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Allonsanfàn
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Odio di Daniele Rielli. Il grande romanzo distopico di un mondo tutto app e dati

Il cosiddetto “romanzo dell’intellettuale” degli anni Sessanta, quello con protagonista un borghese che ha più visione di mondo rispetto all’operaio dei tempi neorealisti – penso a Moravia e Parise, tanto per fare due passi nel passato, tra La Noia, L’Attenzione, o Il Padrone – può reincarnarsi in questi anni Venti nel fittizio ma verosimile memoir, denso di riflessioni ad ampio raggio e accurato nei dettagli tecnici, del giovane geniale Ceo della startup accanto.

Illuminato ai primordi da Napster e dal porno peer-to-peer, ingolosito nell’ego dai blog anonimi in cui cazzeggiare e drogarsi di contatti, sparato infine nel cielo di silicio da quel più di intelligenza pratica che gli fa dimenticare il luddismo e un’inutile laurea in filosofia – la quale però lo rende quasi a malincuore “un umanista sul carro del futuro”, “un creatore a tempo pieno di illusioni fuorvianti” invece che un’immobile architrave del capitalismo – Marco De Sanctis detto DeSa, protagonista di Odio di Daniele Rielli (Bolzano, 1982) si imbarca nella versione più materiale della Rete: prima in contatto col potere politico, con cosmesi del proprio linguaggio lamentoso e nichilista, poi libero sul mercato tra app e dati, app e dati, app e dati, fino a chissà dove.

Parte torrenziale e divertente, saccente e istruttivo, con ostensione di intelligenza e coolness il nuovo titolo dell’ex blogger Quit the doner, passato – riprendendo nome e cognome – dalla Gallina per Bompiani e dai racconti per Adelphi a questo possibile grande romanzo contemporaneo, visto che siamo in una sorta di italica distopia e che Rielli non ha nessuna intenzione – nella gran foga affabulatoria e confessionale (del protagonista, certo, ma forse un po’ pure sua) – di buttar via niente.

Nella fattispecie, ha preparato un buon vecchio impasto di verità e fiction, seppure non sembri sempre scaltro. Ci sono svolte di trama un po’ telefonate, soprattutto quando Rielli comincia a “overprodursi” annodando i fili verso il finale – un’ossessione che rischia di ricondurre anche chi può starne agevolmente fuori nei recinti dell’opera di genere -, così come è convenzionale la love story, pura come acqua di fonte all’inferno, la quale fa franare in un nanosecondo in DeSa le dighe epocali del cinismo da milieu romano e da orizzonte internettiano.

Eppure può anche essere che lo scrittore guardi più lontano di noi, conquistati peraltro dallo scorrere delle pagine; e persino che ogni apparente debolezza del testo – nel senso di una scivolata in un clima troppo pop e cinematografico in senso hollywoodiano se non fumettistico – si debba non a imperizia imprevista in uno chef stellato ma alla capacità del cuoco astuto che, per tenerci al tavolo, cucini usando più l’algoritmo che il proprio gusto (ricordatevene al termine del libro).

Comunque. Odio, e Rielli lo scrive, è per forza di cose “brandelli di verità” e “squarci di menzogna” inevitabili a chi vuol far letteratura, all’interno di un’ossatura forte che ha a monte un lontano omicidio – in cui DeSa è coinvolto quando ancora nel mondo vige la legge del giornalista ipocrita e forcaiolo – prosegue con un po’ di salvifica vita alternativa berlinese e una serie di serate-evento organizzate in una Bologna già post Dams, cui si attacca la vera serie di fuochi d’artificio di DeSa: gli incontri fatali con gli incubatori del nuovo – e un ambiguo deus ex machina, il Mastro -, il contatto frustrante con la politica alla corte di un presuntuoso Renzi di governo, e poi la folle corsa a ostacoli per piazzare al meglio una startup, BEFORE, che può consegnare più dati possibili di consumatori a chi può riempirli di merce e, non bastasse questa, ecco pronto il braccialetto che traccia un profilo emotivo di noi poveri umani monitorandoci e svelandoci a noi stessi secondo per secondo.

Poveri umani o uomini fortunati? Perché a un tratto DeSa quasi si convince che l’esser trasparenti per via telematica, invece che esporci come burattini al fuoco di fila degli algidi input commerciali tagliati su misura su noi consumati consumatori, potrebbe renderci, più per verità che per paradosso, meglio consapevoli e avvertiti su quel che davvero siamo.

In questo dilemma, può capitare che il vecchio “romanzo dell’intellettuale”, il quale ci regalava una volta tanta sapienza e coscienza, possa contaminarsi negli anni Venti con la fantascienza sociologica. Che la citazione da René Girard – quella che dà il titolo al romanzo: “Colui che odia, odia innanzitutto se stesso. A causa della segreta ammirazione che il suo odio dissimula” – offra il destro per recuperare la teoria del capro espiatorio del pensatore francese, farne lo spunto per un saggetto firmato da DeSa o proiettarci in un fosco futuro, da Lotteria di Shirley Jackson, animato da una folla che si muove per desideri mimetici delle medesime cose (sempre Girard).

La parola vada ai lettori, cui spetta di scorrere 528 pagine che possono essere o fingersi alta filosofia o blando suspenser, analisi acuta del popolo dei social, dei suoi like e selfie, oppure adorazione e sbertucciamento degli idoli della galassia web, senza trascurare al tirar delle somme la fustigazione dei costumi italici sotto nuovo dominio tecnologico, esposti a un media unico e invadente – con un bel ciao all’irrilevante tv degli anziani e alla stampa, costretta a ingrandire i caratteri tipografici per i suoi residuali clienti senescenti.

Non per caso ci tocca assistere a un non imprevedibile ma egualmente potente cambio di passo nel finale… – e se qui mettiamo i puntini puntini è per dire che non vogliamo spoilerare il testo, ma lasciarlo aperto, così come, svelandosi poco a poco, fa con noi DeSa cioè l’autore.

Per i solutori più esperti, dopo il The End, si prosegue sul web, nel sito di Daniele Rielli, con due appendici tecnologiche che hanno un significato evidente, come le tante citazioni del testo, da Ennio Flaiano a Steve Jobs e ritorno: allargare i confini – anche oltre la carta – della lettura e della consapevolezza.

IL LIBRO Daniele Rielli, Odio, Mondadori

 

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