L’originalità e la significanza di Beppe Fenoglio non stanno solo nella scrittura, nella tensione ideale e narrativa, nella profondità delle opere. Fenoglio è letto, amato, seguito, rappresentato ed evocato in musica, teatro e nella convegnistica perché è atemporale, è sempre attuale; perché suggerisce e forma un pensiero libero e identitario.
Nelle pagine di Fenoglio dominano la vita, l’esperienza personale, i valori della terra d’origine, l’ambiente, la comunità dei pochi ma veri, l’amore autentico e anche difficile, il confronto amaro del particolare contro i sogni; la durezza della lotta partigiana con le sconfitte e gli ideali perenni.
In Fenoglio troviamo il confronto diretto con la storia, con le vicende umane e resistenziali; non abbiamo narrazioni ispirate, ma rigore e autenticità dei fatti.
Lo scrittore non è stato solo albese, per vita e formazione; ha vissuto la Resistenza fra le sue Langhe prima e nel Monferrato poi come ufficiale di collegamento fra le formazioni partigiane e le missioni inglesi e americane.
Molti suoi capolavori sono postumi. Non ha mai abbandonato il Piemonte. Ha scritto, narrato solo per esistere ancora, oltre il tempo.
Leggendo le sue pagine si coglie il rigore dell’ispirazione, la tecnica della scrittura molto nuova e ricca di riferimenti passati e di neologismi. Fenoglio parla oggi una lingua sempre contemporanea e mai consueta, una lingua ricca di emozioni e di contenuti.
Nelle pagine di Fenoglio troviamo il singolo partigiano che affronta il fascista, la famiglia e il paese collinare che lo ospitano; troviamo il paesaggio che sembra parlare, troviamo la voglia di cambiamento, di ribellione verso il potere degenerato; rinveniamo lo spirito di gruppo dopo decenni di arroganza elitaria del super uomo fascista.
Ecco perché Fenoglio è attuale e contemporaneo
Il suo partigiano è protagonista di una ribellione individuale contro il potere dell’ignoranza e della banalità, contro una dottrina assertiva e senza dialogo, contro l’organizzazione pervasiva che priva ogni libertà. Il partigiano di Fenoglio non risponde ai bandi della RSI e sceglie la formazione nella Resistenza; è l’uomo che vuole costruirsi il proprio futuro, che vuole ridisegnare una società diversa; è l’uomo che cerca uno sbocco esistenziale nuovo e che vuole veder vincere i principi e non i privilegi.
Il partigiano di Fenoglio non è isolato, ricerca l’aiuto delle missioni inglesi e americane, attraversa il territorio, collega comune e comune, vive giorno per giorno, verso la Liberazione.
Anche per Fenoglio, la Resistenza non fu scelta di una parte, ma grido di ribellione di molta gente, di una intera collettività, di giovani e genitori, di ex militari e studenti, di operai e contadini, di uomini e donne.
La Resistenza fu espressione della sete di nuova cultura, di nuova emancipazione dalla guerra e dalla povertà indotta dal regime; il partigiano di Fenoglio ha studiato, si è impegnato, non si è arreso al destino, ma ha voluto costruirsi il proprio destino.
L’attualità del pensiero e della scrittura di Fenoglio sta proprio qui: nell’opzione dell’impegno singolo e corale di una terra e di una comunità, nell’opzione della libertà conquistata sempre e mai regalata.
Perché la Resistenza va rivissuta
La vicenda resistenziale è di tutti gli italiani. Non c’è alcun spazio alla polemica di parte o a retropensieri e strumentalizzazioni. Ci furono le vittime, troppe vittime; le formazioni partigiane, i convinti antifascisti storici e nuovi, ma vi fu anche un’intera popolazione contadina e operaia che diede sostegno alla lotta; vi furono giovani e studenti, artigiani ed ex militari ed ex carabinieri che seppero scegliere; si incrociarono culture e espressioni sociali molto differenti, da quelle comuniste e socialiste a quelle cattoliche e liberali, più laiche.
