UN BLOG
IN FORMA DI MAGAZINE
E VICEVERSA

Allonsanfàn
{{post_author}}

Giorgio Fabio Colombo. Fantasmi e Guerrieri nel Giappone delle vendette

Si entra nel saggio di Giorgio Fabio Colombo visivamente, attraverso due opere ottocentesche di Utagawa Kunijoshi che attestano un fatto inconfutabile: i giapponesi subiscono da millenni l’incanto di due figure, il fantasma e il guerriero. Ma avremmo potuto entrarci con agio anche attraverso una tavola del manga Lady Snowblood di Kazuo Koike e Kazuo Kamimura, creatura immaginaria che ha ispirato le donne vendicative (tenete a mente la parola vendetta) di Kill Bill di Quentin Tarantino

Questo perché il libro di Colombo, professore di un’imperiale università, conoscitore del Giappone per lavoro e per passione, fa tesoro della cultura popolare (e pure di quella più volgarmente pop): al pari della più alta letteratura, può fornirci un’indicazione preziosa di come un popolo si rapporta al mondo e, in questa circostanza, al diritto.

È il primo scopo del libro, uscito per la nuova collana Altrimondi di Le Lucerne, casa editrice nata appena prima del lockdown: affrontare “la tensione, e talvolta la contraddizione tra diritto e giustizia nell’immaginario giapponese”, tra diritto e giustizia, vale a dire tra il forte e il debole.

Fantasmi e Guerrieri è però piacevolmente leggibile in più modi, oltre che come una dissertazione sulla legge nipponica: presenta una radiografia dell’animo giapponese ed è una miniera di storie, che Colombo raccoglie e ri-racconta.

Esempio. La giovane Okiku, scaraventata in un pozzo per non essersi concessa al suo padrone, torna a perseguitare l’uomo in forma di spettro. Mentre prendiamo nota che il pozzo appare minaccioso in un recente horror (The Ring), affrontiamo un caso quasi paradigmatico nelle narrazioni dei cantastorie nel pacifico periodo Edo (1603-1868): per suggestive e spaventose che siano in sé, le ghost stories giapponesi nascondono una critica, nella vendetta del “ritornante”, alle possibili sfrenatezze di un potere che si muove senza troppe regole codificate.

Offre invece uno spaccato del Giappone rurale la vicenda del capo villaggio Sōgorō che finisce crocifisso per aver presentato una petizione allo Shōgun non rispettando una fila di funzionari arroganti. Superando “il senso di impotenza che la gente comune sperimentava quando si avvicinava alla macchina giudiziaria”, il fantasma compare a riparazione di un meccanismo basato su inscalfibili dislivelli di potere.

La differenza tra uno spettro europeo e uno giapponese? In Occidente i fantasmi, per esempio quello shakespeariani, hanno come attività più concreta l’indicare ai vivi i colpevoli di misfatti, quelli orientali agiscono in prima persona.

Scopriamo dunque i due tratti essenziali che, nella tradizione giapponese, permettono a un defunto di trasformarsi in fantasma: esser vittima di un’ingiustizia e covare il rancore che porta alla vendetta. I fantasmi dunque – anche quelli degli odierni horror – nascono da una sorta di frustrazione, dalla constatazione che non potrebbero avere giustizia in terra.

I guerrieri sono la sola casta che a determinate condizioni può consumare la vendetta “da viva” – questo per lo status privilegiato nella piramide sociale dei Tokagawa, sovrastando contadini, artigiani, mercanti (questi ultimi però pronti a crescite economiche e dunque di influenza esponenziali).

Tra le gesta dei guerrieri, Colombo ricostruisce con particolare attenzione l’episodio dei quarantasette rōnin – samurai il cui padrone è caduto in disgrazia – tramandato come l’incidente di Akō e considerato, nei tipici raggruppamenti per tre giapponesi, una delle “tre grandi vendette”.

Tant’è che, nel giardino dell’ambasciata italiana a Tokyo il luogo più visitato è la stele che indica dove praticarono seppuku dieci di quei rōnin.

Tutto l’episodio raccontato da Colombo mette in luce con sottile analisi giuridica le possibilità della vendetta e il suo riconoscimento, a patto di seguire precise (e impossibili) regole. Ma conquista anche l’altro scopo, meno specialistico, del libro. Il tentativo di fare luce tra le tante stereotipizzazioni subite dal Giappone, super potenza non più economica ma culturale, che ci ha inondato di anime, manga e videogiochi, come l’altro ieri dei film di Akira Kurosawa e di Toshiro Mifune, il samurai in carica della mia generazione.

Ecco. Si trova un buon compendio di luoghi comuni sul Giappone nelle conclusioni di pag. 129, tenendo a mente che l’incidente di Akō è diventato di recente un kolossal hollywoodiano, 47 Ronin di Carl Rinsch con Keanu Reeves, ma ha floppato forse per l’inserzione di troppe novità rispetto alla canonizzata versione kabuki. Che si sia trattata di una vendetta giapponese?

IL LIBRO Giorgio Fabio Colombo, Fantasmi e Guerrieri, Giustizia e vendetta nell’immaginario giapponese (prefazione di Carmen Covito), Le Lucerne. Colombo è professore ordinario di diritto comparato presso l’Università di Nagoya (Giappone) e Visiting Professor di diritto giapponese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, componente del direttivo dell’Associazione italiana di studi giapponesi (AISTUGIA), e socio fondatore dell’Associazione italo-giapponese per il diritto comparato Nichi-I hikakuhō kenkyūkai. Tra i suoi saggi, L’avvocato di Madama Butterfly. Un’analisi storico-giuridica (O Barra O)

Il disegno della cover è di Erubakki Yojita

 

I social: