Qualcuno ha scritto che non è lui il protagonista di Padrenostro, perché va in scena meno dei due ragazzini, e infatti: Pierfrancesco Favino non è il protagonista del film, ma il dio cui il film è consacrato, non prescindendo da lui neppure per un’inquadratura, neppure quando è immoto – resti la scena in cui, spiato dai ragazzini-figli, dorme indifeso a letto nella posa del Cristo del Mantegna.
Dunque. Roma, anni Settanta, storia di terrorismo rosso, vista davvero dal basso, dagli occhi del decenne Valerio: assiste con la madre Gina all’attentato ai danni del padre, Alfonso, da parte di un commando dei Nap. Il padre sparisce in ospedale, poi riappare, sanato. Al bambino rimane tutto negli occhi, in particolare la morte di un terrorista, il sangue addosso e sull’asfalto.
D’estate, ritorno al paese, in Calabria. Il padre cerca di resuscitare alla normalità il quotidiano di una famiglia sconvolta. Sotto scorta. Ma è lui, Alfonso, il primo a essere trafitto dall’insicurezza che può aprirsi sul baratro della paura. Un guaio per un dio, il dio di suo figlio.
Valerio guarda tutto e vive una sua ansiosa ribellione, facendosi spalleggiare da Christian, l’amico misterioso incontrato per strada, poco più grande di lui. Christian che forse è, forse no, ma comunque ha tutte le carte in regola – nel racconto sempre tentato da simboli e metafore – per essere un amico immaginario.
Nato da una storia vera, quella del regista, raccontato (un po’ troppo) per frammenti, in bilico (un po’ troppo) tra realtà e elaborazione fantastica del trauma, il film di Claudio Noce trova il suo equilibrio soltanto nel Padrenostro Favino. Una faccia come una carta del tempo, che dice tutto da sola. Un corpo pesante e appesantito – anche dalle cravatte d’epoca con super nodo – che satura lo schermo. E dunque una Coppa Volpi che pare sacrosanta non solo per questo film ma, quasi, per uno scorcio bellissimo di carriera.
Di Noce avevamo amato La foresta di ghiaccio (2014), il secondo lungometraggio: l’indagine abbastanza kafkiana ma in pratica molto pericolosa del tecnico Domenico Diele in una centrale elettrica sul confine sloveno. In seguito, il regista romano ha firmato i più concreti episodi del poliziesco Non uccidere di Claudio Corbucci nel 2017 e quattro puntate della miniserie Sky 1994 nel 2019.
Padrenostro, nato dall’attentato del 14 dicembre 1976 in cui persero la vita il poliziotto Palumbo e il nappista Zichittella, gli offre l’occasione di unire vita e mestiere. Si esce dal cinema e si discute animatamente sulla cornice apposta alla vicenda, dove Noce, come prevedibile fin dall’inizio, offre un possibile o auspicabile the end affidato ai protagonisti divenuti adulti.