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Luca Mercalli. Sul clima pagheremo caro ogni giorno di ritardo

Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane. Così recita l’articolo 44 della Costituzione.

Che Luca Mercalli, climatologo, direttore della rivista Nimbus e presidente della Società Meteorologica Italiana, spiega.

«In sostanza: la Costituzione dice che l’attività economica non deve ledere le possibilità di sopravvivenza delle generazioni future. Ma quello che stiamo vedendo oggi, cambiamento climatico, siccità, disastri ambientali provocati dallo sfruttamento delle terre, a subirlo saranno proprio i giovani. È il frutto di 30 anni di chiacchiere, perché i problemi della sostenibilità si conoscevano già tre decenni fa. E già 20 anni fa si parlava dei ghiacciai che si scioglievano. Il ritardo nell’azione ci fa già pagare il prezzo di oggi, e se si aspetterà ancora a intervenire si entrerà entra in una fase di patologia irreversibile».

Ora, che la Terra stia vivendo un cambiamento climatico che ci porterà non oso pensare dove, più o meno tutti lo sappiamo. L’estate 2022 è qualcosa di mai visto: caldo torrido, siccità, ghiacciai che crollano, temporali devastanti, frane di pietre e di fango… Sappiamo anche di chi è la responsabilità. È nostra. Che abbiamo sfruttato suolo e risorse, devastato l’ecosistema, inquinato con le emissioni di Co2.

Sappiamo tutto. Ma sentirselo dire senza mezze parole, e anche senza un cenno di speranza a che questo disastro ambientale possa aggiustarsi da solo, è come ricevere dei colpi nello stomaco. Colpi che Luca Mercalli non ha risparmiato al pubblico in un incontro a Gressoney la Trinité nel quale ha colloquiato con Michele Freppaz, docente dell’Università di Torino.

Una siccità come quella che stiamo vivendo è quasi unica. «È accaduto una volta, forse. Nel 1733, quando – raccontano le cronache – in Piemonte e sulle Alpi occidentali non cadde una goccia d’acqua per nove mesi. Seguì una carestia terrificante. Rispetto al 1733 la siccità di oggi è resa più grave dal caldo. In tutto il Mediterraneo manca il 50 per cento della pioggia che avrebbe dovuto cadere nei primi sette mesi dell’anno. Il ghiacciaio del Lys (Monte Rosa) si sta svuotando, l’acqua che vediamo scendere nel torrente è probabilmente acqua antica, neve di due secoli fa.

Dall’8 dicembre 2021 l’Europa mediterranea e occidentale è sotto una cupola anticiclonica, che è come una muraglia che impedisce l’arrivo delle perturbazioni dall’oceano. La siccità non interessa solo l’Italia ma anche Francia, Spagna, Portogallo; gli anticicloni africani si sono espansi fino a Londra dove per la prima volta si sono toccati i 40,3 gradi. In Inghilterra i dati si raccolgono dal 1680, e ciò che è accaduto quest’anno non si era mai visto prima».

Mercalli clima Gressoney
Luca Mercalli e Michele Freppaz nell’incontro pubblico a Gressoney La Trinité

Le temperature sono fuori controllo. «Per la prima volta lo zero termico sulle Alpi Svizzere è stato registrato a 5.184 metri. Anche sulle vette più alte il ghiaccio si sta fondendo. I ghiacciai delle Alpi Occidentali perdono spessore: 1,30 metri in media all’anno. Nel 2022 si stima perderanno tra i 3 e i 4 metri. Le previsioni stagionali (con la cautela del medio termine) dicono che fino a novembre non cambierà nulla. Ogni mese le temperature saranno più elevate della media, e non c’è alcun segnale che si possa colmare il deficit di piogge».

Nell’estate 2003, quando per la prima volta la temperatura superò i 40 gradi in pianura padana e in parte dell’Europa, solo in Italia ci furono circa 20 mila morti per il caldo. «Quella stagione fu considerata eccezionale, qualcosa che accade ogni millennio. Superare il 2003 è difficile, ma quest’anno probabilmente si pareggerà. Con conseguenze anche sull’ecosistema. Un esempio: nel 2003 il pino silvestre, specie molto diffusa in Valle d’Aosta, per lo stress idrico non si riprese più. Non oso immaginare cosa accadrà dopo questa estate. Se si calcola che anche nel 2015 luglio è stato torrido, quasi più caldo di oggi, si vede come un solo episodio meteorologico che fino al 2003 consideravamo millenario, in vent’anni si è già verificato altre due volte. A dimostrare che il clima è cambiato».

Non che non ce lo aspettassimo. «Ma se mi avessero chiesto quando a Londra si sarebbero toccati i 40 gradi, avrei risposto nel 2050. Così come avrei detto che sì, ci saremmo arrivati, ai 50 gradi del Canada dello scorso anno, ma in tempi lontani che noi non avremmo visto».

Nel periodo del lockdown qualcosa è successo. «Nel 2020 le emissioni sono diminuite del 6 per cento. Ma… è come se una persona che abitualmente fuma 100 sigarette al giorno, ne avesse fumate 6 di meno. Non avrebbe certo dei polmoni nuovi. Il 2021, poi, non solo ha annullato il piccolo vantaggio del 2020 ma è diventato l’anno con le maggiori emissioni nella storia dell’umanità. E probabilmente il 2022 segnerà un ulteriore peggioramento. Per la guerra in Ucraina abbiamo riaperto le centrali a carbone, e le armi inquinano: un missile che esplode ha un consumo energetico spropositato, con un litro di carburante un carro armato che lo trasporta fa non più di 300 metri. Pensate a quanti pannelli solari si sarebbero potuti installare con i miliardi che America ed Europa hanno destinato alle armi».

Abbiamo ancora un futuro? gli chiedono dal pubblico. «Il futuro c’è. Possiamo scegliere tra un futuro più problematico e uno un po’ meno. Il ritardo nell’azione in questi ultimi 30 anni ci ha già condannato a un cambiamento climatico non più sanabile. Se anche oggi smettessimo in tutto il mondo di bruciare carbone, petrolio e gas e di saccheggiare le risorse del pianeta, il cambiamento climatico e tutto il resto non si fermerebbero stasera. Però non peggiorerebbero». L’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici tra gli Stati membri dell’Unione europea impegna entro il 2030 a ridurre le emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990. «Così potremmo contenere l’aumento di temperatura entro i 2 gradi a fine secolo. E l’innalzamento dei mari di circa 40 centimetri. Ma se continueremo a non fare nulla (dal 2015 sono già passati 7 anni) i 2 gradi diventeranno 5 e i 40 centimetri saliranno a un metro, forse a un metro e 20». Pagheremo caro ogni giorno di ritardo. E a pagarlo saranno soprattutto le nuove generazioni.

 

La conversazione tra Luca Mercalli e Michele Freppaz si può rivedere sulla pagina Facebook del Comune di Gressoney La Trinité, cliccando qui

Tra i libri di Luca Mercalli: Salire in montagna (Einaudi); Non c’è più tempo. Come reagire agli allarmi ambientali (Einaudi); Prepariamoci a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza… e forse più felicità (Chiarelettere); Il clima che cambia (Rizzoli).

Credit foto in apertura: “Walking home one evening in 2074 Paul wondered about the scientific breakthrough reversing the effects of climate change and its impact on his beach condo investment” by David Blackwell. is licensed under CC BY-ND 2.0.

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