L’importanza di una testimonianza sta nel “guardare oltre” ogni ostacolo e indifferenza. Da 50 anni Medici senza Frontiere e i fotografi Magnum si incontrano sulla linea del fronte, nelle calamità naturali e nelle emergenze umanitarie, e raccontano con la parola e con la fotografia, seguendo gli stessi principi di etica e di indipendenza.
Nata nel 1971 in Francia per volontà di un gruppo di medici e di giornalisti, Medici senza Frontiere è la più grande organizzazione umanitaria indipendente che dà assistenza medica di emergenza a milioni di persone in situazioni di crisi. Magnum, fondata nel 1947 all’indomani della Seconda Guerra Mondiale da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger e William Vandivert, è una tra le più importanti agenzie fotografiche nel mondo.
In occasione del cinquantesimo anniversario di Msf, la mostra fotografica Guardare oltre – Msf & Magnum: 50 anni sul campo, tra azione e testimonianza ripercorre i cinque decenni di una collaborazione che ha visto Msf e Magnum testimoni diretti di crisi lontane dai riflettori dei media.
Esposti per la prima volta in Italia nell’ambito del festival internazionale di visual narrative Cortona On The Move, dal 27 febbraio fino al 6 marzo sono in mostra alla Fabbrica del Vapore a Milano 102 scatti di 18 fotografi, tra foto storiche d’archivio e sette nuove produzioni su temi di grande attualità. Raccontano le principali crisi umanitarie dal 1971 a oggi: dai conflitti in Afghanistan e Libano al genocidio in Ruanda, dal massacro di Srebrenica al terremoto a Haiti fino alle attuali rotte migratorie in Messico, Grecia e nel mare Mediterraneo.
Tra le foto in mostra, gli scatti di Raymond Depardon mostrano i conflitti in Libano del ’76 e in Afghanistan nel ‘79, quando le équipe di Msf attraverso il Pakistan trasportarono medicinali e attrezzature a cavallo, allestendo piccoli ospedali tra le montagne afghane. «Non c’era altro posto dove farsi curare, i nostri centri erano oasi in mezzo a deserti d’indifferenza. Ricevevamo quasi 3.000 persone al mese, dalla mattina alla sera» ricorda Juliette Fournot, allora capo missione di Msf in Afghanistan.
L’obiettivo di Gilles Peress documenta il genocidio in Ruanda, quando tra l’aprile e il luglio 1994 vennero uccise quasi un milione di persone e per la prima volta Msf lanciò un allarme all’Assemblea generale dell’Onu. «Bisognava rompere completamente con la neutralità umanitaria e affermare quanto fosse necessario intervenire militarmente contro gli autori di quelle atrocità» dice oggi Jean-Hervé Bradol, coordinatore di progetto per Msf in Ruanda.
E ancora: «Siamo stati testimoni, sapevamo cosa sarebbe successo. Prendere in mano la macchina fotografica significa almeno confrontarmi con questa responsabilità: non voglio far finta di niente» scrive Gilles Peress sul massacro di Srebrenica, quando Msf, unica organizzazione ancora presente, fu costretta a evacuare lasciando parte del personale e dei pazienti e chiese un’indagine sulla passività delle truppe delle Nazioni Unite al momento della tragedia.
In mostra, tra gli altri, anche Enri Canaj e i suoi scatti sulla condizione di migranti e rifugiati nelle isole greche di Lesbo e Samos; Thomas Dworzak, in prima linea per documentare l’arrivo di profughi etiopi in Sudan a causa del conflitto scoppiato nel Tigray; Newsha Tavakolian, autore delle immagini delle donne nei campi sfollati dell’Ituri nella Repubblica Democratica del Congo; Yael Martinez che racconta una delle principali rotte migratorie al mondo, quella tra Messico e Honduras.
Tra i fotografi Magnum anche gli italiani Paolo Pellegrin con le foto sull’accesso alle terapie per l’Hiv negli anni ’90, l’emergenza in Darfur del 2003, il terremoto a Haiti del 2010 e le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, e Lorenzo Meloni con la battaglia di Mosul nel 2017.
«In questi 50 anni i fotografi Magnum hanno raccontato i contesti difficili in cui operiamo, testimoniando la forza e la resilienza delle persone, riportandole poi al pubblico internazionale» dice Claudia Lodesani, presidente di Msf. «Questa mostra testimonia l’impegno che da sempre ci accomuna: dare voce a chi non ne ha».
«Dai conflitti in Libano e Afghanistan degli anni ’70 ai massacri in Ruanda e nella ex Jugoslavia fino alle attuali crisi umanitarie in Siria, Iraq e lungo le rotte migratorie, da più di cinquant’anni i nostri operatori umanitari si trovano a lavorare fianco a fianco con i fotografi della Magnum. Anche se con strumenti diversi – un bisturi o una macchina fotografica – condividiamo una stessa missione fondamentale: testimoniare» ricorda Stefano Di Carlo, direttore generale di Msf. «Questa mostra vuole celebrare questa storica collaborazione di Msf e Magnum. Un “guardare oltre” e portare immagini che rappresentano la nostra testimonianza di 50 anni».
Le foto esposte sono di A. Abbas, Enri Canaj, Raymond Depardon, Thomas Dworzak, Stuart Franklin, Hiroji Kubuta, Yael Martinez, Lorenzo Meloni, Paolo Pellegrin, Gilles Peress, Cristina Garcia Rodero, Moises Saman, Jerome Sessini, Chris Steele-Perkins, Newsha Tavakolian, Nanna Heitmann, Zied Ben Romdhane, Lindokhule Sobekwa.
La mostra Guardare oltre – Msf & Magnum: 50 anni sul campo, tra azione e testimonianza, ha il patrocinio del Comune di Milano e il sostegno della Mutua sanitaria Cesare Pozzo, ed è aperta al pubblico alla Fabbrica del Vapore di Milano dal 27 febbraio fino al 6 marzo dalle 10 alle 19 (ingresso libero con prenotazione obbligatoria cliccando qui).
Foto in apertura: Profughi Rohingya in Bangladesh, in lotta per la sopravvivenza (2017) ©Moises Saman / Magnum Photos