Da una parte c’era una Italia che soffriva per la lunga e ingiusta guerra, per il regime oppressivo e senza libertà alcuna, per il quotidiano ripetersi di soprusi e discriminazioni, per lo stillicidio di mille interventi di propaganda; dall’altra parte c’era l’Italia dell’arroganza, della goliardia nostalgica della RSI, della violenza ancora più becera e feroce sull’uomo, degli attacchi e scorribande fra le colline, delle case bruciate e degli animali prelevati, delle minacce e delle sevizie.
Non vi era alcun terreno comune di conflitto, ma solo una radicale differenza. C’erano coloro che lottavano per nuovi ideali e per una pacifica convivenza, contro coloro che volevano mantenere privilegi e silenziare ogni forma di libera espressione.
Vi erano due modelli di società completamente e drammaticamente alternativi: il primo, solidale e coinvolgente tutti, interprete della libertà, nuovo e in divenire; il secondo, fallito nell’economia e nella politica, nella cultura e riflesso solo verso un passato nostalgico e discriminatorio.
Se la Resistenza è parte fondante della nostra storia, se ha ispirato la Costituzione e fatto nascere la democrazia, non va solo ricordata e evocata. Va utilizzata per capire e migliorare il nostro presente. Non solo quindi deve essere un fenomeno e una parentesi correttamente storicizzati, ma può anche rivelarsi forte motivazione per il pensiero e le scelte di oggi.
In questi mesi assistiamo a una guerra nella nostra Europa, si annientano vite umane e distruggono città e infrastrutture senza alcuna ragione, mentre la diplomazia e il confronto sono latitanti.
Proprio nell’emergenza, prima quella sanitaria e ora quella bellica, alcuni settori vorrebbero far trionfare il negazionismo e il dominio dell’immagine sulla sostanza, omologare tutti in un indistinto insieme di demotivazione e appiattimento al ribasso.
Attenzione, la propaganda incontrollata e pervasiva fu l’arma del fascismo di allora e può diventare l’arma di un fascismo soft di oggi.
L’informazione ha oggi un ruolo determinante; è chiamata a diffondere conoscenza e non solo emozioni o tuttologia. La libertà si ha quando anche i media aiutano a riflettere e non acconsentono solo ai poteri forti, economici e lobbistici, e condizionanti della pubblicità o degli assetti proprietari.
Il cittadino deve essere allertato per questo rischio.
La propaganda, poi, sta aggredendo anche la storia resistenziale. Accanto alle ricerche rigorose e documentate, si stanno allestendo rivendicazioni per assiomi e per tesi preconcette, si stanno erodendo le certezze fattuali e storiche con pseudo verità costruite su briciole e falsificazioni della storia.
Solo due esempi: contrapporre e bilanciare le violenze compiute dal fascismo e la RSI con le violenze compiute i partigiani di Tito con i massacri delle foibe, parlando di oscurantismo della sinistra; minimizzare le scelte drammatiche compiute dal regime nello scegliere la guerra, l’alleanza con Hitler, le persecuzioni razziali e il folle miraggio dell’espansione coloniale.
Di fronte ai tentativi di compensare tutto, mettendo sul piatto della bilancia fatti eterogenei e cercando di pareggiare in un silenzio complessivo, si deve rivendicare la giustezza invece della nostra storia collettiva che grazie alla Resistenza ci ha portati a vivere una fase di democrazia anche per chi non condivise il coraggio della lotta di Liberazione.
Il modello fascista della propaganda e non della cultura, dei privilegi e non del merito, dell’arroganza e non della solidarietà, del populismo incolto e non della partecipazione attiva, è stato sconfitto dalla storia.
Fenoglio e la Resistenza fra queste colline hanno scritto non solo pagine di alta letteratura, ma pagine di crescita civile per tutti.
- Sergio Favretto, che firma questo pezzo, è autore di Fenoglio. Verso il 25 aprile (Falsopiano)
Credito foto in apertura: Aldo Agnelli, Centro Studi Beppe Fenoglio di Alba.