Davvero CODA-I segni del cuore può essere considerato il più bel film che le cinematografie di tutto il mondo hanno prodotto quest’anno? È la domanda che si è posto Walter Veltroni sulle pagine del Corriere all’indomani della piattissima (schiaffoni a parte) cerimonia degli Oscar 2022.
In effetti, per chi ha amato La famiglia Bélier, incantevole film francese di cui CODA è il remake, è davvero sorprendente la tripletta di premi incassati: miglior film, miglior sceneggiatura originale, miglior attore non protagonista (a Troy Kotsur, attore non udente che ha interpretato il ruolo del padre).
Allora, andiamo con ordine, e vediamo perché la versione americana non ha neanche lontanamente lo stesso spessore emotivo dell’opera originale francese e perché, probabilmente, è stato un facile compromesso politically correct tra opere certamente più complesse e ambiziose (ricordiamo che tra le dieci pellicole in gara come miglior film se la giocavano Il potere del cane di Jane Campion, West Side Story di Stephen Spielberg, Belfast di Kenneth Branagh, Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson, Dune di Dennis Villeneuve, Nightmare Alley di Bradley Cooper/Guillermo Del Toro…).
1. È un remake. Quando mai si dà l’Oscar a un remake? L’unico ad esserci riuscito, in precedenza, era stato Martin Scorsese con The Departed (e su questo non si può proprio dire niente).
2. Ne valeva la pena? La famiglia Bélier, film del 2014 di Eric Lartigau, non poteva in alcun modo essere reso più bello di quanto fosse già.
3. La musica. Uno degli assi della storia, nei due film, è la vocazione al canto della protagonista. Sono evidenti le differenze tra le doti vocali delle due attrici (Emilia Jones fa il suo compitino, ma Louane Emera nei Bélier spacca tutto, si capisce che è una cantante di professione e interpreta il fenomeno che è davvero).
4. La musica/2. CODA non segue pienamente le vicende del coro in cui si forma la protagonista, anzi il coro è proprio inesistente, quando nell’opera originale il coro francese di bambini del Teatro dell’Opera di Parigi offre dimensione e prospettiva al lavoro di preparazione della protagonista.
5. La musica/3. Allora, le canzoni. Sì, il Premio Oscar scomoda Etta James e Joni Mitchell, ma la colonna sonora della Famiglia Bélier, opera dei compositori Evgueni e Sacha Galperine, vola letteralmente sulle canzoni di Michel Sardou. Come si può competere con la canzone d’amore francese? Quando i due giovani protagonisti cantano, guardandosi negli occhi, “À faire pâlir tous les Marquis de Sade/À faire rougir les putains de la rade/À faire crier grâce à tous les échos/À faire trembler les murs de Jéricho”, sono brividi veri, il resto solo canzonette.
6. La disabilità. La famiglia Bélier come film non aveva avuto vita facile tra le comunità di sordi, che avevano sollevato molte critiche, sottolineando una rappresentazione sbagliata della loro realtà. Allora viene da chiedersi come valuteranno il remake americano, che è riuscito nell’intento di essere molto meno delicato: se nell’opera originale l’aspetto invalidante della sordità passava quasi in secondo piano, di fronte all’eccentricità e alla forza di questa famiglia, la questione in CODA viene messa sul piano del bullismo a scuola. Veramente triste e banale.
7. La dimensione psicologica. La protagonista dei Bélier si sente responsabile nei confronti della sua famiglia: al centro del film, che alla fine è una storia di formazione, c’è la presa di distanza da questo vincolo, che avviene attraverso la scoperta del proprio talento. La famiglia ne prende faticosamente consapevolezza e, alla fine, mostra che l’amore significa anche lasciare andare (la canzone del provino s’intitola, non a caso, Je vole). La protagonista di CODA subisce un ricatto morale: l’evoluzione psicologica è quasi inesistente, anzi procede a colpi di scena, per cui non capisci perché, alla fine, la famiglia cambia idea.
8. Il prof. Le diverse sensibilità geopolitiche fanno sì che l’insegnante di musica in CODA sia un simpatico messicano, senza sfondo psicologico, con la politica del coach.
9. Il provino. Che cosa si può dire? La scena è la stessa nei due film. Solo che in quello americano siamo nella zona-eroe, quella in cui dopo tanto sudore, lacrime e addominali si conquista il premio. Nel film francese scendono le lacrime e si torcono le budella alla prima nota.
10. È un premio Oscar, massimo rispetto. Se vi volete davvero divertire, però, guardate l’originale.