la nostra ipocrisia e non saranno certo gli ultimi.
Basta pensare… Trixie ci annuncia già i due prossimi film: Doctor X del 1932 e Forbidden Planet del 1956. Se non avete visto il primo film, non vi rivelerò chi è il misterioso serial killer che uccide e sbrana le sue vittime nelle notti di luna piena. Ma vi dico che l’eroina che sta per cadere vittima di questo mostro è ancora una volta la sventurata Fay Wray, in uno dei tanti film della sua bella e lunga carriera. È morta a Manhattan l’8 agosto 2004, a novantasei anni, e due giorni dopo le luci dell’Empire State Building sono rimaste spente quindici minuti in sua memoria.
Il secondo invece è nelle intenzioni dei suoi autori una specie di versione fantascientifica della Tempesta di William Shakespeare: forse un obiettivo troppo ambizioso, per quanto rimanga comunque un ottimo film di fantascienza. I protagonisti sono Walter Pidgeon, una giovane Anne Francis – citata nella canzone – una delle tante possibili fidanzate d’America e un quasi esordiente Leslie Nielsen, che certo non avrebbe mai immaginato di diventare Frank Drebin. Pidgeon aveva la faccia e il portamento dell’eroe, del buono, ma ha saputo interpretare ruoli più complessi, come quello del bandito in La belva umana e appunto il dottor Morbius in questo film; ma noi lo ricorderemo come lo splendido coprotagonista, insieme a Totò, del film I due colonnelli, che Pidgeon recita in italiano, ovviamente con il suo marcato accento inglese. Però il vero protagonista del film è il robot Robby, creato da Robert Kinoshita su disegni di A. Arnold Gillespie e Mentor Huebner, che vedremo in altri sette film e in moltissime serie televisive, dalla Famiglia Addams a Mork & Mindy, da Colombo a Wonder Woman. E ha fatto anche molta pubblicità.
Tanti attori in carne e ossa sognano di fare la stessa carriera di Robby the Robot: senza riuscirci. Jack Arnold è uno specialista del genere e infatti nel 1955 dirige anche il successivo film citato da Trixie, Tarantula, insieme a uno dei suoi protagonisti Leo G. Carroll, che interpreta il professor Deemer, lo scienziato che ha creato il siero che rende giganteschi gli animali, compresa la tarantola che solo una squadriglia di jet armati di napalm – guidati da un giovane Clint Eastwood, non ancora il “buono” dei film di Sergio Leone – potrà distruggere. Leo G. Carroll, con quella sua aria misteriosa e altera, è un attore molto amato da Alfred Hitchcock: con lui girerà molti film e nel 1959 sarà il ‘Professore” di Intrigo internazionale. Sono enormi e giganteschi anche i trifidi, le piante che si staccano dal terreno e si nutrono di carne umana, i cui semi sono arrivati dallo spazio insieme a misteriosi meteoriti che hanno il potere di rendere ciechi chi li guarda. Il film è The Day of the Triffids del 1962, intitolato in Italia L’invasione dei mostri verdi, interpretato tra gli altri da Howard Keel, che non è più l’aitante Adamo Pontipee di Sette spose per sette fratelli. Anche se Trixie ricorda il film citando Janette Scott, l’attrice inglese che ha esordito come Cassandra in Elena di Troia di Robert Wise e negli Sessanta ha alternato con successo commedie romantiche e film di fantascienza. Janette è la biologa marina che insieme al marito vive su un faro in un’isola sperduta e che riuscirà a sconfiggere i trifidi gettandogli addosso acqua di mare.
A proposito di “mostri” pericolosi, la sceneggiatura del film viene accreditata al produttore esecutivo Philip Yordan, anche se l’ha scritta Bernard Gordon, che non può lavorare perché, in quanto iscritto al Partito comunista, è nella “lista nera”. Quando la Writers Guild of America ha cominciato ad accreditare correttamente le sceneggiature scritte sotto pseudonimi o attraverso prestanome, assegnando ai veri autori i loro crediti retroattivi, Gordon è quello che ne ha ricevuto di più di ogni altro scrittore della lista. Chi sono i “trifidi” più pericolosi? Una parte dell’America pensava si dovesse temere “l’invasione dei mostri rossi”, ma quanti film, quanti libri, quanti musical abbiamo perduto per l’ottusa idiozia di questi pretesi difensori dell’ordine costituito?
