Questo articolo è tratto da Diogene, quotidiano indipendente che si occupa della povertà, diretto da Gianluca Cicinelli. Viaggiando su un binario che da una parte racconta storie e cronache della giornata e dall’altra sviluppa dalle storie inchieste, approfondimenti, analisi e confronti. Senza piagnistei e senza esaltazioni. Non è un giornale del terzo settore, semplicemente è un giornale online, che allo scritto affianca video e podcast
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Alla ricerca di nuovi linguaggi, sia per curiosità culturale sia per esigenze di “marketing” del giornale che abbiamo messo online da poco, Diogene, che occupandosi degli ultimi anziché dei primi è difficile da far apprezzare ai più giovani, ho passato un paio di serate tra TikTok e Twitch. A fare da Virgilio, in quello che per me è stato un inferno della perdita del senso delle cose con cui sono cresciuto, mio figlio “piccolo”, diciottenne d’assalto e moderato utilizzatore di questi social. Devo ammettere che senza il suo aiuto non avrei capito neanche metà delle parole in cui mi sono imbattuto. Ha persino fatto finta, compassionevole nei miei confronti, di non conoscere nemmeno lui bene i termini tecnici. In cambio gli insegno delle antiche parolacce d’inusitata volgarità con cui coatteggiare nel mondo reale, uno scambio alla pari.
Nel caso di TikTok non ho molto da dire, perchè è piuttosto evidente ciò che succede al suo interno e proprio la semplicità è alla base della sua diffusione. O meglio qualcosa da dire l’avrei ma riguarda, e qua sono davvero boomer, l’idiozia dei contenuti, che è però la stessa cosa che pensava mio padre quando da ragazzo leggevo cosette che io ritenevo interessanti come Frigidaire o Il Male.
Filmati di poche decine di secondi, divertenti, volgari, ammiccanti, escludenti, classisti, idioti quanto volete, in cui la frase che ha scritto Alfredo Facchini nel suo articolo sul Metaverso che abbiamo pubblicato su Diogene si rivela estremamente veritiera: “L’unico diritto negato sembra essere quello di non aver nulla da dire e nulla da far vedere”.
Che sia un balletto strano, una caduta, una ricetta vera o assurda, un tentativo di far suicidare le persone, la piazzi online e diventa realtà. Virtuale? Ecco, questo è il punto: per chi ha un piede nel vecchio mondo esiste una distinzione tra reale e virtuale che non ha più senso in questo mondo. Se esiste è reale, che siano pixel digitali o brandelli di carne, può non piacere ma è così, limitarsi a dire quanto era bello il mondo di prima non ha più molto senso.
Semmai il punto di corto circuito può essere un altro, l’idea che l’universo si esaurisca in quel mondo e non nei tanti mondi, sono tanti anche i mondi virtuali ormai. Una ricerca di Google, per l’appunto ormai il motore di ricerca quasi unico e quindi al di sopra di ogni sospetto, dimostra che gli under 20 si affidano per le ricerche su tutte le questioni, anche la storia d’Italia o consigli sanitari, a TikTok e Instagram, che si sta infatti tiktokkizzando privilegiando i filmatini alle fotografie.
Questo è un problema vero su cui si dovrebbe lavorare, far comprendere che un social è uno dei mondi possibili, ma, sembra paradossale dirlo, ogni social è uno dei mondi, meglio frequentarne tanti, di social, che limitarsi a uno. Per questo motivo penso di sfruttare TikTok per una campagna offensiva verso i giovani: “senti stronzetto, lo sai che mentre ci mostri il tuo culo qui stanno morendo di fame milioni di bambini?”.
Gli insulti che ne seguiranno porteranno comunque a cliccare su Diogene, statene certi, qualcuno con del sale in zucca lo recuperiamo, li affronteremo con le loro armi. Dobbiamo stare dentro queste realtà non demonizzarle più di quel che meritano. I lettori vanno insultati, questa è una parte del nostro programma, nel senso che la passività con cui si cerca di essere visti, cliccati e quindi remunerare il proprio lavoro, non può prescindere dalla pretesa della qualità, ci diciamo qui a Diogene, qualità che va imposta, pena la perdita del diritto di reclamare un’informazione più accurata. I lettori o spettatori passivi hanno grosse responsabilità, almeno tanto quanto chi fa informazione.
