Ed eccoci qua, quasi pronti, tra una decina di giorni inizieranno gli esami di maturità. Per la seconda volta si svolgeranno in fase di pandemia, anche se oggi più contenuta. Semmai colpisce che sarà diverso anche questa volta da quello tradizionale sostenuto dagli studenti sino al 2019. Consisterà in un elaborato assegnato dal consiglio di classe a ciascun alunno sulla base del percorso svolto, poi la discussione dell’elaborato darà il via al colloquio d’esame, un’unica prova orale che verrà articolata in quattro fasi differenti, della durata di un’ora circa. Poi discussione di un breve testo di lingua e letteratura italiana già trattato durante l’anno scolastico. Il candidato poi dovrà analizzare il materiale scelto dalla sottocommissione. L’esame si concluderà con l’esposizione da parte dello studente dell’esperienza di Pcto svolta durante il percorso di studi. Distanza dai professori di due metri e mascherina obbligatoria.
Prima di analizzare i consigli per i maturandi su preparazione, alimentazione e sonno, che a breve abbonderanno sui siti internet, dobbiamo ricordare che non sempre l’esame di maturità è stato così. La mia classe ad esempio fu la prima in Italia a introdurre il distanziamento sociale dai professori quando il pericolo del Covid era ancora lontano dal venire. Soprattutto tra le dieci e le undici non volevamo essere disturbati per nessun motivo, voi penserete che esagero ma in realtà era molto peggio di così, nel nostro campetto di calcio ricavato tra i pratoni di Primavalle confinanti con i prati di Casal del Marmo dove poi fu istituito il carcere minorile. La partita si collocava subito dopo l’ingresso riflessivo, una pratica che assegnava alla prima ora di scuola del mattino una funzione rigenerante, c’era chi aveva fatto due ore di autobus, chi era ancora ubriaco dalla sera prima, chi dalla mattina stessa grazie agli shottini economici del chioschetto davanti scuola. Chi entrava andava difilato al banco per dormicchiare e riprendersi dalla pesantezza del mondo contemporaneo e recuperare energie per la partita delle 10.
Il regolamento d’Istituto del prestigioso liceo che frequentavo nella periferia nord di Roma credo fosse stato compilato direttamente da un gruppo di Khmer Rossi, non sono sicuro fosse prevista la realizzazione del socialismo ma non mi stupirei che se ne parlasse comunque nel testo. Prima che io arrivassi lì era stato preside dell’istituto fino al 1970 una persona importante per la Resistenza e per la cultura italiana, il professor Giambattista Salinari, che a causa della sua adesione al Pci dovette contare un numero infinito di copertoni di macchina squarciati sulla sua proletarissima Fiat 500, finché fu costretto ad andarsene. Nessun rispetto per nessuno. Allora funzionava che, oltre allo scritto di Italiano e Matematica, intorno ad aprile il Ministero sceglieva quattro materie, due delle quali venivano poi portate all’orale dal candidato, in teoria stabilite dalla commissione in realtà frutto di una contrattazione serrata. Erano anni di forte politicizzazione, la politica era la nostra didattica. Al punto che ho sempre avuto il dubbio, dopo che con un compagno di classe scrivemmo un tazebao lungo cinque metri e alto tre per denunciare le condizioni in cui vivevano gli indiani Hopi negli Usa, che il governo di Washington abbia iniziato a perseguitare gli Hopi soltanto dopo il nostro tazebao, perché prima non li conosceva nessuno.
Fu così che alle 8,30 di un’infuocata mattina di luglio in cui finivano definitivamente gli anni ’70 ebbero inizio gli orali dopo che agli scritti di matematica, facevamo lo scientifico, non avevamo raccolto nemmeno una sufficienza tra ventitre studenti. La commissione venuta da fuori decise allora di non dare più peso ai voti con cui eravamo stati presentati agli esami e divenne severissima. Ci penso mentre leggo su un noto quotidiano nazionale i consigli ai ragazzi su come affrontare l’esame. Per esempio su come sedare l’ansia all’epoca elaborammo sistemi a prova di laboratorio scientifico, anche se oggi è più facile trovare quella legale nei negozi della città. Sconsigliati invece prodotti come Memorella o Intelligentis o Superneurix, fanno male al fisico e non sai esattamente cosa c’è dentro. Se invece vai da Nando ai lotti occupati di Quartaccio lui tratta anfetamine da una vita, ci mette la faccia, roba naturale, più o meno, soddisfatti o rimborsati, un professionista del settore, la faccia sempre arrossata garantisce che non è soltanto uno che ci fa i soldi sopra. Alle 8,30 di quel 9 luglio insomma, il primo di noi fece il suo ingresso nell’aula attrezzata per l’esame orale.
La persona che entrò in aula per prima ci sta sicuramente leggendo e negherà. Ma nessuno di noi potrà dimenticare le ciabatte infradito, i bermuda e la camicia hawaiana con cui si sedette serafico dinanzi alla professoressa di Geografia astronomica. E siccome questa continuava a guardarlo fisso, senza parlare, capì che c’era qualcosa che non andava e, essendo un ragazzo educato, decise che il problema dovevano essere gli occhiali da sole e se li tolse scusandosi. Del resto non ricordo molto, se non che il mio esame fu davvero indecente e che ottenni quel titolo ingiustamente, l’unica cosa di cui mi vergogno davvero in vita mia, anche perché, essendo ormai stati considerati privi di valore i giudizi di ammissione, molti che avevano studiato tutto l’anno furono bocciati altrettanto ingiustamente.
Nessun rimpianto, nessuna nostalgia per un modo di dimostrare la conoscenza che era inutile ieri e lo è anche oggi. E senza scomodare la distanza della scuola dal mondo del lavoro andrebbe approfondita la distanza della scuola dalla vita vera. Perché devo dire che se ho poi avuto modo di recuperare la conoscenza dopo gli anni della scuola dell’obbligo, non avrei invece mai potuto recuperare, se non avessi frequentato scuola, quel capitale umano di persone e storie di vita vissuta che ho messo a frutto negli anni successivi.