È martedì 10 dicembre 2019 e Gabriele Dadati ha quasi terminato l’allestimento della mostra alla Galleria d’arte moderna Ricci Oddi di Piacenza che celebra, a dieci anni dalla sua scomparsa, il direttore del museo Stefano Fugazza. Gli manca solo di dire qualche parola all’inaugurazione.
Gabriele si rilassa.
E fa male.
Alle 17.28 gli arriva un messaggio: è ricomparso il quadro di Gustav Klimt, Ritratto di signora, rubato dalla Galleria nel 1997, un anno dopo l’arrivo di Fugazza.
È l’inizio di La modella di Klimt. La vera storia del capolavoro ritrovato (Baldini+Castoldi), una storia che per sette capitoli, tra misteri e rivelazioni, tiene alta la tensione in un clima d’incertezza che mai come oggi tutti conoscono bene.
Dadati usa con se stesso un tono scanzonato che purtroppo non concede agli altri suoi personaggi e ci trascina in una vicenda che ne racchiude simbolicamente molte altre.
Dedica la copertina del suo libro al quadro di cui racconta la storia. Un dipinto a olio di Gustav Klimt del 1910, dove la carnagione di Anna e il bianco dei denti, appena visibili tra le labbra dischiuse, acquistano potenza espressiva contro il nero dei capelli e i colori scuri dello sfondo. La forma nasce con il colore e la pennellata si fa più rapida e immediata come accade nelle ultime opere di Klimt.
Con la morte dell’imperatore Francesco Giuseppe nel 1916 finisce un’epoca e il Ritratto di signora porta i segni dell’imminente tramonto dell’atmosfera mondana dorata dei salotti viennesi. Anna non è più una donna fatale e sofisticata, ma è una giovane sarta prestata come modella e il suo ritratto, fotografato in cartolina, doveva pubblicizzare un atelier di moda.
È la storia di un ritratto doppio, perché alla prima versione Klimt rimette mano nel 1917, poco prima di morire, e la donna si spoglia della sciarpa vaporosa e dell’ampio cappello per indossare solo una camicetta, molto speciale come si scopre leggendo.
È la storia di un mistero che ruota attorno al furto del quadro e alla sua restituzione vent’anni dopo in un sacco nero nascosto in una nicchia perimetrale della Ricci Oddi.
È la storia di un’amicizia raccontata senza alcuna retorica fra due storici dell’arte, l’indimenticabile Stefano Fugazza e Gabriele Dadati suo assistente alla Galleria dal 2006 al 2009.
È la storia della neve che Fugazza amava e che scende nei momenti più significativi della vita dei personaggi.
È la storia di madri che sacrificano la vita dando alla luce i figli.
Tra storia dell’arte e narrativa, tra vero e verosimile, Dadati ha il merito di non dare una risposta a tutto. Piuttosto viene voglia di andare a Piacenza (quando sarà possibile), bere un caffè al Grande Albergo Roma (e i lettori ne sapranno il motivo) e poi andare alla Ricci Oddi per osservare il Ritratto ricordando quello che di sé scriveva Gustav Klimt: “Chi vuole sapere più di me, cioè sull’artista, l’unico che vale la pena di conoscere, osservi attentamente i miei dipinti per rintracciarvi chi sono e cosa voglio”.
Il libro: Gabriele Dadati, La modella di Klimt. La vera storia del capolavoro ritrovato (Baldini+Castoldi)