Israel ha smesso di scrivere l’11 luglio 1937: senza le note di Jacob gli sembra che le sue parole siano vuote. Inutili. Ha sempre saputo che quei versi, che uscivano in maniera così apparentemente facile dalla sua penna, servivano soltanto per permettere al fratello di creare quella musica straordinaria, la musica del Novecento. Senza George, i Gershwin non esistono più. Eppure Ira sente di avere ancora delle storie da raccontare, ma il dolore per quella perdita è troppo forte. La sua vita è scrivere, ma non sa perché dovrebbe ricominciare a farlo. Il suo dramma in quegli anni è tutto qui, dannatamente semplice da capire, ma praticamente impossibile da risolvere.
Ira ha assistito nell’aprile del 1933 all’Empire Theatre a una delle dodici repliche di The Threepenny Opera. Anche il loro spettacolo di quell’anno, Pardon My English è stato un fiasco: solo quarantatre repliche. Ma Ira sapeva che il loro musical non funzionava, lo avevano scritto troppo in fretta e poi c’erano stati molti intoppi, a cominciare dal ritiro di Jack Buchanan, che, con la sua classe, avrebbe potuto salvare quello spettacolo maledetto. Invece Ira capisce subito che quella strana opera scritta da quei due tedeschi – praticamente loro coetanei – è molto interessante, anche se la messa in scena proprio non va, troppo sciatta per Broadway negli anni Trenta. E poi c’è troppa politica. Nel pubblico quelli come Mackie e Peachum e “Tiger” Brown sono decisamente la maggioranza: non possono applaudire una dramma che mostra tutta la loro cattiveria, la loro meschinità, la loro corruzione. Ira però è uno del mestiere e sa che le canzoni sono splendide e la musica davvero coinvolgente.
Quando, all’inizio del 1940, Moss Hart va da Ira per chiedergli di scrivere le parole delle canzoni del suo nuovo musical, Gershwin all’inizio rifiuta: Moss dovrebbe sapere che ormai lui ha smesso di comporre canzoni. Ma poi gli dice che l’autore delle musiche sarà Kurt Weill, che è negli Stati Uniti già dal 1935. È dovuto fuggire dalla Germania nel marzo del 1933. Stare nel suo paese ormai per lui è troppo pericoloso: è ebreo, ma soprattutto è comunista, è uno che ha sempre denunciato il potere. E al nuovo potere quelli come Kurt Weill proprio non piacciono. Sono tanti quelli come Kurt arrivati negli Stati Uniti, perché ormai è tutta l’Europa a essere diventata inospitale. Ira e George lo hanno incontrato una volta. Sono andati a trovare lui e Lotte fino a Pine Brooke, nel Connecticut, ma quella “comune” di artisti non faceva per i Gershwin. Alla fine del 1938 Ira ha assistito a una rappresentazione di Knickerbocker Holiday e ha amato moltissimo September Song.
Mentre Moss gli illustra il progetto, Ira pensa che forse potrebbe tentare. Dopotutto L’opera da tre soldi e Porgy and Bess sono le prime opere liriche del secolo nuovo. Certo Puccini è più grande di loro, la Turandot è un capolavoro assoluto, ma il compositore italiano è nato nell’Ottocento, Ira è convinto che sia con la musica di Gershwin e di Weill, con quelle loro opere così diverse da tutto quello che c’è stato prima, che sia nata davvero l’opera nell’età del jazz. E poi Ira si fida di Moss. Anche lui è un figlio del Novecento, è poco più giovane di loro, ed è nato e cresciuto nel Bronx da una famiglia di origine ebraica. Lui e George sono nati a Brooklyn. A Ira sono piaciute le commedie che Moss ha scritto con Kaufman e anche Jubilee, con le canzoni di Porter. Ed è felice di poter tornare a lavorare con Gertrude, più di dieci anni dopo Oh, Kay, che ha debuttato l’8 novembre 1926, a otto giorni dalla prima di Turandot al Metropolitan. Ira pensa che è una donna di spirito: anche se Moss l’ha presa in giro scrivendo su di lei il personaggio di Lorraine Sheldon in The Man Who Came to Dinner, ha accettato con entusiasmo la parte.
D’altra parte Lady in the Dark sembra scritto apposta per Gertrude Lawrence: è uno di quei personaggi che lei ama alla follia e che sa far vivere con il suo incredibile talento. Una donna forte, una che non aspetta il principe azzurro. Il personaggio principale dello spettacolo si chiama Liza Eliott ed è la direttrice di una nota rivista di moda, Allure.
