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Allonsanfàn
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Rileggendo T. C. Boyle. Per essere amico della terra devi essere nemico degli uomini

L’ho letto nel 2001, quando è uscito in Italia edito da Einaudi. Amico della terra di T. Coraghessan Boyle (conosciuto soprattutto per América) mi aveva incuriosito perché allora ero appassionata di libri e di film del genere fantascientifico-apocalittico (là dove la Terra era colpita da un asteroide oppure sconvolta da una glaciazione oppure fulminata da un’orda di extraterrestri ben diversi dal simpatico E.T. di Steven Spielberg). Le ritenevo storie assurde e impossibili. Una sorta di favole un bel po’ dark.

Amico della terra Einaudi Coraghessan Boyle

Amico della terra è ambientato nella California del 2025 (che nel 2001 mi sembrava un tempo lontanissimo) e ha come protagonista Ty Tierwater, ex ragazzo di 75 anni, che di mestiere fa il custode dello zoo privato di una famosissima popstar, Mac Pulchris, e si prende cura dell’ultimo esemplare vivente della volpe della Patagonia, di una iena, di tre leoni, di due avvoltoi.

Per quarant’anni Ty aveva lottato nelle file degli ecologisti di Salviamo la Terra! Lotte che non erano servite a niente: nel 2025 il pianeta era allo sfascio, molte specie animali erano estinte, e gli uomini brancolavano nel fango sotto un cielo sempre plumbeo o in terre ridotte a deserto sotto un sole sempre accecante.

…I granchi dell’Alaska sono estinti, come tutte le specie che nuotano nel mare o zampettano sul fondo… I ghepardi, i bufali neri, i rinoceronti e gli elefanti sono estinti… Venticinque anni fa in questa regione c’erano solo prati e boschi… e si incontravano linci, cervi, conigli, quaglie e volpi… Salvare gli animali. Per la terra è troppo tardi. E anche per noi. Ma gli animali, se solo riuscissimo a evitare che si estinguano prima di noi – si adatteranno di sicuro, e qualcosa di nuovo salterà fuori al posto nostro. Questa è la nostra speranza. La nostra sola speranza.

Ty aveva combattuto per salvarlo, il suo pianeta. Era stato un eco-guerriero, ma ora si chiedeva se tutto quel suo impegno avesse avuto un senso.

Le valli della Loira e del Reno sono così umide che ci fanno crescere gli ananas… i norvegesi stanno piantando innesti di viti della California nei sobborghi di Oslo… … Niente aria condizionata, vuoi per le restrizioni nel consumo di energia elettrica, vuoi per il prezzo strabiliante di un chilowatt…

Amico della terra è un romanzo che, all’epoca, era stato definito sofisticato e ricco di elementi fantascientifici: un’opera di fantascienza umanistica.

Io non so se fossero questi giudizi ad avermi colpito o se fosse stata la storia (molto più complessa in realtà) che mi aveva lasciato dentro un’inquietudine strana.

Sta di fatto che ho ripreso in mano Amico della terra e l’ho riletto, iniziandolo a Milano un pomeriggio torrido con 36 gradi e terminandolo qualche giorno dopo in Alto Adige, 25 gradi in un rifugio di montagna a 2.000 metri, proprio nelle ore in cui a causa del caldo crollava un enorme seracco sulla Marmolada, nei pressi di punta Rocca. Una strage di turisti e il segnale di un irrecuperabile disastro ambientale.

Amico della terra racconta bene il mondo al collasso. Quel 2025 previsto 21 anni fa da Coraghessan Boyle è tragicamente reale nel tratteggiare il nostro mondo ucciso dall’inquinamento e avviato verso la desertificazione.

Amico della terra è opera sì di fantascienza umanistica. Ma anche testimonianza di quello che oggi, in un anno non così lontano dal 2025, ci troviamo a vivere. Scrive Coraghessan Boyle:

“Pagavo conti e incassavo affitti, e abbassavo il finestrino dell’auto per aggiungere la mia parte di kleenex, bastoncini gelato e pacchetti di sigarette vuoti ai detriti nei fossi delle strade coperte di bitume. Ancora? Bevevo vino, spendevo denaro, viziavo mia figlia e la guardavo accumulare roba a sua volta. Ed esattamente come voi – se vivete nel mondo occidentale, e devo pensare che sia così, altrimenti perché stareste a leggere queste cose? – procuravo alla natura di questo malandato e sanguinante pianeta un danno circa duecentocinquanta volte più grande di quello arrecato dagli abitanti del Bangladesh o di Bali – che pure, credetemi, fanno la loro parte, o la facevano… La forza che mi ha trascinato nel movimento è… l’amicizia per la terra. Per gli alberi e i cespugli e le erbe autoctone e per l’antilope della prateria o il ratto-canguro del deserto e ogni altra creatura che viva e respiri sotto il sole. Eccetto gli uomini. Questo è il punto. Perché per essere un amico della terra, devi essere un nemico degli uomini”.

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