Alla luce dei quattro brevi saggi raccolti in Invito alla meraviglia, per un incontro ravvicinato con la scienza (Einaudi), viene immediato rammentare che in romanzi essenziali per la definizione dello sguardo di Ian McEwan (Aldershot, 1948) proprio uomini di scienza sono protagonisti: un neurochirurgo in Saturday (2005) e un fisico teorico in Sonar (2010) di cui è ricostruito, prima ancora dell’ambiente in cui operano, il way of thinking.
Sonar in particolare è la “satira dei bassi impulsi di uno scienziato assurdo ma celebra le alte ambizioni della ricerca scientifica” (da impeccabile recensione su The Independent).
Non per caso uno tra i testi della recente e quasi urgente produzione di McEwan, Macchine come me (2020), oltre che un racconto morale, è una sorta di trattato di robotica dedicato a una futuristica vecchia Inghilterra in cui Alan Turing non è mai morto – e se il romanzo è riuscito un po’ macchinoso tipo automa di latta e neppure di ultima generazione, troviamo per McEwan ogni attenuante possibile.
Ecco: pur se composto di testi occasionali (datati 2003-2019), non sorprende la compattezza di questo piccolo volume su una meraviglia – quella della scienza – che non appartiene al nostro DNA di presunti forti lettori di meravigliosi romanzi.
Per il semplice motivo che alle prese con un romanzo partiamo alla pari con chi scrive, mentre nell’accostarci a una scoperta scientifica – al fine di concederci il privilegio dello stupore – abbiamo bisogno di possedere una conoscenza pregressa e specifica.
Ciò avviene – e McEwan lo spiega nel primo testo attraverso la visione di Darwin – perché dividiamo con uno scrittore, di qualunque tempo e latitudine “un terreno emotivo comune, un vasto serbatoio di presupposti”. Esistono qualità umane che trascendono la cultura, nonostante la natura dell’uomo sia percepita nella storia letteraria come “un’entità fragile”, soggetta a rivoluzioni. Gli scrittori paiono preferire, in fatto di creazione, “il miracolo esplosivo di una nascita” al meno spettacolare continuum di un cambiamento infinitesimale, come quello che sta sotto l’occhio di un biologo.
Forse per questo, tra queste pagine anche noi ci divertiamo di più e ci rifugiamo molto volentieri in ogni piega letteraria, ammirati da come McEwan sa mescolare Lucrezio e Larkin, Milton e Virginia Wolf (la più citata) – il fil rouge di questi vent’anni di riflessioni consistendo anche nel parallelismo tra i due ambienti, scientifico e letterario, e le loro peculiarità nel costruire il discorso.
Un esempio della godibilità narrativa del testo è la seconda lettura, L’originalità della specie, in cui McEwan parla di giganti in spalla a giganti; di quando Darwin ed Einstein pubblicarono i loro lavori cruciali temendo di perdere il primato delle loro scoperte: Darwin incalzato da Alfred Wallace – la storia di questo outsider è stata raccontata magistralmente dall’ultimo Tom Wolfe (Il regno della parola, Giunti) – Einstein da David Hilbert.
Ecco: forse avremmo preferito un McEwan più attuale, pubblicistico, impegnato in temi all’ordine del giorno, e pronto a discettare sull’ondata populista contro la competenza – ben diversa dalla rivendicazione di incompetenza di Montaigne, che ritroviamo qui –, su social network e algoritmi, capaci di farci credere a qualsiasi complotto, sulla necessità di un’identità digitale contro la piaga dell’anonimato.
Ciò concerne l’ultima produzione giornalistica dell’inglese. Ne troviamo però un inquadramento nell’ampio respiro dei due saggetti conclusivi, Blues della fine del mondo, che è una riflessione sulla cultura dell’Apocalisse, e L’Io, in punta di penna tra mente e cervello, tra causa e prodotto del pensiero.
Resta, a scusante della nostra ignoranza, una considerazione. McEwan avverte che la scienza non ha ancora trovato “un’epopea di sufficiente impatto, semplicità e fascino per competere con le antiche storie che danno senso alla vita della gente” e ha facile gioco a imputare alla religione la causa di un disinteresse collettivo alla conoscenza, scientifica e persino personale. Dietro questo capro espiatorio ci nascondiamo.
IL LIBRO Ian McEwan, Invito alla meraviglia, per un incontro ravvicinato con la scienza, traduzione Susanna Basso e Norman Gobetti (Einaudi)
Cover: “Ian McEwan no Fronteiras do Pensamento São Paulo 2016” by fronteirasweb is licensed under CC BY-SA 2.0