Tensione superficiale è l’opera prima del regista trentasettenne Giovanni Aloi. Questo regista ha alle spalle una laurea al Dams e, oltre a varie collaborazioni nel settore cinematografico, ha diretto negli anni scorsi tre cortometraggi che compongono una trilogia sul lavoro: A passo d’uomo (selezionato al Festival di Cannes e nella cinquina finale del David di Donatello), E.T.E.R.N.I.T. (nominato all’European Film Award, in competizione nella sezione Orizzonti della 72° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e al Festival du Court-Métrage de Clermont-Ferrand) e, in ultimo, Tierra Virgen (girato in Perù e proiettato nella sezione Giovani Autori Italiani alla 73° Mostra di Venezia).
Aloi, per questo suo primo lungometraggio, ha avuto la ventura di incappare nel lockdown del maggio scorso quando aderirono a un progetto comune 40 sale la cui attività, in seguito, fu bloccata dalle note restrizioni. Il film, dunque, tornerà il 18 febbraio, ma solo sulle piattaforme streaming Chili, Rakuten TV e #IORESTOINSALA. C’era molta aspettativa per questo film prodotto da Ombre Rosse in collaborazione con No.Mad Entertainment anche perché alla sceneggiatura collaborarono Heidrun Schleef e Nicolò Galbiati, ma ancor più, forse, perché la protagonista è Cristiana Dell’Anna (conosciuta dal grande pubblico per Un posto al sole e Gomorra La serie).
Abbiamo scritto queste cose per dare il senso di quanto disagio, dopo gli impedimenti della pandemia, debba essere recuperato nel mondo dello spettacolo (anche in campo cinematografico) tanto più che, alla riduzione del piacere di guardare film nelle grandi sale, corrisponde una progressiva mutazione dei modi di fruizione per via della tecnologia che ci consente nuove modalità: dalla tv on demand, allo streaming, ai social network e con grandi piattaforme come Netflix, Amazon e via dicendo. Non solo la fruizione dei film cambia, questo è il punto, ma anche la produzione perché sorgono necessità inedite per l’industria del cinema, con una grande tradizione che nel nostro Paese già ne sta risentendo.
Per fortuna non è il caso del film di Aloi, vista la collaborazione di Rai Cinema, il contributo del MIBACT, il sostegno di SIAE e il supporto di IDM Alto Adige ove una parte delle riprese è stata realizzata in location quali Bolzano, Merano, Malles Venosta e Curon Venosta. Ma, prima ancora di domandarci se questo film incontrerà i gusti e l’interesse del pubblico, dobbiamo chiederci come le cose potranno andare per altri nostri autori eredi di quella grande scuola che fece la storia del cinema (De Sica, Fellini, Rossellini etc.) ma anche per i più recenti (Sorrentino, Tornatore, Virzì etc.), di fronte alle produzioni di Hollywood e/o Bollywood. Lo spazio ci sarà, ma solo se si creerà un giusto mix tra l’intrapresa privata, il sostegno pubblico, il mestiere e la creatività delle intelligenze e del sapere made in Italy.
In questo caso possiamo dire che forse ci siamo. Il film di Aloi dilata gli spazi e si pone a cavallo fra l’Italia e l’Austria ove la vicinanza geografica non mitiga bensì accentua le differenze e la complessità dei rapporti perché rende palesi quelle differenze e quelle complessità nel consolidato costume. Siamo oltre la stagione dei frontalieri e persino degli ostacoli opposti all’arrivo dei migranti extra-comunitari approdati dal settentrione africano in Italia che tracimano, attraverso le Alpi, nel resto d’Europa. Siamo in presenza, cioè, di modi di vivere così tanto vicini eppure così tanto diversi. Non si tratta di giudicare quale sia il migliore, ma quanto si trasferiscano con estrema facilità dall’un Paese all’altro comportando conseguenze che inducono cambiamenti nei modi di vivere e di pensare.
La protagonista Michela (Cristiana Dell’Anna) – si legge nella presentazione che offre la produzione del film – è una ragazza madre insoddisfatta del lavoro di receptionist in un hotel sul lago di Resia, con orari e un trattamento che le impone di vedere il figlio solo di rado, ragion per cui decide di dare una decisa svolta alla propria vita. Varca così il confine e va a lavorare come prostituta nel week-end: in Austria, a pochi chilometri di distanza, ove le ragazze che vendono il proprio corpo sono tutelate dalla legge e ricevono lauti stipendi. Non appena, però, in paese si sparge la voce di questo suo nuovo lavoro, l’intera comunità le si rivolta contro.
A questo punto si sentirà isolata e perseguitata, ma il segreto di Michela porterà anche alla luce molte delle meschinità e delle ipocrisie quotidiane che sottendono alla vita del paesino montano trasformando la ragazza in un capro espiatorio. Michela riuscirà a reagire, paradossalmente, rifugiandosi nei valori più tradizionali: la famiglia, la dura vita di montagna, i rituali della comunità. Passata attraverso la crudeltà dei suoi concittadini, la donna si riconcilierà con l’ex marito e l’intero paese senza rinunciare alla propria volontà di autodeterminazione. Una prova di forza, dunque, ma per non guastare il piacere di chi guarderà il film, a questo punto, dire di più non si può e non si deve.
Non vi sembra tuttavia interessante un film del genere?