Sembrerebbe, a leggere i giornali e seguendo i social, che il green pass sia ormai l’unico ostacolo tra noi e la libertà, quella vera, non soltanto vaccinale. O meglio: la polarizzazione del dibattito intorno al green pass ha finito per occultare i problemi reali di questo Paese, soltanto da pochi mesi dirottati sul singolo via libera di natura sanitaria. Per un green pass che divide esistono infiniti ostacoli di natura sociale ed economica, gli stop pass li chiameremo, che impediscono ad almeno un quinto della popolazione italiana di avere le stesse possibilità di vita degli altri quattro quinti. Vabbè, dirà lo strenuo oppositore del green pass, ma senza il codice a barre che certifica le vaccinazioni ormai non puoi più nemmeno lavorare, quindi il vero nemico del popolo è oggi quello. C’è un fondo di verità e chi scrive non condivide le modalità con cui è stato varato, pur essendo convinto della necessità del vaccino contro il covid. Come mai però fin qua nessuno si è mai mobilitato con altrettanto ardore contro i mille stop pass che da molto prima della pandemia affliggono le nostre speranze di quantità e qualità della vita?
Colpisce che, mentre sui cambiamenti climatici, sull’ambiente, si sia arrivati a forme di mobilitazione mondiale e nazionale imponenti, nessun partito, movimento o aggregazione politica riesca o voglio creare criticità ai governi, al potere avremmo detto una volta, su temi che ci riguardano ancora più da vicino. Senza nulla togliere alla giustezza/giustizia delle lotte per una riconversione della produzione che ha portato ai mutamenti ambientali, l’osservatore esterno non può fare a meno di notare che se le lotte sull’ambiente andranno in porto, evitandoci di morire arrostiti e inondati d’acqua al tempo stesso entro il 2050, per alcune fasce della popolazione il problema più urgente è proprio come arrivarci vivi al 2050 o, almeno “già mangiati” e già “studiati”. Per questo Alessandro Barbero, crocefisso perché ha osato criticare le modalità attuative del green pass, rimane un ottimo storico e applica la logica e non la pancia nelle sue riflessioni sul pass verde.
La Costituzione e il ristorante
Se hai il green pass puoi entrare al ristorante o al pub, ma se non hai i soldi per pagare il conto non ci puoi entrare. Banale no? Eppure non l’avete letta da nessuna parte questa banalità mentre aspettavate i no green pass alla stazione, manco fossero Godot. Il tonfo di presenze presso le stazioni italiane nelle giornate di mobilitazione indette per contestare il provvedimento, ci ricordano comunque, pro o anti green pass, da destra a sinistra, una vigliaccheria di fondo del ribellismo parolaio nazionale, una generale mancanza di disponibilità ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, su cui bisogna riflettere anche in chiave della mancanza di mobilitazione per i temi di sopravvivenza materiale, oltre che per quelli divenuti ideologici come il green pass.
Si potrà obiettare che in fondo nessuna Costituzione del mondo sancisce il diritto di andare al ristorante, nonostante la televisione non faccia altro che proporti gente che cucina (mai gente che mangia però, guarda un po’) e in effetti non mi spenderei molto per aggiungerlo ai diritti previsti. Anche perché già restano inattuati molti degli articoli esistenti, a partire dalla parità di possibilità sociali per tutti, dal pasto alla casa, dall’istruzione al divieto di partecipare alle guerre.
Il costo dell’istruzione
Facciamo un breve elenco in ordine sparso degli stop pass per chi vive con meno di mille euro al mese. La connessione internet, più o meno sessanta euro ogni due mesi, l’accesso all’informazione un po’ più approfondita con circa venti euro al mese di abbonamento a un giornale, uno spettacolo cinematografico con il biglietto a sette euro, l’accesso ai canali streaming intorno ai dieci euro al mese, l’utilizzo della macchina che costa tra carburante assicurazione e tasse intorno ai cento euro al mese (ci sono moltissime zone fuori dalle grandi città in cui senza macchina non ti muovi proprio da casa), l’abbonamento ai mezzi pubblici tra i trentacinque e i sessanta euro al mese, una media di 70 euro al mese per un fumatore medio, la possibilità di un bicchiere di buon vino a pasto che valuteremo in quaranta euro al mese se non bevi metanolo, le spese mediche private per le quali, tra visite e medicine, solo nel 2017 si sono indebitati sette milioni d’italiani chiedendo prestiti a finanziarie. Del costo della casa e degli affitti neanche è il caso di parlare in questa sede, visto che costituisce il 60-70% sul totale delle entrate economiche delle persone.
L’elenco è molto più lungo e alla lista aggiungo soltanto un altro elemento che è doveroso trattare a parte, l’istruzione. L’istruzione, a parole lo dicono tutti ma poi le conseguenze non le trae nessuno, è uno dei pochi antidoti sicuri alla miseria. Non solo a quella del presente ma soprattutto a quella del domani. Un anno di università costa a una famiglia per singolo figlio intorno ai tremila euro l’anno tra iscrizioni nel pubblico e costo dei libri. Gli abbandoni sono intorno al 20% degli iscritti già al primo anno. L’istruzione universitaria dovrebbe essere gratuita stabilendo degli obiettivi da raggiungere, visto che noi non abbiamo né campus né football americano o basket che offrono una possibilità in più di borsa di studio ai meno abbienti. Per non parlare dei ventimila euro in due anni, prezzo previsto per i Master in giornalismo, rimasti ormai l’unica possibilità di accesso alla professione.
Però, a fronte dei mille stop pass elencati sopra, da cui dipende la vita, la crescita e la morte delle persone, il nostro problema principale è diventato il green pass.
Yacht e RdC
La lotta per l’accesso a ristoranti, pub, piscine è diventata lotta per la libertà. Libero apericena in libero stato sembra essere lo slogan delle uniche “ribellioni” italiane in atto. Mi fa un po’ schifo, lo ammetto sono un moralista come accade a molti dissoluti, come si fa a indignarsi per dover rinunciare alle pizzette rustiche e alle insalate di mare e restare impassibili alle migliaia di licenziamenti, alla perdita di lavoro delle persone intorno a noi. Ricorda un po’ quei bravi cristiani che la domenica a messa ascoltano le esortazioni ad aiutare il prossimo di Papa Francesco e dal lunedì al sabato gioiscono per gli immigrati che affogano nel tentativo di raggiungere le nostre coste, scappando da guerre, morte e fame. Come si fa a non prendere a schiaffi secchi senza discussione chi dalla sua barca nei mari del sud spara a zero contro il Reddito di Cittadinanza, rimpiangendo i bei tempi in cui allo stagionale potevi dare a norma di legge seicento euro al mese per dodici ore di lavoro al giorno? Gliela bucherei quella barca in mezzo al mare! Se continuate a vedere solo il green pass senza vedere i mille stop pass e senza lottare per abbatterli significa che ve lo meritate proprio il governo Draghi.
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