Dal 21 al 30 gennaio, è online la 32ª edizione del Trieste Film Festival, #TSFF32. Diretto da Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo, non rinuncia alla missione di “portare in Italia il meglio del cinema dell’Europa centro orientale, ma anche – basti pensare alle edizioni dedicate al Muro di Berlino e alla riunificazione della Germania – tenere viva la memoria delle pagine più importanti della storia di questa parte di (vecchio) continente”. La pandemia non ha permesso, per ragioni pratiche, di onorare il trentennale delle guerre balcaniche, ma gli organizzatori sperano nella primavera.
29 lungometraggi, 19 documentari, 16 cortometraggi, 25 eventi collaterali. Si apre con Underground di Emir Kusturica e si chiude con Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos (nella fotografia, in alto), sul cui set morì Gian Maria Volonté. La 32ª edizione del Trieste Film Festival è tutta online su MYmovies con un calendario giornaliero – a prezzi diversi – e i contenuti accessibili per 72 ore dopo la prima trasmissione. Il festival sarà visibile solo da persone collegate dall’Italia. Fuori dagli sche(r)mi e Wild Roses: Registe in Europa sono le due più ghiotte sezioni collaterali. Nella prima, il romeno Cristi Puiu con l’anteprima italiana di Malmkrog, già premiato alla Berlinale. Nella seconda, cinque registe presenti in streaming (e che parteciperanno a un panel): Hanna Polak, Agnieszka Smoczyńska, Anna Zamecka, Anna Jadowska e Jagoda Szelc. Qui tutto il programma.
- I tredici lungometraggi in concorso
Beginning di Dea Kulumbegashvili, selezionato a Cannes 2020 e premiato a San Sebastian. Siamo in Georgia: Yana, moglie del leader di una comunità di Testimoni di Geova, dubita del marito e della fede dopo l’attentato di un gruppo estremista.
Sweat di Magnus von Horn, svedese di nascita, polacco di adozione, selezionato a Cannes 2020: tre giorni nella vita di una fitness-influencer che da Instagram star diventa vittima di uno stalker. Horn è noto per docu sulla violenza giovanile e per il lungometraggio The Here After.
Father di Srdan Golubović. Premio del pubblico nella sezione Panorama dell’ultima Berlinale. Un padre, in una piccola cittadina serba, si vede sequestrati i figli dai servizi sociali, dopo che la madre ha commesso un gesto disperato dettato dalla miseria.
Exil di Visar Morina, passato al Sundance, ambientato tra Kosovo e Germania, è una riflessione sulle discriminazioni dell’Occidente: racconta la solitudine di un ingegnere farmaceutico isolato per ragioni etniche (o dalla sua paranoia?).
Pari di Siamak Etemadi, una madre iraniana alla ricerca del figlio scomparso ad Atene.
Andromeda Galaxy di More Raça. Un padre è disposto a tutto pur di lasciare il Kosovo e garantire alla figlia un futuro migliore in Germania. “Una storia padre-figlia raccontata in modo agrodolce e di cuore, e alcune soluzioni visive molto creative” (Cineuropa).
In the Dusk di Šarūnas Bartas, selezionato a Cannes 2020 e presentato a San Sebastian. “1948, durante la seconda fase resistenziale della Lituania contro l’occupazione sovietica, il diciannovenne Ute si confronterà con il dubbio, la violenza e il tradimento” (Indie-eye)
I Never Cry di Piotr Domalevski: lo sguardo del regista polacco sulle difficoltà delle famiglie separate dall’emigrazione. È un nome su cui puntare: definito il Ken Loach polacco, ha in cantiere il terzo film, una storia di guerra ambientata in Afghanistan, che si ispira al libro Betrayed della giornalista Edyta Żemła, e ha firmato Sexify, una serie Netflix che ha co-diretto con Kalina Alabrudzińska, su tre ragazze che creano una app dedicata al sesso.
Fear di Ivaylo Hristov, un dramma dalla Bulgaria, che vira in commedia. Svetla insegna in una scuola che viene chiusa perché non ci sono abbastanza studenti nel villaggio al confine con la Turchia. Tutto cambia quando la donna si imbatte in un rifugiato.
So She Doesn’t Live di Faruk Lončarević: si ispira a un caso di femminicidio nella Bosnia post-bellica. Aida, dopo la rottura con il fidanzato, il violento Kerim, inizia una relazione con un altro uomo, cercando di liberarsi dal passato.
A Frenchman di Andrej Smirnov. La Mosca del 1957 vista con gli occhi di un ragazzo francese, figlio di un ufficiale arrestato negli anni Trenta: ospite per uno stage, Pierre conosce una ballerina e fotografa del Teatro Bol’šoj. Smirnov (classe 1941) è conosciuto per la storia intimista di Autunno (1974).
The Campaign di Marian Crișan. Un politico romeno in odor di corruzione a caccia di voti per un seggio a Strasburgo. Con Morgen ha vinto nel 1910 il premio della giuria al Festival di Locarno.
My Morning Laughter di Marko Đorđević: un debutto da uno spunto autobiografico. Racconta la conquista della libertà di un trentenne che ha vissuto troppo a lungo con i genitori