Diverso, molto diverso, è il discorso per Twitch. Qui il viaggio diventa veramente un viaggio attraverso una realtà fatta di labirinti e mondi molto meno immediati, in un certo vecchio senso, ritengo sempre da boomer, anche più pericolosi, perché qui a tratti viene richiesta della fede in alcune persone. Territorio per guru, santoni, estremisti, influencer de noantri, tramite la creazione di community molto più radicate che su TikTok, ma andiamo con ordine che qui la questione è complicata davvero.
Innanzitutto l’estetica stessa del contenuto. Un video, quasi sempre in diretta ma che resta anche dopo, a fianco del quale compare l’interazione con gli utenti. Quest’ultima è la base essenziale di Twitch, anche perché a differenza delle modalità di guadagno di TikTok, non dissimili dalle strategie promozionali di altri social, qui l’utente può dare i soldi alle persone che segue in varie forme che richiedono sempre l’interazione con il fatto, in questo caso il video, che si sta seguendo.
A parte le sponsorizzazioni, che ci sono anche qui, ovvero l’esibizione in trasmissione di prodotti legati a determinati marchi, i follower possono decidere di abbonarsi al tuo canale al costo di 4,70 euro al mese. Il partner, cioè l’affiliato, riceve la metà, quindi per ogni abbonato nelle sue tasche entrano 2,35 euro. Ci sono poi le donazioni, lo strumento preferito dei guru dell’Alt Right Usa, ma non fatevi ingannare. Le donazioni non vanno solo a chi pubblicizza un mondo di diseguaglianze e di odio. Su Twitch vivono di donazioni soprattutto i playgamer, persone che guardi mentre giocano, loro, a qualche videogioco, talvolta svelandone i segreti altre soltanto a farti vedere quanto sono bravi e con specifiche tecniche e consigli sulla nuova console o sui software da usare per compiti specifici.
Perché dovrei pagare per vedere uno che gioca e si diverte lui anziché divertirmi io? Perché ci gioca molto meglio di te e poi è fico, è stata la risposta che ha troncato sul nascere la mia curiosità di sapere. Non ho insistito. C’è anche la classica pubblicità su Twitch, ma per quella, mi dicono, si guadagna 1 euro ogni 1.000 visualizzazioni, devi avere centinaia di migliaia di follower per camparci. Perché molti non solo ci campano ma fanno soldi veri con questa piattaforma.
Dei playgamer ho detto, ma ciò che mi ha più impressionato per la mole di soldi che gli ruota intorno. sono dei personaggi che non fanno nulla. Che è un po’ il sogno di tutti noi, in effetti, perché sappiamo che l’alternativa è lavorare, ma qui si vive in un mondo in cui questa non è considerata un’alternativa ma la vita stessa. Mio figlio il diciottenne la spiega dicendo che “vivono vivendo”. Mi piace come definizione. Si lavano e lo trasmettono. Si vestono e lo trasmettono. Camminano e lo trasmettono. Accanto scorre il riquadro dei commenti. Ve ne racconto uno che ho guardato per un’ora e mezzo.
C’è un tizio, chiamiamolo Ciccioformaggio per non fargli pubblicità. È già conosciuto, ha circa 50 mila follower, un migliaio dei quali abbonati (fate voi due conti). È di Roma ma è in trasferta a Milano. Ha organizzato un aperitivo all’aperto con i suoi seguaci milanesi. Il video comincia con dei problemi tecnici, che fanno parte a pieno titolo del video. Sta uscendo per strada, non riesce a collegare il video in diretta con la schermata dei commenti. Lo segue un altro tizio, una specie di scagnozzo/amico che lo riprende quando lui si stanca di tenere lo smartphone in mano. Qualità perfetta, immagini molto definite. Ciao Ciccioformaggio, iniziano a scrivere gli utenti, Bella Ciccioformà, Che cazzo stai a fa’ a Milano Ciccio, Ciccio ti saluta Katia, Ciccioformaggio t’ho appena mannato cinque euro famme divertì.
Ciccioformaggio è un bel ragazzo. Pelato e con la capoccia come una palla da biliardo, pizzetto, ventidue anni scoprirò nel corso della sua camminata. Ciccio t’ho mandato due euro insulteresti Adriano? Gli scrive un adepto. Adrià te sputo ‘n faccia e poi te manno affanculo, dice in diretta Ciccioformaggio guadagnandosi i due euro. Devo dire che il nostro Ciccio non è volgare, lo è solo su richiesta, ma non dirà molte parolacce nel corso del video, è uno abbastanza preciso a suo modo. Che fa Ciccioformaggio? Cammina. E mentre cammina risponde a tutti i commenti più interessanti che scorrono a fianco, li vede lui e li vediamo noi. E mentre cammina gli mandano i soldi, a me questa cosa mi fa impazzire lo ammetto. Deve raggiungere un punto in pieno centro dove lo aspettano i follower per brindare e conoscersi di persona.
