Per uno scrittore cambierebbe il modo stesso di raccontare poiché, invece che divinare o inventare, potrebbe recuperare con una sorta di reload la memoria esatta di famigliari, amici e sconosciuti: la loro coscienza è stata raccolta, e resa consultabile, grazie a un processo tecnologico che si è impadronito dell’Inconscio Collettivo (bum!).
Tra l’altro, in una società di capitalismo avanzato (la scena si apre nel 2025), l’Inconscio ingabbiato viene venduto agevolmente, reso oggetto di status: si può acquistare a pezzi, per diporto, diviso nei Cubi di Coscienza, device che fanno tendenza – be’ sì, siamo dalle parti del tecno feticismo cui ci hanno condotto menti brillanti come quella di Steve Jobs (ho visto impiegati così gasati e scemi – fool appunto – che dopo la morte di Jobs si erano appiccati dietro alla scrivania il famigerato motto “stay hungry, stay fool”) o in questo caso l’estro dell’immaginario guru Bix Bouton, che risulta però più tormentato del genio di Cupertino.
La scrittrice statunitense Jennifer Egan (Chicago, 1962, premio Pulitzer nel 2011) per gli insight psicologici approfitta con parsimonia dei “suoi” Cubi di Coscienza e struttura il romanzo The Candy House, alias La casa di marzapane (trad. Gianni Pannofino, Mondadori), in giustapposizione alla sua stessa invenzione, cioè a quella fittizia di Bix Bouton. Come al solito – cioè come in A Visit from The Goon Squad, libro gemello da cui recupera alcuni temi e personaggi – Egan forma un romanzo con quindici racconti mixati e remixati, quasi con capriccio, nel tempo e nello spazio, in cui compaiono e scompaiono – a volte per il nostro dispetto – pezzi di vita di comprimari e protagonisti.
Questa scelta narrativa trasmette al lettore – e forse ne è la ragione – un senso di precarietà, la sensazione che qualcosa gli sfugga sempre, proprio adesso che “potrebbe” saper tutto, nelle gesta e nei pensieri segreti dei personaggi, e questa impressione si riconnette in qualche modo ai fatti narrati: la società avanzata dove vige la pratica detta Riprenditi l’Inconscio offre anche innovative soluzioni per svignarsela e scomparire senza che figli distratti o gente molesta o studiosi curiosi se ne accorgano. Vedi i cosiddetti simulatori e proxy nati all’ombra di Mondrian, società no profit di Chris Salazar, che combatte per scoprire e disinfestare gli umani da “bruchi”- spia infiltrati nella coscienza.
Prima c’è la trovata – lo so, non resisto a dirlo, non mi pare eccezionale, mi pare una trovata appunto – di Egan per un virtuale e virtuoso equilibrismo. Poi viene il resto: pur non votandosi integralmente al suo spunto da fantascienza sociologica, la scrittrice si sforza di appoggiarci racconti “tradizionali” ma non troppo, sperimenta più vie per staccarli dalla convenzionalità. Come era accaduto per Goon Squad, dove compariva addirittura un testo scritto in PowerPoint, qui i mestieri di un futuro già cominciato, tra scontrosi antropologi e strateghi social, portano Egan a soluzioni spesso cervellotiche. Certo, le storie si possono sintetizzare utilizzando blocchi narrativi sempre più piccoli fino a diventare “algebrizzabili”, ma non è sempre godibile Egan, soprattutto nei pezzi di bravura in cui fa civettare la letteratura con la comunicazione contemporanea, per esempio in una storia fatta di cinquanta pagine di e–mail…
L’industria del rock del precedente romanzo-raccolta, è stata sostituita, dall’industria hi-tech che nasce dalla Rete, ma al centro della scena ci sono di nuovo i Kline, molti Kline, intesi come progenie di Kurt, capostipite dei fighi della L.A. alternativa oltre che dei suoi molti e spesso sventurati rampolli; come che sia, accanto a loro, impariamo qualcosa dei Bouton, degli Hollander e dei Salazar, famiglie più o meno impegnate nel nuovo o nella resistenza a esso.
Noi abbiamo finito per leggere a quadri, e apprezzare a tocchi La casa di marzapane. Ci sono piaciute le piscine delle ville di Los Angeles studiate come se fossero espressione di una Weltanschauung (e bye bye a Mr John Cheever). Il passaggio dalla cultura alla controcultura nei tardi Sessanta – quello fisico di una festa pagana, dove può essere appena passato il nostro idolo barbuto, Mr Robert Stone – vissuto attraverso gli occhi di una ragazza che cerca di capire le radici ideali del padre. Ci siamo soffermati sui rapporti tra giochi di ruolo e tossicodipendenza, quest’ultima uno dei temi della Egan, anche perché il tono ansioso e al contempo burocratico di certe sue pagine, nonché una certa carenza di humour, richiama quello di uomini e donne, o ragazzi e ragazze, in bilico sulla vita e tentati di uscirne con un trip o di rientrarci al meglio con una marjuana assolutamente vintage, la Eden Gold, spacciata tra parentesi dal figlio più sveglio di Bix (ri–bum!).
Credit: Jennifer Egan by Brian Leon of Ottawa is licensed under CC BY-ND 2.0. Jennifer Egan BBF 2010 Shankbone” by david_shankbone is licensed under CC BY 2.0.