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Leggende rock. Ricordo del poeta Jim Carroll e di People Who Died

L’11 settembre 2009 se ne andava il poeta rock Jim Carroll

Capelli rossi, zigomi alti, occhi da folletto, forse un po’ cattivo, bellissimo comunque, non per caso Jim Carroll venne interpretato al cinema da un efebico Leonardo DiCaprio (The Basketball Diaries, 1995).

Ma è in versione rock che ricordiamo il poeta Carroll, quando divenne per tre soli anni (1980-1983) la versione maschile dell’amica ed ex compagna Patti Smith e incise tre dischi leggendari (facciamo due), altero e sprezzante come il più ispirato dei fratelli minori di Lou Reed – di cui rifece Sweet Jane. Che spettacolo: Jim Carroll, a piede libero in mezzo all’elettricità delle chitarre, impilò uno sull’altro versi che avevano in sé una struggente meraviglia, per dirla con lui. Catholic Boy, Dry DreamsI Write Your Name, ecco i titoli della Jim Carroll Band.

In un’occasione, Jim Carroll fece cronaca pura in un lungo rock-necrologio di amici scomparsi: People Who Died è un morituri te salutant quasi rappato. Forse solo Lou Reed in A Walk on the Wild Side fu tanto preciso nel fare nomi e soprannomi di compagni di strada, artisti e altri pataccari, che andarono a perdersi per le vie buie di New York. Jim Carroll raccontò una lost generation più disperata, suicida o suicidata, arrivando a un passo dalla parodia. Mentre Reed si consolò con ironia facendo do do do alla fine di ogni due strofe, Carroll si mise in coda per ultimo, tra i suoi fantasmi, con quell’indimenticabile grido: I salute you brother!

Carroll e Reed – vecchi amici dai tempi della Factory – si trovarono a suonare People Who Died sullo stesso palco, al Capitol Theatre di Passaic, NJ, il 25/9/1984: spicca, accanto a loro, un altro scomparso (suicida), il chitarrista Robert Quine – quello che sapeva fare meglio di tutti i primi accordi di Blank Generation.

People Who Died ha avuto cover di John Cale e Patti Smith; l’ultima in ordine di tempo, gonfia e banale, è quella degli Hollywood Vampires di Johnny Depp (lasciamo perdere). Il pezzo comparve in un pugno di film (il più famoso, E.T. di Steven Spielberg).

Una interessante lettura di People Who Died, e dei suoi rapporti con il death cult abitualmente praticato da certo rock, si legge a firma Jim Connelly sul sito medialoper: si nota, tra l’altro, che le morti violente elencate da Carroll consigliarono ai ragazzini punk una distanza un po’ angosciata.

Sempre in tema. Nel dicembre 1980, quando John Lennon venne assassinato di fronte al Dakota, People Who Died fu una delle canzoni più richieste alle radio FM, seconda solo a Imagine (fonte poco credibile: catholicboy.com).

The Late Great Jim Carroll

Jim Carroll era capace come la fenice di rinascere dalle proprie ceneri. Nella sua carriera di fenice, il figlio del barista irlandese di Inwood, Upper Manhattan, fu: un promettente giocatore di basket, un eroinomane senza speranza, un autore di memoir da strada (divenuti poi film di successo), un poeta, l’ultimo dei capibanda punk di New York (vedi sopra), e di nuovo un poeta e basta…

Trascorse molte vite, magro da far spavento, fiaccato da polmonite ed epatite C, il sessantenne Carroll tentò di risorgere con The Petting Zoo, suo primo e molto atteso (dieci anni) grande romanzo. Morì invece per infarto l’11 settembre 2009, col libro in bozze (fonte: Alex Williams, The Last Days of Jim Carroll, NYT).

Tre poesie di Jim Carroll tradotte da Alessandro Brusa e che linkiamo se non gli dispiace, qui

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