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Allonsanfàn
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Siamo tutti Solos e inchiodati al futuro. Su Prime video

Nel caleidoscopio dei fantascientifici viaggi nel tempo, è spesso protagonista il nostro io, scomposto e svelato, messo a nudo, spesso tirato e impiccato tra presente, passato e futuro. Per esempio, nel primo atto unico di Solos, protagonista Anne Hathaway, la ricercatrice Leah ha un ottimo motivo per restare all’oggi e due altrettanto validi per scappare indietro o in avanti negli anni, con l’aiuto dei suoi marchingegni…

L’episodio della nuova serie antologica di Amazon Prime è diretto da Zach Braff ma è scritto da David Weil cui si deve il progetto globale: sette assoli di attori noti in perfetta solitudine (meno l’ultimo) per trenta parlatissimi minuti ciascuno.

Conosciamo meglio il tocco di Weil nell’episodio numero due, interpretato, scritto e diretto da lui: un uomo incontra per la prima volta il proprio clone nell’impersonale ufficio di un qualsiasi grattacielo. Il faccia a faccia assai didascalico – guai se non capiamo una sola sfaccettatura del discorso – è la rifinitura finale di un passaggio di consegne.

Proseguendo, scopriamo che ogni Solo risponde a una domanda a mezzo tra il quesito di un periodico femminile e un tema alla Ai confini della realtà (tipo: “Se potessi cancelleresti il giorno più brutto della tua vita?”) e ha al fondo per protagonista nient’altro che la nostra solitudine. Via dunque con la mezz’ora di Nicole Beharie che è Nera, una donna incinta che vive sola nei boschi; con Helen Mirren Peg, astronauta spersa nello spazio; con Uzo Aduba Sasha, assai indipendente e abituata al vivere senza legami, ma…

Sette assoli di attori in solitudine (meno l’ultimo) per trenta minuti ciascuno. Solos, serie antologica di Amazon Prime, si conclude sul viso del vecchio Morgan Freeman

Nell’ultimo episodio, scritto da Weil e diretto da Sam Taylor-Johnson, il Solo di Morgan Freeman spiaggiato su panchina distopica e in preda all’Alzheimer, compare un deuteragonista, il giovane Dan Steven, il quale con una sorta di reload ricarica il vecchio dei ricordi persi e non spoileriamo oltre – capirete voi il perché.

Commenta Weil: “Ho radunato un gruppo di artisti che ammiro e creato quest’opera con il desiderio di raccontare storie che parlano di legami, di speranza e della ricerca di quel comune senso di umanità che unisce tutti”. Lodevole.

Aggiungiamo una piccola considerazione marxiana: le condizioni materiali e quelle dei mezzi di produzione e riproduzione ci consegnano prodotti da essi stessi condizionati. L’esigenza del “going solo” è sì un scelta artistica per affrontare con maggior concentrazione, e senza troppe divagazioni per l’occhio, l’enigma della vita, ma parimenti è stata ispirata dalla pandemia. Un solo attore, mini troupe, zero contagi. Questo è un’opzione per il presente e per il futuro. Opzione vincente se, come in una partita a scacchi con lo spettatore, si è più che bravi; se no, se noi prevediamo troppo le mosse, se il mattatore gigioneggia  troppo, è la noia a diventare spettacolare.

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