Sarà un premio o una punizione, mi chiedevo mentre scrollavo le 300 pagine de L’intimità̀ pubblica, il saggio di Carlo Bordoni da oggi in libreria per La Nave di Teseo che la redazione di Allosanfàn mi ha graziosamente inviato. Diciamo subito che, premio o punizione, ne è valsa la pena. Il lavoro che l’autore ha coerentemente dedicato alla moglie Daniela tratta tra le altre cose della più clamorosa contraddizione della nostra epoca: la perdita di quella virtù che un tempo veniva chiamata decoro.
Perché mai, si domanda Bordoni, persone altrimenti avvedute espongono se stesse sui social senza filtri né pudore rinunciando al proprio privato, alla propria intimità. Forse per essere riconosciuti (più che conosciuti). O forse, ipotesi ancora più terribile, “si potrebbe trattare di bisogno d’amore” come cantava Patty Pravo. La solitudine è il debito che abbiamo contratto per entrare nel salotto della modernità, nella speranza che l’antica promessa della felicità fosse finalmente esaudita. Eppure, per quanto possa apparire insensato, è ciò che milioni di persone compiono ricorsivamente ogni giorno, tutti i giorni, su più social contemporaneamente; paradossalmente molte di loro sono le stesse persone che rifiutandosi di scaricare Immuni per ragioni di privacy ne hanno decretato la morte prematura.
L’intimità pubblica, sottotitolo Alla ricerca della comunità perduta, di questo tratta. Di come l’esistenza liquida per dirla con Bauman, l’autore che più di ogni altro orienta il saggio di Bordoni, abbia contiguità con il populismo di destra e di sinistra, con il sovranismo e con la progressiva disgregazione di quello che un tempo chiamavamo “canone occidentale”. In ultima istanza con l’idea stessa di democrazia liberale.
“Chiunque, purché́ abbia i mezzi, l’occasione e l’intenzione, può̀ presentarsi agli elettori e raccogliere un certo consenso sulla base del proprio carisma e di una capacità occasionale di raccogliere adesioni al di là di ogni progettualità̀ ideologicamente predefinita. La caratteristica dei populismi, che siano di destra o di sinistra, è proprio quella di essere trasversali, in forza dell’irrazionalità̀ che li contraddistingue e che sfugge a ogni logica di partito” scrive Bordoni. Inevitabile pensare all’ultimo dei prodotti made in Italy che gli Stati Uniti hanno copiato. Dopo la pizza e la mafia, anche l’idea di eleggere un tycoon dal discutibile passato a capo dell’esecutivo.
Leggere L’intimità̀ pubblica serve dunque a ripercorre il sentiero sempre più stretto e minaccioso che dall’irrazionalismo del Novecento passa al post-modernismo decostruttivo e da questo sfocia nei populismi nemici delle élite, dei saperi e vivaddio pure delle competenze, portando in trionfo l’individualismo straccione dell’uno-vale-uno e del suo contraltare, il complottismo paranoico dei suprematisti minacciati dalla globalizzazione. Un percorso che Carlo Bordoni compie in modo puntigliosamente erudito rendendo palesi responsabilità e rapporti tra cause ed effetti.
Ritrovare o meglio ricostruire la comunità perduta, quella stessa di cui la signora Thatcher buonanima negava l’esistenza, non sarà facile né soprattutto indolore. Tuttavia, poiché da qualche parte bisogna pur cominciare, l’inizio potrebbe riguardare proprio i social, lo spazio che ospita contemporaneamente lo specchio delle mie brame delle casalinghe di Viggiù (variante degenerata di quelle di Voghera) e il fango nel quale sguazzano i provocatori e i violenti.
Il casus belli più clamoroso è di queste ultime settimane. Il blocco degli account di Donald Trump da parte di Facebook, Instagram e Twitter ha generato una grande quantità di reazioni e commenti. La maggior parte di essi esprime la convinzione che qualcosa sia necessario fare, mentre altri, come per esempio Massimo Cacciari, sono invece indignati dal fatto che il padrone del vapore digitale possa decidere chi è dentro e chi è fuori; ma è noto che il filosofo veneziano, detto anche l’indignato speciale per la virulenza delle sue intemerate, finge di non sapere che di aziende private si tratta, per di più quotate in Borsa. By the way come ormai dicono pure a Lugo di Romagna, la cosa interessante che tuttavia in pochi hanno evidenziato, è che altrove (Russia e Cina) sono i Presidenti a zittire i social, mentre in questo caso l’oscurato è il Presidente, sia pure scaduto come uno yogurt.
Che fare con i social, la grande questione oggi è questa. Trattarli come editori – quindi in qualche misura responsabili di ciò che pubblicano – segnerebbe la fine di Internet temono in molti; beninteso l’Internet come noi nel mondo Occidentale lo concepiamo, libero e (apparentemente) gratuito, cosa che nel resto del mondo non è più da un pezzo. Continuare a non fare nulla e quindi consentire che sociopatici, razzisti e analfabeti di andata e ritorno agitino le menti dei miliardi di poveri di spirito che affollano il pianeta; oppure contenerli, censurarli, oscurarli, ovvero difendere la tolleranza dall’abuso degli intolleranti, per parafrasare Karl Popper. Ottima idea, ma come? Chi potrebbe (o dovrebbe) farlo? Chi decide cosa è lecito e cosa invece non lo è?
In attesa di saperne di più su sulle sorti magnifiche e progressive delle comunità digitali, sono lieto di segnalare un’eccezione. Teresa Cherubini, figlia di Francesca e Lorenzo Jovanotti, ha annunciato il 13 gennaio scorso la propria guarigione dall’Hodgkin. Lo ha fatto con un unico, breve comunicato pubblicato su Instagram allo scopo di ringraziare i medici, gli infermieri e i genitori per l’aiuto e il sostegno ricevuti. È un piccolo segnale. Non significa un’inversione di tendenza. Ma una possibilità forse sì. Comunicare in modo affettuoso e discreto è ancora possibile.
Il libro: Carlo Bordoni, L’intimità pubblica (La Nave di Teseo)