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Allonsanfàn
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Fake Reviews. Di Maio non è l’unico campione del revisionismo paraculo

L’ultimo scandalo del revisionismo contemporaneo riguarda l’Eurovision: il cantante dei Måneskin riesce contemporaneamente a dire al microfono “Rock’n’roll can never die” e risultare negativo al test antidroga. Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison muoiono per la seconda volta. Una contraddizione colossale, che però è ormai presente in tutti gli angoli delle nostre vite, fuori e dentro la rete. È il revisionismo contemporaneo, che poco ha in comune con il revisionismo storico, perché un conto sono nuovi documenti che ci fanno considerare in altra luce un fatto storico e cosa diversa è mutare giudizio sui fatti storici senza che siano intervenuti fattori nuovi a farci cambiare idea, a meno che non si considerino fattori nuovi le convenienze del momento, l’opportunismo.

Non si può piacere a tutti ma il tentativo del revisionismo contemporaneo è proprio questo, ti prendi l’altra metà dell’opinione pubblica che prima ti detestava. Un po’ come Veltroni, che militava nel Pci ma poi disse che non era mai stato comunista, o come Gianfranco Fini, le cui origini politiche sono note e poi divenne icona della sinistra, che prima stavano sulle palle solo ai loro e poi a tutti.

Cominciò il giornalista Giampaolo Pansa, su un terreno scivoloso, quello della Resistenza al nazifascismo, denunciando crimini commessi dai partigiani senza indicarli con note e altri riferimenti bibliografici e testimonianze, utilizzando singoli delitti, seppur vergognosi chiunque li abbia commessi, per dipingere un quadro dei Partigiani complessivamente delinquenziale. Un esempio sono le soppressioni di fascisti avvenute dopo la Liberazione, che secondo un rapporto della Direzione generale di Pubblica sicurezza della fine del 1946 furono circa diecimila, mentre nei libri di Pansa diventano ventimila senza una sola fonte ufficiale a sostegno che non sia la memorialistica dei reduci della Rsi. Eppure Pansa ha aperto un mondo, che si estende molto oltre la possibilità di ripensare a qualcosa detto e fatto in precedenza, un mondo in cui la parola e, ahi ahi ahi, i fatti non valgono più niente, conta solo il tuo rapporto personale con il fatto. Perché il revisionismo storico rivede l’interpretazione di un fatto, il revisionismo contemporaneo aggredisce direttamente il fatto deformandolo.

Prendi la conversione di Luigi Di Maio sulla strada del garantismo. Ho-ne-sta Ho-ne-sta Ho-ne-sta, quante volte abbiamo sentito lui e gli altri cinque cosi invocare forche, patiboli sulle pubbliche piazze, espulsioni dal consorzio civile per politici di altri schieramenti appena raggiunti da avvisi di garanzia?

Qualcuno dice meglio tardi che mai, ma è una falsa interpretazione del precetto democratico. Perché uno che ieri diceva con leggerezza quelle cose oggi dirà con altrettanta leggerezza le cose opposte, perché il suo obiettivo non sono le cose o i fatti ma la platea di ascoltatori. Non appena Di Maio ha chiesto scusa all’ex sindaco di Lodi, nel M5s si sono verificati vari infarti, primo tra tutti quello del mega sponsor dei pentastellati, Marco Travaglio, che ci ha però voluto rassicurare: Di Maio soffriva di un’acuta sindrome di Stoccolma, Uggetti aveva confessato, il che non risulta però dagli atti giudiziari, e comunque ha bollato le scuse come una “solenne sciocchezza”. Ha detto proprio così, che era una solenne sciocchezza, e l’ha detto mentre è intento a lucidare il suo prossimo best seller dedicato al complotto mondiale che ha portato alla caduta del governo Conte, che immaginiamo già documentatissimo e contenente dichiarazioni di Trump e della Merkel che confessano di aver agito in combutta con Soros e Bill Gates perché la pochette di Conte è inguardabile e la Ue non poteva più tollerarla.

L’ultima operazione di revisionismo contemporaneo in corso vede protagonisti il segretario del Pd Enrico Letta e il leader della Lega Matteo Salvini. Vabbé, sono al governo insieme, in qualche modo dovranno convivere, dirà il lettore più buono. Basterebbe allora essere educati, invece no, sono andati oltre. “In Matteo Salvini ho trovato un volto vero, tutt’altro che finto”, ha commentato Letta, che come sappiamo era in Francia, e probabilmente non leggeva i giornali italiani, quando Salvini chiudeva i porti proseguendo la linea di Minniti ma, aggiungendoci quel tocco di classe in più, voleva far sparare su chi soccorreva i naufraghi. Il volto vero. Forse era quello dell’agosto 2016, al comizio di Ferragosto a Ponte di Legno, quando disse: “La nostra sarà una pulizia etnica controllata e finanziata, la stessa che stanno subendo gli italiani oppressi dai clandestini”. Però Letta adesso ha visto il volto vero, compresa la testa, la vera testa di Salvini, per avere un interlocutore sulla tassa di successione per finanziare i giovani con una dote di 10 mila euro. Solo poche settimane fa Salvini diceva che Letta era un radical chic, figlio dei salotti e che la successione era una fregatura, è di poche ore fa la sua proposta di cercare una soluzione per il blocco dei licenziamenti, scavalcando a sinistra Letta.

Di certo non avranno difficoltà a fare i conti con il revisionismo contemporaneo i 203 parlamentari che dal 23 marzo 2018 hanno cambiato partito e gruppo politico, qualcuno anche sei volte. La conseguenza minima della revisione contemporanea è che allora vale tutto, quindi perché farsi smentire da un fatto quando puoi direttamente eliminarlo? Più volte i partiti hanno tentato di riproporsi per l’accaparramento di un contributo pubblico da destinare alle loro attività, visto che dopo l’abolizione del finanziamento pubblico non ci sono state leggi che riordinassero la materia. Dobbiamo però concludere, visto che non ci sono riusciti, con un omaggio al Principe Talleyrand: “Nessuno può sospettare quante idiozie politiche sono state evitate grazie alla mancanza di denaro”. E quante riscritture della storia evitate.

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