“Ma io non voglio essere libero e solo… Io preferisco…” “Che cosa?” “Il nostro inferno”. Ecco l’happy end per Ingmar Bergman (1918-2007) in Sete (1949). Secondo film tutt’altro che acerbo e molto psicoanalitico del maestro svedese, con una coppia disastrata in viaggio nell’Europa disastrata (correlativo oggettivo) del Dopoguerra.
Sete (Törst) è una storia a più voci che si basa su un libro dell’attrice e scrittrice Borgit Tengroth: nei panni di Viola aiutò Bergman a girare la celebre scena lesbica (poi ridotta dalla censura) in una partitura densa di ellissi.
Sete compare ne I demoni interiori di IG, uno speciale di MUBI, piattaforma del cinema di qualità (a pagamento, ma la prova è ora estesa a un mese), sempre interessante da monitorare per le rarità e le ben curate edizioni dei film del passato. In questo caso, ci siamo fermati su ben 22 titoli di Ingmar Bergman, tra cui ciascuno può curiosare.
Noi abbiamo visto e rivisto La trilogia del silenzio di Dio – che poi non era una trilogia, disse lui, ma una boutade per rendere le pellicole più commerciabili. Il tris comprende Come in uno specchio (1961), prima opera girata sull’isola di Fårö che divenne la “patria” del regista; Luci d’inverno (1963), con il dilemma del suicidio e la crisi di un uomo di fede – l’inizio di dieci minuti buoni con Gunnar Björnstrand che dice messa è un autentico cult – , e Il silenzio (1963), dove Bergman incontra Kafka (e precede di molto Peter Cameron) e sfotte Fellini in una pellicola martoriata dalla censura per le scene di sesso (e non solo per quelle) in Italia come in Francia. Per dire: il film finisce con un bambino che pronuncia una parola sconosciuta, in una lingua ignota, ma da noi cattolici divenne misteriosamete “anima”. Su MUBI il film è senza tagli.
Ma ognuno si faccia il proprio palinsesto, magari andando a caso – il che è sempre un’ottima scelta. Noi ci siamo inchinati anche all’incredibile bianco e nero di Sven Nyqvist, mitico braccio destro di Bergman, nel tour de force di Persona (1966) prima di riposarci nel meraviglioso e appassionante – ma Bergman non è mai davvero noioso come vuole il luogo comune – Fanny & Alexander, capolavoro del 1982 qui presente nella versione cinematografica di 182 minuti (che non bastano mai).
Se invece volete seguire un percorso per attrici/muse, non c’è che l’imbarazzo della scelta tra Bibi Andersson, Liv Ullman, Ingrid Thulin…
MUBI promuove Ingmar Bergman con le sue parole: “Film come sogni, film come musica. Nessuna arte attraversa la nostra coscienza come il cinema, che arriva dritto alle nostre sensazioni, fino nel profondo, nelle stanze oscure della nostra anima. I demoni sono innumerevoli, arrivano nei momenti meno appropriati e creano panico e terrore… Ma io ho imparato che se riesco a governare le forze negative e arruolarle nel mio stuolo, allora…” Non sappiamo quando le abbia dette, ma sono vere.
Nella foto in alto, un frame di Persona