Viviamo tempi davvero interessanti. Forse non ve ne siete ancora accorti, ma c’è grande entusiasmo in giro. Uno non fa in tempo a convivere con l’idea che un sacco di persone apparentemente sane di mente si beva le fole di QAnon che zac! saltano fuori i teorici della carcerazione alternativa, la teoria giudiziaria secondo la quale un condannato per fatti di sangue può usufruire di un pratico modo di scontare la pena – un tempo si sarebbe detto “in comode rate trentennali” – vivendo tranquillo nel centro di Parigi. (Le vittime, i parenti delle vittime sentitamente ringraziano).
Ma le notizie che giungono dal Paese a stelle e strisce, il Paese della libertà che nonostante tutto continuiamo ad amare, inevitabilmente trasformano in irrilevanti quisquiglie anche le più truci dichiarazioni e in sciocchezzaio le nuove raccolte di firme. Il nuovo “made in iuessei” che avanza si chiama cancellazione culturale. Funziona così: se ai crociati del cancellino un pensatore, uno studioso, un’opera d’arte, un protagonista della storia (eccetera eccetera) non gli garba, lo condannalo prima alla gogna, poi all’invisibilità sociale. Risultato reso possibile e moltiplicato all’ennesima potenza dagli apparati di comunicazione digitale.
I cancellatori non bruciano i libri in piazza come da tradizione nazista. E neppure requisiscono opere dell’arte degenerata. Moderni ed efficienti (i roghi inquinano) ammazzano i libri sul nascere impedendo la pubblicazione di autori giudicati sconvenienti; pretendono e ottengono la censura e la conseguente riscrittura di libri e film; pubblicano cataloghi aggiornati di artisti, pensatori, uomini politici di ogni epoca e società additandoli al pubblico ludibrio. Le accuse sono sempre le stesse: razzismo, amoralità, violenza, antifemminismo, esclusione, mancato rispetto di minoranze e minori…
I cancellatori, come spesso accade agli esponenti dei movimenti radicali, mostrano un’ignoranza che sconfina nell’ingenuità. Ci sarebbe da ridere come di fronte alla “carcerazione parigina”, se non fosse che le vicende hanno preso una piega preoccupante. Uno scrittore ritenuto dai più autore di pagine acute e intelligenti, si mostra sconvolto per aver appreso che la vita di Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio, non fosse esattamente quella di un boy-scout (“Mio Dio, come potrò guardare ancora le sue opere?” si domanda con sincera angoscia). La censura dei cancellatori non risparmia neppure il piccolo Dumbo: le sue orecchie gigantesche potrebbero mettere in difficoltà i piccini malformati; cancellati anche Tom Sawyer e Huck Finn perché chiamano “negri” le persone che oggi (sacrosantamente) chiamiamo afroamericani. Razzista anche Via col vento, vergognosa pellicola che si macchia della colpa di rappresentare gli afroamericani per ciò che erano nell’Ottocento: schiavi e, solo nel più fortunato dei casi, servi. L’ultimo successo dei cancellatori è il macero della biografia di Philip Roth. Un lavoro atteso e pare di assoluto valore storico; purtroppo per i lettori americani l’autore, Blake Bailey, è accusato di molestie sessuali avvenute, pare, una ventina d’anni fa.
C’è da tremare all’idea di cosa accadrà quando i cancellatori scopriranno che Platone, Aristotele e tutta la cultura greco-romana consideravano la schiavitù utile e naturale, per non parlare dell’irrilevanza sociale e politica delle donne nel mondo antico. Al rogo i filosofi, bandite le opere dei grandi tragici, nel cesso tutti i poeti? Si salverà solo la signora Saffo per via del suo orgoglioso lesbismo? (E poiché la realtà supera sempre la fantasia, mentre redigo queste note leggo Alessandro Piperno su La Lettura. Ci informa che un gruppo di docenti di Princeton – Princeton! non Khartum o Ouagadougou – raccomandano il divieto dello studio dei classici latini e greci per via della loro idea di supremazia bianca…).
Harold Bloom e George Steiner l’avevano predetto, allibiti com’erano dall’ignoranza caprina dei loro studenti della Ivy League. Ma è a Tom Nichols autore de La conoscenza e i suoi nemici che dobbiamo l’analisi puntuale di questa nuova tragedia delle classi dirigenti americane. Per quanto riguarda le masse popolari, pare che il 40% degli abitanti sia convinto che l’età della Terra sia quella insegnata dalla Bibbia, mentre un’altra quota (quanto consistente?) di persone si pasce delle fole di QAnon. Ora insieme a loro sono all’opera anche i cancellatori. Gli alfieri dei deboli, degli emarginati, degli sconfitti, hanno inaugurato una nuova caccia alle streghe. Riguarda il passato, il presente e il futuro: quale libertà mostreranno i narratori, gli sceneggiatori, gli autori di serie e format televisivi, di fronte al rischio concreto di finire al rogo?
Noi europei abbiamo imparato che la censura più efficace è quella preventiva che per timidezza, quieto vivere, codardia, ci infliggiamo da soli. L’abbiamo appreso dalle decine di ismi novecenteschi: fascismo, nazismo, stalinismo, salazarismo, franchismo, colonnelli greci. Tuttavia, se la censura agisce in Polonia, Ungheria e Russia la cosa ci rattrista ma non ci fa specie, siamo abituati al punto di darlo per scontato. Ma nel Paese del 1° emendamento?
Credit foto in apertura: “Farenheit 451” by Timothy Neesam (GumshoePhotos) is licensed under CC BY-NC-ND 2.0