Chi ha scritto My Favorite Things? John Coltrane, diranno subito i miei piccoli lettori. No, avete sbagliato. Ma state tranquilli, non siete gli unici ad aver fatto questo errore, ricordando di aver ascoltato questo bellissimo pezzo suonato dal sassofono del geniale jazzista americano. Lui stesso una volta ha detto: “Molti pensano, sbagliando, che My Favorite Things sia una mia composizione; vorrei tanto averla scritta io, ma è di Rodgers e Hammerstein”.
Siamo a metà del 1960: nonostante il successo di Kind of Blue, John decide di lasciare il gruppo di Miles Davis e fonda il proprio quartetto con McCoy Tyner al pianoforte, Steve Davis al contrabbasso ed Elvin Jones alla batteria. Ha voglia di esplorare le possibilità espressive del sax soprano, uno strumento fino a quel momento poco utilizzato dai musicisti jazz, e di esercitare il suo stile musicale su alcuni brani “classici”, ormai diventati standard. Ne sceglie due di Gershwin, But Not For Me del 1930 e Summertime del 1935 – su cui hanno già lavorato a lungo rispettivamente Chet Baker e Davis con le loro trombe – e uno di Cole Porter del 1945, Ev’ry Time We Say Goodbye, e anche questo è già stato un successo di Chet. Poi, in maniera inaspettata, sceglie una canzone “nuova”, che solo l’anno precedente Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II hanno scritto per il loro nuovo musical, The Sound of Music. Non è certo la canzone più famosa di quello spettacolo, ma a Coltrane piace molto ed è sicuro di riuscire a ricavarne quello che sta cercando. Ha ragione: My Favorite Things, quella traccia di quasi quattordici minuti in cui lui e Tyner intrecciano i loro assoli su una melodia apparentemente semplice, diventerà uno dei suoi brani più famosi. Lo interpreterà in molte altre occasioni e ogni volta sarà sempre differente da quella prima storica registrazione. In un suo concerto a Tokyo del 1966 quel brano dura quasi un’ora.
Sotto Natale e nel film
Strano destino quello di questa canzone. Forse la conoscete anche come una canzone di Natale, perché tanti artisti l’hanno inserita nei loro album natalizi, da Tony Bennett a Barbra Streisand. Anche se le prime a farne un classico delle feste sono state le Supremes – nella formazione storica con Florence Ballard, Diana Ross e Mary Wilson – in Merry Christmas, il quinto degli album registrati nel 1965 per la Motown. Certo ci sono le campane e le slitte, la neve e le manopole di lana, i pacchetti, ma non è Natale, semplicemente siamo in inverno, a Salisburgo. E infatti tra le cose preferite di questa giovane ragazza austriaca c’è la schnitzel. O magari avete sentito questa canzone nella versione dei Chicago oppure cantata da Björk nel finale del film di Lars von Trier Dancer in the dark, Palma d’oro a Cannes nel 2000, anche se la canzone non sarà inserita nell’album con la colonna sonora del film.
Poi naturalmente potete averla ascoltata nel film Tutti insieme appassionatamente, come è stato tradotto in Italia, in maniera davvero bizzarra, il titolo del film che nel 1965 è stato tratto dal musical. La musica è sempre quella di Richard Rodgers, ma le parole sono di Antonio Amurri, uno dei padri del varietà radiofonico e televisivo del nostro paese, insieme a Maurizio Jurgens e Dino Verde, con cui ha spesso lavorato. Amurri – che è anche un prolifico paroliere, suoi sono i testi di Piccolissima serenata, Sono come tu mi vuoi, Stasera mi butto, La banda, Chimera e molte altre – abbandona il testo di Oscar Hammerstein II e lo riscrive completamente. Spariscono così le oche selvatiche che volano con la luna sulle ali, come gli inverni argentati che si sciolgono nella primavera. Nella versione italiana del film è Tina Centi a dare voce a Maria, cantando con la sua ineguagliabile grazia Le cose che piacciono a me.
In quegli anni la cantante di origini marchigiane doppia anche le canzoni di My Fair Lady e Mary Poppins. Tina Centi è una delle grandi voci del cinema italiano degli anni Sessanta, anche se il suo nome ormai è quasi del tutto dimenticato, eppure è grazie a lei se ricordiamo alcune splendide canzoni della nostra infanzia.