Dana Andrews ha la faccia da western, ma Otto Preminger capisce che può diventare anche un duro per i suoi noir. Ma Trixie si ricorda di lui per La notte del demonio, un horror inglese del 1957 diretto dall’esperto del genere Jacques Tourner, famoso per Il bacio della pantera e Ho camminato con uno zombie. Andrews è il professore statunitense John Holden, uno scienziato che non crede all’esistenza di forze misteriose e soprannaturali: ma in suo viaggio nella vecchia Inghilterra dovrà ricredersi, visto che avrà l’occasione di incontrare il demonio in persona, con la sua misteriosa pergamena scritta con caratteri runici.
Chissà se Trixie sa che George Pal, il prossimo nome che cita nella sua canzone, si chiamava György Pál Marczincsak ed era nato nel 1908 in quello che era ancora l’Impero Austro-ungarico, sotto il regno di Francesco Giuseppe. E forse non sa neppure che ha cominciato a fare film a Berlino negli anni d’oro dell’espressionismo tedesco, ma quando Hitler è andato al potere, è uno dei tanti cineasti europei che è dovuto fuggire a Hollywood, diventando uno dei grandi registi e produttori di film fantascientifici. Trixie ha visto certamente nel 1960 The Time Machine – in Italia L’uomo che visse nel futuro – con Rod Taylor e tanti altri film che lui ha prodotto, da When Worlds Collide a The War of the Worlds, e poi Conquest of Space. Perché a Trixie piacciono gli effetti speciali e Pal è un mago di questo cinema che ci tiene incollati alle poltrone. Ma chi è la misteriosa moglie di George Pal di cui parla Trixie? Questo non lo so neppure io, anche se ho un sospetto.
I miei lettori più attenti credono abbiano ormai capito sia il titolo della canzone che quello del musical che ha debuttato quella sera di giugno a Londra. Inutile dire che è stato un successo. È rimasto in cartellone fino al 20 luglio, ma poi è stato necessario trovare una sala più grande: dal 14 agosto al 20 ottobre in quella da duecentotrenta posti del Chelsea Classic Cinema e infine dal 3 novembre in quella da cinquecento posti del King’s Road Theatre, dove lo spettacolo è rimasto fino al 31 marzo 1979. Ma ormai nessuno avrebbe più fermato The Rocky Horror Show. Che nel 1973 vince anche l’Evening Standard Award come miglior musical. Merita di essere ricordato che quell’anno come miglior spettacolo viene premiato Saturday, Sunday, Monday, la versione inglese della commedia di Eduardo Sabato, domenica e lunedì, con Joan Plowright e Frank Finlay che interpretano Rosa e Peppino Priore e Olivier nel ruolo del vecchio Antonio Piscopo. Due spettacoli che, a modo loro, raccontano il tempo che cambia.
Quella giovane usherette che interpreta Science Fiction/Double Feature è Patricia Quinn, una trentenne attrice arrivata a Londra da Belfast con il sogno di sfondare nel West End. L’autore Richard O’Brien e il regista Jim Sharman la scelgono per il ruolo di Magenta e le chiedono di interpretare anche Trixie: non hanno certo i soldi per scritturare un’altra attrice. Due anni dopo il Rocky Horror diventerà un film e naturalmente Patricia sarà ancora la misteriosa e sensuale cameriera del Dr Frank-n-Furter. E quando alla fine compare in scena con la tuta spaziale per tornare nel suo pianeta i suoi capelli sono un chiaro omaggio alla moglie di Frankenstein. Nel film quella canzone deve accompagnare i titoli di testa e Sharman immagina che mentre canta Patricia vengano proiettati i fotogrammi di tutti i film citati. Ma ancora una volta bisogna fare i conti con il budget: acquistare i diritti di tutti quei film si rivela troppo dispendioso per la produzione. E allora Sharman ha un’idea: sarà O’Brien – ossia l’ineffabile Riff Raff – a cantare la canzone, ma le labbra rosse su sfondo nero – un omaggio a Lips di Man Ray – sono quelle di Patricia. Le labbra di una donna e la voce di un uomo: Science Fiction/Double Feature in un mondo che sta cambiando, anche se molti “terrestri” fanno di tutto affinché questo non accada. Ma noi, come Trixie, continueremo a fare il tifo per Kong e per tutti i “diversi” che lottano affinché questo mondo sia la loro “casa”.
- Luca Billi è noto sul web anche con il nome di Protagoras Abderites. Trovate un intero vocabolario delle sue storie, qui. Ha appena pubblicato il romanzo Una mucca alla finestra (Villaggio Maori Edizioni)