Dice la sceneggiatrice Katie Silberman (Booksmart), che ha lavorato su una storia di Carey Van Dyke & Shane Van Dyke (Chernobyl Diaries): “Penso che il pubblico si divertirà un mondo con Don’t Worry Darling. È spaventoso, divertente, sexy, elettrizzante, sorprendente. Gli spettatori non sanno cosa aspettarsi quando arriveranno per la prima volta a Victory”.
Ecco, non la metterei proprio così, insistendo sul fattore sorpresa: Victory è una sorta di paradiso americano anni Cinquanta, sito nel deserto, con tante belle casette con giardino, e sembra disegnato con colori fluo da un nipotino di Norman Rockwell: qui, istruite da un guru a proposito di un misterioso esperimento in corso, mogliettine cotonate e ignare se la spassano allegre tra cocktail e shopping, mentre i mariti, partiti su macchinoni d’antan, spariscono tutto il giorno per andare a lavorare al suddetto esperimento in un sito fantascientifico…
Ci troviamo, insomma, in un’aria già abbondantemente respirata (citiamo a caso) nel Truman Show in The Stepford Wives (dài, lo sappiamo che è tutto finto!), in un film di M. Night Shyamalan (ci saranno nostri zannuti nelle vicinanze?) o in una versione tecnologica di Revolutionary Road (avranno fatto tutti il reaload al cervello?).
Comunque, possiamo ammirare lo stesso la bellezza e il lusso della comunità, ci godiamo la grande chimica sessuale tra Alice (Florence Pugh) e Jack (Harry Styles) e sbadigliamo solo un po’ per le tirate new age del kingmaker del progetto, un sorridente e untuoso Frank (Chris Pine), anche se pure noi cominciamo ad allarmarci di fronte alle distonie impreviste mostrate da qualche residente… Eh già, Alice cercherà di saperne qualcosa in più – un’amica si suicida gettandosi da un tetto – mentre Jack tira dritto, ballando scatenato (bravo Styles!) alla festa per una scellerata promozione.
Il dilemma di Alice (nel Paese delle False Meraviglie) è il centro morale del thriller firmato da Olivia Wilde (anche attrice, è una tra le mogliettine più petulanti di Victory): rovinare un amore o addirittura rinunciarvi, snobbare uno splendido lifestyle per sapere… la verità? Con lei anche noi capiremo a poco a poco – a proposito, state attenti! – anche il significato delle oniriche scene coreografiche imperniate su geometrie robotiche e i balletti sincronizzati mescolati a macro immagini di pupille che si aprono e chiudono…
L’eleganza visiva più che l’originalità è dunque il fiore all’occhiello del film di Wilde, affiancata dietro la macchina da presa dal direttore della fotografia due volte nominato all’Oscar Matthew Libatique (A Star Is Born, Black Swan). Tutti gli attori compiono il loro dovere compresa Dita von Teese in un cameo: fa il bagno nello champagne in una festa aziendale.
Nella foto in apertura, Pugh e Styles