Liza è una donna affermata e importante, bella e amata, eppure è infelice. Anche se non è molto convinta che questo serva a risolvere i suoi problemi, si rivolge a uno psicanalista. Moss Hart conosce bene questa disciplina, perché anche lui è stato in cura presso il celebre analista russo Gregory Zilboor, che è stato anche ministro del lavoro nei governi “borghesi” di Lvov e Kerensky. Lo studio del dottor Zilboor negli anni Trenta a Manhattan ha ospitato molti artisti: anche George Gershwin e Kay Swift, e ancora la scrittrice Lillian Helmann, che soffre per la tormentata storia d’amore con Dashiell Hammett. In seguito anche Ernest Hemingway sarà uno dei suoi pazienti.
Moss spiega ad Ira che le canzoni che lui scriverà saranno eseguite in tre sequenze oniriche: The Glamour Dream, The Wedding Dream e The Circus Dream. Uno strano sogno quest’ultimo, che diventa alla fine una specie di processo. E si chiude ovviamente con l’arringa in cui Liza difende la sua volontà di essere indecisa. Ira si mette subito a scrivere, perché in Lady in the Dark le canzoni sono parte integrante del testo, non può solo inventare qualche bella rima, deve raccontare una storia, proprio come in Porgy and Bess, proprio come nelle opere di Verdi e di Puccini. E sa che Kurt riuscirà a trasformare quelle sue parole in una musica fantastica.
E Ira torna a divertirsi. Nel cast dello spettacolo c’è una ragazzo, anche lui un ebreo di Brooklyn, un tipetto buffo, uno che riesce a cantare senza prendere fiato. Danny Kaye è stato scelto per interpretare il fotografo di moda Russell Paxton, il primo personaggio apertamente omosessuale in un musical di Broadway. Un ruolo di contorno, una specie di folletto che compare in tutti i sogni di Liza e in The Circus Dream Ira e Kurt scrivono proprio per lui quel piccolo gioiello che è Tschaikowsky (and Other Russians): Danny deve riuscire a pronunciare in meno di quaranta secondi i nomi di cinquanta compositori russi. Ovviamente ci riuscirà, anzi riesce ogni volta a far sembrare che quella bizzarra filastrocca duri sempre meno. E sarà l’inizio di una grande carriera.
La difesa di Liza, la sua strenua lotta per continuare a essere indecisa, è una delle più belle canzoni che Ira Gershwin e Kurt Weill abbiano mai scritto, uno dei classici del teatro musicale, diventata il banco di prova per tante artiste. Gertrude Lawrence la interpreta alla perfezione e ogni sera il pubblico chiede il bis di The Saga of Jenny. Jenny non è come Liza, è una donna che prende una decisione. Sempre. A tre anni decide di avere un bellissimo albero di Natale. Il giorno della vigilia lo addobba con tutte le candele che trova in casa; e così a Natale si ritrova orfana di padre e di madre, anzi nell’incendio muoiono anche il fratello e la sorella. A dodici anni decide di imparare delle lingue straniere, ma a diciassette scopre che non sa dire no, anche se in ventisette lingue diverse. A ventidue anni decide di trovare un marito. E l’ha trovato, solo che non è il suo. A trentanove anni anni decide di fare una vacanza in Argentina e pare che nessuno come lei abbia sostenuto la politica di Roosevelt per intrattenere rapporti amichevoli con i paesi dell’America latina. A cinquantun’anni decide di scrivere la proprie memorie, ma il libro è stato appena pubblicato e già ci sono mogli che sparano ai propri mariti in trentatre stati. A settantacinque anni decide di diventare la donna più vecchia del mondo, ma un anno dopo il destino – e il gin – ci mette lo zampino. Forse – è questa la morale di questa bizzarra storia – sarebbe stato meglio se la povera Jenny non fosse stata una donna così decisa. Liza non è un’eroina di Verdi o di Puccini, anche se è forte come Aida e ribelle come Turandot. È una donna del Novecento, che accetta di andare in analisi. E che alla fine è orgogliosa del suo essere indecisa. È l’eroina perfetta per l’opera dell’età del jazz.
- Luca Billi è noto sul web anche con il nome di Protagoras Abderites. Trovate un intero vocabolario delle sue storie, qui. Ha appena pubblicato il romanzo Una mucca alla finestra (Villaggio Maori Edizioni)