Da più di duemila anni leggiamo sempre la stessa storia: Atene e Sparta, gli dei dell’Olimpo, gli eroi, le chimere, l’impasto tragico che, come un caleidoscopio, presenta una sfumatura sempre diversa del nostro essere. Noi leggiamo, e molti ne hanno scritto e continuano a scrivere, in uno spettro vastissimo di stili e approcci narrativi: dagli straordinari ed eruditi testi di Roberto Calasso alla saga di Percy Jackson di Rick Riordan, fino al recente fenomeno Madeline Miller, che con la sua Canzone di Achille e Circe è diventata un’autrice globale. Tutto attinge alla stessa sorgente.
In particolare, molti titoli parlano direttamente ai giovani lettori (che, ricordiamolo, sono la fascia che legge di più in Italia: il 77% contro il 56% degli adulti, secondo una recente statistica Aie). Provate ad avvicinarvi alla sezione per ragazzi di una qualsiasi libreria: oltre alle vagonate di (più o meno) famose saghe young adult, che si rinnovano di stagione in stagione, c’è uno scaffale che non invecchia mai, quello della mitologia.
“Non dobbiamo stupirci: il mito greco è una specie di genoma culturale. Non a caso, è il laboratorio a cielo aperto della psicoanalisi: ogni figura e ogni relazione hanno un potenziale simbolico”, dice Sabina Colloredo, scrittrice, grande appassionata di mitologia greca, autrice di un centinaio di libri tra racconti, romanzi storici, biografie femminili e poesie. La bellezza di Medusa, Miti Greci, Penelope, e le fortunate saghe per ragazzi di Hotel Olimpo e Nettare e Ambrosia sono solo alcuni dei suoi titoli legati al “classico”.
Partiamo proprio da Miller, che in questi giorni apre la serie di eventi legati al Festival del Classico di Torino (2-5 dicembre). La canzone di Achille ha riportato alla ribalta l’eroe per eccellenza, ed è un libro molto amato dagli adolescenti, oltre che dagli adulti. Ma c’è anche un’attualizzazione dei sentimenti, in questo personaggio, che spiazza un po’, forse lo toglie dal piedistallo del mito… che ne pensa?
A mio avviso l’opera più matura e davvero straordinaria della Miller è Circe, dove è riuscita a dare corpo alla complessità e al mistero di questo personaggio, oltre al potere della sua femminilità, che si scatena di fronte all’eterno dramma della violenza dell’uomo sulla donna: in fondo, trasforma gli uomini in maiali per evitare lo stupro. Sulla Canzone di Achille comprendo chi percepisce le dissonanze, si avverte un certo senso di straniamento che emerge sempre quando un autore, seppur bravo e preparato, appartiene a una cultura differente. Mi fa pensare alla sontuosità di Troy, dove c’è uno stupendo Brad Pitt, costumi curati, scene impeccabili. Eppure la reinterpretazione americana dell’epica è qualcosa che non la rappresenta mai completamente, non ne coglie il senso profondo.
Ecco, come si fa a scrivere di mitologia? Com’è il processo creativo su una storia che già conosciamo?
Per quanto mi riguarda c’è un filo che lega tutti i libri che ho fatto, ed è una continua ricerca personale. È chiaro che non può essere la mera “riduzione” della storia. Cerco sempre strade nuove, cosa per cui serve una documentazione molto approfondita e la voglia di raccontare usando una prospettiva inedita, o dando voce a un personaggio inatteso. Ho raccontato il cavallo di Troia attraverso la voce di Elena, Giasone attraverso Medea, Medusa attraverso lo sguardo corale di tutti i reietti che, come lei, portano nel corpo le tracce di un’ingiustizia o di un dolore insopportabile.
Chi è Omero?
Omero è come Shakespeare, prende un enorme filone di racconto corale e ne intreccia le trame, ci regala finali sensazionali e aperti.
Quali storie piacciono di più ai ragazzi?
I ragazzi sono sempre sorprendenti, quando li incontro nelle scuole hanno questa capacità di guardare le cose da prospettive altre, e il mito per loro è sicuramente un laboratorio di riflessione e interpretazione della realtà. Credo che le loro storie preferite riguardino il superamento delle prove e l’amicizia. Nella serie di Nettare e Ambrosia, la storia di due orfani adottati dagli dei, ho inserito l’elemento della ricerca delle origini, ed esperienze in cui i due personaggi affrontano insieme le rispettive paure.
Perché il mito greco gode ancora di enorme successo, culturale e editoriale, invece il tema del cavalleresco, che può essere considerato altrettanto affascinante e avventuroso, non ha lo stesso smalto?
Sa che me lo domando spesso anch’io? Sono una grande appassionata anche del ciclo di Re Artù, e ho scritto di epoche precedenti come quella dei Longobardi (Rosmunda) e il Medioevo delle streghe (Quando diventammo streghe), ma è vero che le saghe cavalleresche al momento suscitano minor entusiasmo. Ed è un peccato, a mio avviso: è un periodo pieno di storie meravigliose che aspettano solo di essere raccontate.
Quali sono i suoi personaggi mitologici preferiti?
In generale, le figure femminili, perché hanno un’enorme portata simbolica e un particolare dinamismo psicologico. Pensiamo a Pandora, la Eva della mitologia: creata dagli dei perché gli uomini ne avessero piacere, che porta con sé il vaso con tutti i mali del mondo. In questa storia c’è già la fotografia di un’epoca e di una cultura. E poi Medusa, che era una ragazza bellissima e ha commesso un solo errore: fare l’amore con Poseidone sull’altare della dea Atena. La punizione è arrivata per lei, non per lui. Medusa non la puoi guardare perché è il lato oscuro del femminile, è un pozzo sul quale nemmeno Perseo può affacciarsi, ha bisogno di uno specchio per ucciderla. Infine Persefone, che in Ade incontra la fine della fanciullezza e in fondo la morte, eppure porta gioia anche dove non era possibile, negli Inferi, e trasforma quell’incontro nel matrimonio più riuscito della mitologia.
Credit: Circe Surfs the Web, after John William Waterhouse by Mike Licht, NotionsCapital.com is licensed under CC BY 2.0