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Allonsanfàn
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L’emergenza e i morti di Covid. Che cosa c’è dietro un numero

Qual è la soglia? Cento? Duecento? Mille? Quante persone possono morire in un giorno prima che scatti lo stato di emergenza? Quante persone devono morire in un giorno perché ciascuno di noi pensi che la situazione sta diventando davvero insostenibile? Ovviamente basta uno, se quell’uno è il nostro partner, uno dei nostri figli, o comunque una persona a cui vogliamo bene. E allo stesso modo non bastano mai se sono estranei. Se poi muoiono in qualche altra parte del mondo, in un paese che faremmo fatica a trovare su una carta geografica, quel numero diventa del tutto irrilevante, meno importante del numero di gol fatti dalla nostra squadra nell’ultima domenica di campionato e dei soldi che abbiamo speso per fare i regali a parenti che siamo costretti a vedere una volta all’anno.

Naturalmente so che le autorità hanno un loro numero, immagino rapportato con quello totale della popolazione, per decidere che una regione debba diventare gialla o arancione o rossa e di conseguenza le misure da adottare per contenere il contagio. E, visto che per qualche anno ho fatto quel lavoro, ho dovuto decidere – anche se per fortuna mai sulla vita e la morte delle persone – mi rendo conto che quel numero deve essere superiore a uno, molto superiore a uno. Non può bastare un morto di Covid al giorno per decretare lo stato di emergenza, come non basta un morto al giorno a causa degli incidenti stradali o un morto al giorno a causa dell’infarto o uno, anzi una morta al giorno a causa della violenza domestica per definire che questo o quella sia un’emergenza e così via, decidete voi la causa di morte che vi sta più a cuore. D’altra parte Aristotele ci ha insegnato da tempo che tutti gli uomini sono mortali: è qualcosa che abbiamo imparato ad accettare. Così come abbiamo conseguentemente accettato che Socrate, in ragione del suo essere uomo, sia mortale. Abbiamo qualche difficoltà in più ad accettare che noi siamo mortali: lo sappiamo, ma preferiamo far finta che non sia vero.

Fatto salvo che le autorità devono definire quella fatidica soglia, spero non troppo alta, ma comunque sufficiente per permettere a tutti noi di continuare a vivere, seppur con qualche limitazione, come se quelle morti non fossero affar nostro, io credo che ciascuno di noi dovrebbe comportarsi come se quel limite fosse uno. E non un uno che conosciamo, un uno a cui vogliamo bene, ma proprio uno, uno qualsiasi. Perché quelle morti sono anche affar nostro, soprattutto le morti delle persone che non conosciamo. E quindi dovremmo agire di conseguenza, ad esempio vaccinandoci e adottando tutte quelle precauzioni che ci possono permettere di non diffondere il contagio, ma anche lavorando affinché tutti, proprio tutti possano vaccinarsi. E non mi riferisco a quella triste e infima minoranza che, pur potendolo, decide di non vaccinarsi – francamente di loro mi importa assai poco – ma penso ai milioni di donne e uomini che, pur volendo, non possono vaccinarsi, perché vivono dalla parte sbagliata del mondo. E allo stesso modo credo che dovremmo comportarci come se la soglia non accettabile per i morti a causa di incidenti stradali o di infarto o di violenza domestica – o qualunque altra causa voi scegliate – sia uno, o una, facendo quello che possiamo per arrivare a quel risultato. Anche se ovviamente non ce la faremo mai. Tra l’altro credo che questo ci servirebbe a farci capire, finalmente, che siamo mortali.

Credit: 260,000+ Dead by Geoff Livingston is licensed under CC BY-NC-ND 2.0

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