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Due parole il giorno delle nozze… Ne Il discorso di Fabrice Caro, il flusso di coscienza di una generazione

Sulla scelta delle letture ognuno ha le sue bussole. Le mie sono alcune librerie indipendenti che non mi deludono mai. Dunque, quando ho intercettato la copertina de Il discorso di Fabrice Caro (nottetempo), con il commento: “Finalmente è arrivato il libro che la libraia aspettava tantissimo”, ho capito che sarebbe stato mio. 

Ed eccomi, in un interno notte, che lo inizio e non smetto più di ridere. Letteralmente. Il mio consorte, che legge solo romanzi russi o saggi, si è fatto scivolare gli occhiali sul naso e mi ha guardata allarmato.

Sai, a tua sorella farebbe davvero piacere se tenessi un discorsetto il giorno della cerimonia: comincia così l’avventura di Adrien, che tutto vorrebbe fare tranne un discorso al matrimonio della sorella. Ad esempio, vorrebbe pensare in santa pace a Sonia, la sua ragazza, che 38 giorni prima gli ha detto: “Ho bisogno di una pausa”.

Immaginate una prosaica cena di famiglia, in cui gli argomenti passano in rassegna al ritmo scontato delle portate, e il nostro protagonista che ha inviato un messaggio col cellulare alla sua ex. Mentre rifiuta i peperoni (possibile che non si ricordino mai che li odia?) e mastica l’arrosto, aspetta la vibrazione di risposta, perché su quella ha scommesso tutto il suo universo emotivo, è come un naufrago che attende la doppia spunta di WhatsApp. Sonia, perché non rispondi? 

Seguono 200 pagine di genuino, esilarante, surreale flusso di coscienza, ma diversamente da Joyce si ride a crepapelle. Il romanzo ci porta nella testa di un 33enne un po’ sfigato, un po’ irrisolto, un po’ paraculo nei confronti della vita. Gli si vuole bene da subito, ad Adrien, perché ha tutti questi difetti ma è maledettamente autentico, intelligente, è uno di quelli che si “guardano vivere”, uno Zeno dei giorni nostri, inetto e buffo.

All’inizio di ciascun capitolo, le prime righe abbozzano un possibile incipit del discorso alla cerimonia di nozze (“Buonasera a tutti… Non la farò lunga, non vi preoccupate…”), ma poi la mente del nostro protagonista divaga, ritorna agli amori impossibili dell’università, alle gigantesche gaffes accumulate con le donne, all’incontro con Sonia e alle fasi dell’amore con lei, e poi accumula sospetti, rumina strategie per poterla risentire. È al tappeto, Adrien, e la vera domanda del lettore, pagina dopo pagina, è: ce la farà a scrivere questo benedetto discorso di matrimonio?

Su Il discorso in Francia è stato girato anche un film, la cui distribuzione è prevista per quest’anno. Fabrice Caro, detto Fabcaro, classe ’74, nel suo Paese è diventato un vero fenomeno di culto, sebbene il successo non lo impressioni più di tanto (“All’improvviso ho avuto l’impressione di essere diventato miss Languedoc”). Fumettista, illustratore, membro di collettivi artistici e cantante (Libération lo ha recentemente definito “lo zio rocker che vorresti sempre avere accanto”), ha avuto un successo fenomenale con Zaï zaï zaï zaï, un fumetto che è riuscito a fare satira sociale attraverso uno humour totalmente surreale: racconta la fuga strampalata di un autore di fumetti che ha dimenticato la carta fedeltà di un supermercato (“Ce l’ho negli altri pantaloni…”) e diventa luomo più ricercato di Francia. L’opera, pluripremiata, ha venduto oltre 200mila copie e dato risorse e spazio creativo alla 6 Pieds sous Terre, la sua piccola casa editrice di Montpellier.

Tra mille progetti e collaborazioni, dopo Il discorso è uscito per Gallimard Broadway, un nuovo romanzo non ancora tradotto in Italia (che a questo punto aspetto con ansia). Anche qui, Caro riesce a mettere in ridicolo due aspetti molto comuni della vita, la mezza età e l’ipocondria: parla di Axel, maschio medio che si dibatte tra amici giovanilisti e figli adolescenti scatenati, a cui un giorno viene recapitata una busta blu, in fondo alla quale c’è scritto: “Programma nazionale di screening del cancro del colon-retto, posta amministrativa indirizzata a chiunque abbia più di 50 anni. Tranne che il nostro eroe ne ha solo 46, e chissà che cosa combinerà.

IL LIBRO Fabrice Caro, Il discorso, traduzione di Camilla Diez (nottetempo)

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