Mentre cammina e riceve soldi, insisto sul punto dei soldi perché non me ne capacito, dice quello che direbbe quasi chiunque girando con un amico per una città come Milano, piena di negozi di fashion in centro. Guarda quelle borse, Ma che è quel bar guarda che ficata, Hai visto che carine quelle giapponesi, guarda la vecchia col foulard, roba così. Anche i suoi fan, tranne quello degli insulti, gli dicono cose assolutamente non trasgressive, non c’è niente di cui scandalizzarsi. Sa come parlare alla sua gente però. Cita qualche follower, presumo quelli più generosi con le donazioni, anche se non compaiono loro commenti sulla strisciata a sinistra dello schermo.
Ciccioformaggio arriva a destinazione. Nessuna scena di entusiasmo di massa. Timidi saluti con i fan, una trentina, che lo stanno aspettando. Uno gli offre una Peroni e lui fa l’elogio della Peroni. Non sembra a pagamento, ma se fossi la Peroni ci penserei seriamente. Si battono il pugno per salutarsi, un paio li bacia perché già li conosce. Chiacchiere assolutamente inutili. Allora come state ragazzi? Siete scampati a ’sta callaccia (questo gran calore, in romanesco)? Belle vibre qui, vi voglio bene. I fan sulla strisciata virtuale di sinistra sono scatenati. Chiedono informazioni sul luogo dell’apericena che lui mostra ampiamente col telefonino. È così per bene Ciccioformaggio che non dice nessuna delle ovvietà che conosciamo tutti sulla ostilità tra romani e milanesi.
Passa una scolaresca. Liceali. Due si staccano dal gruppo per andare a salutarlo, l’hanno riconosciuto. Lui fa il piacione ma senza esagerare. Il telefono resta puntato sui due che rientrano nel gruppo scolastico. Si vede distintamente la professoressa che li chiama e gli chiede ma chi è quello? Loro le spiegano e la professoressa fa la stessa faccia che facciamo noi boomer che credevamo che per essere famoso ti dovevi chiamare Sofia Loren, Robert Redford, Marlon Brando o almeno Giacinto Facchetti. Vanno via.
Finisce così, dopo un’ora e mezzo. Ho contato circa duecento messaggi in diretta. Ma perché è famoso, continuo a chiedere a mio figlio. Perché ha fatto altri video, mi spiega, in cui dice delle cose interessanti. Tipo? Sono conversazioni, lui prende magari un fatto di cronaca, anche di politica. Vado a vedere un pezzetto. Sono i commenti di mia madre o delle vostre, almeno non è un esaltato ma dice cose estremamente banali. Immagino gli altri. Ma non riesco a proseguire. Per stasera è abbastanza.
La morale non c’è. C’è una realtà con cui fare i conti. Il desiderio di far parte di una comunità rassicurante di migliaia di ragazzi. E come tra quelli del muretto c’è quello che poi fa gli “scavalchi” (effrazioni negli appartamenti) o mette su il suo giretto di spaccio o finisce con i nazisti dell’Illinois, anche qui c’è di tutto un po’. Ma per fare soldi principalmente. Vivere vivendo. Cammini e ti pagano. Imprechi e ti pagano. La distinzione con la massa è di chi riesce ad articolare pensieri la cui qualità non importa, in un italiano decente e dando una specie di filo al tutto, creando cioè piccole comunità di fan. Oddio, tanto piccole non sono, il nostro Ciccioformaggio è nella media, quelli che “sfonnano” ne hanno anche milioni.
C’è un mondo di merda là fuori. Questo è un po’ più rassicurante, Ciccioformaggio non morde, è un bravo ragazzo che si fa qualche birretta con gli amici. In diretta però. Ho visto anche streamer con dieci follower che vanno avanti comunque per ore, senza soldi, per farlo e basta. Trovi pure Fedez su Twitch, fa un vero programma, con ospiti di livello. Si vede che c’è un vero studio televisivo in quel caso. Spengo. Auguro a mio figlio di guadagnare anche lui così un giorno. E quando lui va a dormire mi rivedo per la centesima volta Totòtruffa.
La foto in apertura: credit by WanderingtheWorld (www.ChrisFord.com)
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