Divagando con Audrey e Marni
Mary ed Eliza, Judy e Audrey: so che mi accusate di essere come il Dottor Divago di Marcello Marchesi, ma questa è una storia che non posso non raccontare. Quando nel 1964 Jack Warner decide di fare un film da My Fair Lady, il musical che ha sbancato i botteghini a Broadway e nel West End, decide di confermare nel ruolo del professor Higgins l’attore inglese Rex Harrison, ma si rifiuta di affidare il ruolo di Eliza a Julie Andrews, che pure ha riscosso un grande successo a teatro, ma è sostanzialmente sconosciuta al pubblico cinematografico. Il produttore pensa allora alla Hepburn, la star di Vacanze romane, Sabrina, Colazione da Tiffany. Audrey non vuole accettare, perché non sa cantare come Julie e soprattutto per rispetto verso la collega, a cui quel ruolo spetta di diritto. Warner le spiega però che Julie Andrews non sarà mai chiamata e che, in caso di un suo rifiuto, il ruolo sarebbe toccato a Liz Taylor. Solo allora – e immagino punta sul vivo – Audrey accetta. E accetta anche che Marni Nixon le “presti” la voce nei numeri musicali. Marni si è meritata il soprannome the voice of Hollywood perché le è toccato spesso, anche senza essere accreditata, di “far cantare” altre attrici, come Natalie Wood in West Side Story, o di aiutarle, come ha fatto con Marilyn: è Marni a cantare le note più alte in Diamonds Are a Girl’s Best Friend. Il film è stato un successo mondiale, anche per la grazia inarrivabile di Audrey Hepburn – forse non molto credibile come sboccata fioraia londinese, ma incantevole quando si trasforma nella “creatura” del professor Higgins – ma Audrey è stata l’unica a pagare per l’ostinazione di Jack Warner a volere una star, a garantirsi un grande successo di botteghino. E infatti all’edizione degli Oscar di quell’anno non ottiene nemmeno la nomination: ingiustamente. Per Julie Andrews quel rifiuto è l’inizio di una carriera cinematografica sfolgorante, che la farà diventare un’icona. Walt Disney vuole che sia proprio lei la protagonista del suo nuovo film, dedicato al personaggio inventato da P. L. Travers, tanto da essere disponibile a posticiparne la lavorazione se fosse stata scelta per My Fair Lady. Si tratta di una scelta azzardata, ma assolutamente indovinata, che ha fatto il successo del film e della Andrews, che ha vinto, meritatamente, l’Oscar. Per la cronaca Marni è accreditata anche nel film di Disney: interpreta le oche che cantano con Mary e Bert. Mentre in Tutti insieme appassionatamente è suor Sophia, finalmente mostrando il viso. Nonostante questa storia, mi piace pensare che in Italia Mary ed Eliza hanno la stessa voce, quella cristallina ed elegante di Tina.
Una canzone per due
Ma torniamo a My Favorite Things. Naturalmente, se siete appassionati dei film in lingua originale e avete voglia di navigare su Youtube potete aver sentito questa canzone nella versione più “classica”, ossia quella interpretata da Julie Andrews per il film. Ma probabilmente pochi di voi conoscono la canzone come è stata scritta, ossia quella per il musical che ha debuttato il 16 novembre 1959 al Lunt-Fontanne Theatre a Broadway, appena sessantadue anni fa. Quella che ha ascoltato Coltrane. E scopriamo, inaspettatamente, che si tratta di un duetto.
Le monache di Nonnberg non sanno proprio cosa fare con quella giovane postulante che ama tanto cantare e che si perde di continuo tra i monti intorno all’abbazia: forse non è pronta per la vita monastica, bisogna che stia per qualche tempo fuori da lì, nel mondo. La madre badessa dice a Maria che ormai la decisione è presa: sarà la nuova governante dei sette figli del capitano von Trapp, che è rimasto vedovo. A questo punto Maria naturalmente canta e – dopo tutto è un musical – insieme a lei canta anche la madre badessa. E cantano, una dopo l’altra, My Favorite Things. Nel film – come ricorderete – la canzone arriva un po’ più avanti nella storia: Maria è già al lavoro, si è già conquistata l’affetto dei figli del capitano, quando una notte scoppia un violento temporale e la giovane canta questa canzone per tranquillizzarli. Ormai gran parte delle produzioni teatrali accettano questa versione e My Favorite Things viene cantata dalla sola Maria a questo punto della storia, “sfrattando” The Lonely Goatherd, che nel film accompagna lo spettacolo di marionette che il capitano ha realizzato per i propri figli.
