In tempi in cui fuggire dalla realtà è sempre più difficile, una bella storia di speranza. Dunque…
Dan Cooper, conosciuto come D.B. Cooper, nome fittizio in ogni caso, è ispirato a un famoso fumetto degli anni ’50. Ma non è un fumetto, è una beffa. E di quelle che lasciano il segno.
Il 24 novembre 1971 a Portland, Oregon, compra un biglietto aereo, sola andata. È il volo della Northwest Orient Airlines diretto a Seattle, tempo previsto per il viaggio intorno ai 30 minuti. Quando decolla il Boeing 727-100 il sedicente Dan Cooper, seduto al posto 18C, parte posteriore dell’aereo, uomo di mezza età, piuttosto ben vestito e curato, annoteranno poi gli altri passeggeri, ordina un whisky. Bevuto l’alcolico si accende una sigaretta, la finisce, la spegne e con fare soave chiama un’assistente di volo. Le consegna un biglietto che poi, particolare importante, si farà restituire (non resterà quindi nemmeno una traccia calligrafica della sua presenza), su cui è scritto che ha una bomba con sé e che la farà esplodere.
L’assistente non si scuote più di tanto, resta calma e gli chiede di mostrargli la bomba. Dan Cooper mostra l’esplosivo e il detonatore e aggiunge che vuole 200 mila dollari, una cifra che possiamo equiparare a circa un milione di dollari attuali come potere d’acquisto. Ma, e qui la storia comincia a entrare nella leggenda, vuole anche un paracadute. Poi s’infila gli occhiali scuri e rimane in attesa. Modi educati, persona gentile, lo descriveranno poi i compagni di viaggio alla fine dell’avventura. Il pilota comunica la richiesta alla torre di controllo. L’aereo sorvola per due ore l’aeroporto di Seattle, mentre polizia e Fbi mettono insieme i soldi per il riscatto, la compagnia aerea ha deciso di pagare. Dan Cooper, sereno, chiede gentilmente un secondo whisky all’assistente di volo, un bourbon per la precisione.
A proposito: Dan Cooper pagò entrambi i drink ordinati e lasciò il resto come mancia. Diecimila biglietti da venti dollari finiscono così in una valigetta, microfilmati dall’Fbi, e comincia la trattativa sul paracadute che l’Fbi vorrebbe dargli, di tipo militare, mentre Cooper ne vuole uno civile ad apertura manuale.
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L’aereo atterra, Cooper fa spegnere le luci del veicolo per evitare di offrire una mira migliore ai cecchini appostati intorno, un incaricato si avvicina con il malloppo alla scaletta dell’aereo, la valigetta viene imbarcata a bordo e l’aereo riparte, direzione Città del Messico. Cooper è una persona così ragionevole che, quando espone il suo piano per gettarsi in volo, raccoglie le obiezioni del personale dell’aereo e ne accetta i consigli. Il Boeing riparte con a bordo Cooper e soltanto altre tre persone d’equipaggio. È seguito da due F106 dell’Aeronautica militare statunitense. L’uomo va sul fondo del Boeing, rifiuta un’ultima richiesta di assistenza che l’equipaggio si offre di fornirgli, a quel punto l’aereo subisce un cambiamento di pressione dovuto all’apertura dello sportello della scaletta posteriore e da quel momento di Dan Cooper non si sa più niente.
Atterrarono a Reno, in Nevada, due ore dopo, con lo sportello posteriore aperto. Oltre ai mozziconi di sigaretta sull’aereo restarono delle impronte digitali che, da allora a oggi, non sono mai state collegate a nessuno. Dan Cooper salta giù dall’aereo alle 20,13, ora di Washington, del 24 novembre 1971 e da allora nessun indizio, prova o semplice ipotetico collegamento con la rapina volante è mai giunto a conclusioni sull’identità dell’uomo.
Nel disegno, il personaggio a fumetti Dan Cooper ideato negli anni Cinquanta dal belga Albert Weinberg