È una citazione colta e raffinata del nudo classico, il quadro Banja di Zinaida Serebrjakova del 1913 (nell’immagine sopra). Su questa tela rivive il modello degli antichi nella ricerca della plasticità dei corpi, con la linea e la luce a creare le forme, in una composizione che rivela le suggestioni dell’arte del passato.
È un’opera che cattura l’attenzione all’interno della mostra Divine e Avanguardie, le donne nell’arte russa (catalogo Skira) al Palazzo Reale di Milano, ora in stand by secondo quanto disposto dall’ultimo Dpcm, ma in programma fino al 5 aprile 2021. Zidaina Serebrjakova, a cui è dedicato uno spazio importante, è una pittrice versatile come si comprende dalle sue opere, da Banja a Camerino. Fiocchi di neve (Balletto Schiaccianoci), dove vive il ricordo delle ballerine dell’Ottocento impressionista parigino.
Dal 1900 al 1930 nella Russia degli artisti scoppia un incendio: in nome della libertà e della verità, le Avanguardie rivoluzionano l’arte. Gli artisti, uomini e donne, viaggiano e spesso si trasferiscono a lavorare in Europa, lontani da ogni forma di repressione. Qui i russi possono sperimentare, in nome di un’arte autonoma da religione e politica che dialoga con la pittura europea contemporanea. Pieni di nostalgia per la propria patria, si appropriano dei modelli europei e li rivivono in chiave nazionale con uno sguardo appassionato alla gente, ai contadini, ai ceti popolari urbani, alle fiabe e alle icone di cui si avverte il ricordo nell’antinaturalismo delle figure in posa rigida e frontale.
La tradizione artistica russa è evidente in certe figure e nell’uso di determinati colori, come il blu dello sfondo dei Contadini di Natalia Gončarova, altra grande protagonista delle Avanguardie russe. Un blu scuro che riconduce alla tradizione degli affreschi bizantini e crea un senso di profondità, mentre il contorno ocra dei personaggi ne mette in risalto la consistenza materiale. L’essenza dell’immagine è tutta dentro quelle linee. Se alcune pittrici sono sedotte dai modi dell’impressionismo, la lezione di Cézanne o di Braque si rivela altrove nelle forme concrete, nella chiarezza scultorea e nella linea semplificata di molte delle opere esposte nel capitolo della mostra dedicato alle artiste delle Avanguardie.
Questa grande illusione si compie stretta tra il realismo russo di fine Ottocento e l’imposizione del realismo socialista da parte di Stalin nel 1934.
L’altro capitolo celebra le Divine: sante, zarine, imperatrici, contadine, madri e sensuali modelle. Donne russe spesso raccontate sulla tela da pittori uomini, anche loro protagonisti nel trentennio di fuoco, in un duello di genere tra visioni figurative che finisce in parità. Se Gončarova dice dell’impressionismo che è una traduzione oscura e incerta della prima impressione, Filipp Maljavin, in Donne (di campagna) del 1905, lo evoca con modi spregiudicati. Il rosso acceso dei costumi aggredisce la tela e la luce vibra in tutto questo colore e concorre all’espressività realistica dell’immagine. Ha uno stile analogo Pëtr Končalovskij in Modella con i capelli rossi allo specchio del 1923: la cifra stilistica è quella diffusa in tutta Europa all’inizio del secolo mentre l’espressività cromatica è ancora affidata al blu scuro della tradizione culturale russa, che più di altre mantiene un’originalità propria in un rapporto profondo con la storia, la poesia, la riflessione filosofica intrecciate al fatto visivo.
Una mostra di più di ottanta opere da vedere una volta per farsi un’opinione sull’arte russa dei primi trent’anni del Novecento e le volte successive per rivedere i quadri che sono piaciuti di più.
Per info, scrivere a c.mostre@comune.milano.it
Foto in alto di apertura: Zinaida Serebrjakova Banja, 1913 Olio su tela, 136 x 177,5 ©State Russian Museum, St. Petersburg