A Broadway le due interpreti del brano sono Mary Martin e Patricia Neway – rispettivamente nei ruoli di Maria e della madre badessa. Martin è una delle grandi regine di Broadway: dopo una lunghissima gavetta e tantissimi provini – da cui il soprannome Audition Mary – viene finalmente notata da Hammerstein. Per lei è l’inizio di una brillante carriera, negli anni Cinquanta è la protagonista di tre grandi musical: South Pacific, Peter Pan e appunto The Sound of Music, per ciascuno dei quali vince il Tony. Mary Martin rimarrà sempre una grande interprete teatrale, una delle più grandi di Broadway, ma Hollywood non la riconoscerà mai come una possibile star. Per questo rischiamo di dimenticarla – se non per essere la madre di Larry Hagman – nonostante i suoi grandi successi e la sua splendida voce.
Le opere moderne di Patricia Neway
Come non conosciamo il nome di Patricia Neway, una delle maggiori soprano degli Stati Uniti, che nella sua carriera ha alternato continuamente – e con successo – i ruoli nel musical con quelli nell’opera, in un periodo particolarmente felice per il teatro di quel paese. Nel 1946 debutta come Fiordiligi in Così fan tutte di Mozart e due anni dopo è nel coro femminile della prima di The Rape of Lucretia di Benjamin Britten. Nel 1950 è la protagonista femminile dell’opera di Gian Carlo Menotti Il console, poi la Madre nei Sei personaggi in cerca di un autore di Hugo Weisgall – dalla commedia di Pirandello – e ancora Santuzza nella Cavalleria rusticana di Mascagni, Marie nel Wozzeck di Alban Berg, Erodiade nella Salomé di Richard Strauss. A Parigi è la protagonista della Tosca di Puccini, ma in America continua a interpretare le opere di autori suoi contemporanei come Samuel Barber, Lee Hoiby, Carlisle Floyd. E nel 1960 per il suo ruolo in The Sound of Music ottiene meritatamente il Tony. Patricia ha sei anni meno di Mary, ma la sua interpretazione e la sua voce si impongono come quelle della severa badessa, che ha così a cuore le sorti di quella ragazza. Naturalmente per il film è troppo giovane: il ruolo tocca a Peggy Wood, un’attrice di grande tradizione, una delle dame di Broadway, che qui recita per l’ultima volta, ottenendo una meritata nomination. Non può cantare Clim Ev’ry Mountain, in cui viene doppiata da Margery McKay.
Patricia Neway nel corso di tutta la sua carriera, accetta molti ruoli in opere “moderne”, dando quindi un grande contributo al rinnovamento di questo genere nel teatro statunitense – perché, a differenza di quello che credono molte cariatidi qui in Italia, ci sono anche opere “moderne” – e in tutti i suoi ruoli riesce sempre a tenere insieme una grande capacità interpretativa alle indubbie doti canore. In rete potete trovare alcune sue interpretazioni – specialmente televisive – che meritano di essere viste.
Credo di avervi raccontato tutta la storia di questa canzone. Ma soprattutto credo di avervi raccontato diverse cose che piacciono a me: le variazioni modali di John Coltrane, la bella televisione di Amurri e Verde, l’incantevole eleganza di Julie Andrews e Audrey Hepburn, le canzoni di Mary Poppins cantate da Tina Centi, i fulminanti aforismi di Marcello Marchesi, la possibilità di raccontare in tanti modi le commedie di Luigi Pirandello, le belle opere liriche, di tutte le epoche, i musical della Golden Age di Broadway, la voce appassionata di Patricia Neway, e naturalmente la luna sulle ali della oche selvatiche.
Nella foto di apertura, Julie Andrews in Tutti insieme appassionatamente
- Luca Billi è noto sul web anche con il nome di Protagoras Abderites. Trovate un intero vocabolario delle sue storie, qui. Ha da poco pubblicato il romanzo Una mucca alla finestra (Villaggio Maori Edizioni)