«Quando ho iniziato a scrivere questo libro, avevo solo il bisogno di mettere su carta la mia sofferenza, la mia paura e la mia angoscia. Era il mio modo per liberarmi di un fardello troppo pesante da portare sulle spalle».
Agnese Tancredi lavora in un ospedale in provincia di Bologna ed è, da 25 anni, un’infermiera professionale. Impegnata sul fronte del Covid, ha scritto il libro Ricordati di respirare (Fefè editore), in libreria dal 10 giugno, nel quale ripercorre ciò che ha vissuto dal marzo 2020 all’aprile 2021 – la fase più aspra e difficile della pandemia – e, insieme, gli incontri e le storie dei malati, dei colleghi e dei famigliari.
È un libro che racconta una storia analoga a quella di molti operatori sanitari che da un giorno all’altro si sono trovati a fare i conti con un qualcosa di assolutamente inaspettato, e per molti versi terribile. Ed è una testimonianza che ha come punto di osservazione la prima linea di un fronte ad altissimo rischio.
Leggendo il diario di Agnese Tancredi si rivive in presa diretta tutto quello che è stato. La grande confusione dei primi tempi («è un’influenza, no non lo è, uccide solo i vecchi, no il virus colpisce chiunque»), il non sapere cosa fare («ci sentiamo dire che la mascherina non serve, che va indossata solo se siamo malati altrimenti è uno spreco»), la mancanza di tutto («non avremo abbastanza di niente, non avremo tute, non avremo guanti, non avremo cuffie»).
Tornando a quei mesi si comprende l’atto di accusa di Agnese nei confronti di ciò che lei chiama «la vigliaccheria con la quale ci faranno accettare tutto questo, perché non avranno il coraggio di dire che non sono all’altezza della situazione, che la diffusione del contagio ha preso tutti alla sprovvista». Per le bugie «che sono state la cosa che mi ha fatto più male, anche più della fottuta paura di contagiarmi». Per il modo di agire: «Ci è stato chiesto di non fare domande, ché tanto non c’erano risposte. Dovevamo solo eseguire gli ordini, anche quando la nostra intelligenza ci suggeriva che erano sbagliati».
Ma l’atto di accusa è rivolto anche a chi è intollerante alle regole, a chi rifiuta ogni restrizione. «Guardavo il video di una manifestazione di no-mask che protestavano contro l’utilizzo delle mascherine. Mi ha impressionato il loro inno alla libertà. Ma a quale libertà si riferiscono? A quella di ledere la libertà altrui? A quella di mettere a rischio la propria salute e quella delle altre persone? Serve imparare una volta per tutte il significato della parola rispetto, verso il prossimo, verso le regole, verso se stessi» scrive Agnese. «Mi piacerebbe che la parola rispetto diventasse sinonimo di altruismo. Ognuno di noi è il prossimo di qualcun altro».
Agnese, gli infermieri, i medici il significato di altruismo lo conoscono bene. Con i loro turni di 12 ore, la loro stanchezza, ma anche l’impegno e la volontà di stare accanto ai pazienti. «Fare il nostro lavoro» scrive nella prefazione Ottavio Davini, primario medico radiologo, per cinque anni direttore sanitario dell’ospedale Molinette di Torino «vuole certamente dire avere studiato, essere coscienziosi e attenti, ma indispensabile è offrire un sorriso, stringere una mano». Che è quello che fa la differenza, soprattutto se si pensa che in questa pandemia chi non ce l’ha fatta è morto solo.
In Ricordati di respirare leggiamo la tenacia di Agnese, giorno dopo giorno. Il tentativo di fare tutto, seguire la figlia e insieme dedicarsi al lavoro senza mai una pausa, superare paure e dolori, fino all’arrivo del vaccino. Che è ciò che ci consentirà di uscire da un’emergenza non ancora risolta. Ma che è anche fonte di resistenze, polemiche e tante fake news.
Nella postfazione Ottavio Davini smonta punto per punto le obiezioni al vaccino contro il Covid. E il libro diventa strumento prezioso per trovare una risposta alle domande che ognuno di noi si fa e per chiarire ogni tipo di congettura, a partire da quelle che circolano sul web.
Il libro. Agnese Tancredi Ricordati di respirare (Fefè editore)
In copertina Game Changer, l’opera che lo street artist Banksy aveva dedicato al personale sanitario e regalato all’ospedale di Southampton. Battuta all’asta da Christie’s, è stata venduta per 16,7 milioni di sterline, quasi 20 milioni di euro, destinati al servizio sanitario nazionale inglese.